Comunicato stampa: SPLENDIDO IL RISULTATO SULLA RACCOLTA FIRME PER IL REFERENDUM EUTANASIA.

È LA SOLIDARIETÀ UMANA ALLA BASE DELLA LICEITÀ DELL’EUTANASIA, NON L’INDIVIDUALISMO. Splendida è la notizia che già ci sono 500.000 firme per il Referendum sull’eutanasia, e che ora si punta al raddoppio! La spinta propulsiva aperta dal Referendum sul divorzio (1973) non ha perso vigore. Sembrava impossibile riuscire a raccogliere il numero minimo di firme d’estate e per di più in periodo di Covid, e invece in metà tempo già si è raggiunto l’obiettivo: un miracolo! Forse la pandemia ha abbattuto vecchi tabù sul morire e fatto superare gli ultimi ostacoli. A fronte di un tale eclatante risultato stupisce, e non poco, che la Conferenza episcopale Italiana (Cei, cfr. Nota del 18 agosto 2021) si sia limitata a esprimere solo “grave inquietudine”. Se si considera che quel risultato comporterebbe nientemeno che la “sconfitta dell’umano”, più che una reale e convinta condanna, quelle parole rappresentano una blanda difesa d’ufficio della tesi tradizionale. Lo si doveva fare, e si sono usate le solite parole di rito che van sempre bene e sono scontate e un po’ trite. Se avessero davvero voluto opporsi al risultato, più che essere solo inquieti cioè un po’ turbati, i vescovi avrebbero fatto meglio a dire di essere sconvolti, sconcertati, sgomenti, attoniti, stupefatti, atterriti. Stupisce anche che per la Cei le 500.000 firme raccolte rappresenterebbero la “vittoria di una concezione antropologica individualista e nichilista”: così facendo la Cei rimanda alla tesi che sia l’individualismo egoista di chi sta bene e guarda solo sé stesso a sostenere l’eutanasia: questo individualismo impedirebbe di vedere l’altro e le sue esigenze, e così consente a chi è fragile e ha maggiori esigenze di cura la possibilità di togliere il disturbo con l’eutanasia. L’antropologia solidale e altruista, al contrario, proprio perché presterebbe maggiore attenzione alle esigenze altrui, porterebbe a sostenere la morte naturale e le cure palliative come alternativa all’eutanasia. Quest’argomento della Cei è invalido, perché in realtà è vero proprio il contrario: alla base della richiesta di eutanasia sta la solidarietà umana per chi non ha più scampo e ha diritto di uscire dalla vita con dignità e senza soffrire. Le cure palliative sono un presidio importante ma non sempre bastano a evitare al morente la situazione infernale. Più che un’alternativa all’eutanasia, esse sono complementari: si comincia con la palliazione, e se funziona, bene! Se non basta, e l’interessato lo chiede si passa all’eutanasia. È l’interessato che sceglie e decide: chi altro?!? Non è però l’egoismo individualista che porta a accettare e avallare questa scelta, bensì la solidarietà umana: quella che ci porta a capire le sofferenze dell’altro e a avere rispetto anche della sua scelta di chiudere subito. È l’amore per l’altro che ci fa fare un passo indietro rispetto al nostro desiderio immediato (egoistico) di averlo sempre con noi. Autonomia individuale e solidarietà convergono. È vero proprio il contrario di quel che suppone la Cei, perché è antropologia individualista quella che porta una persona a essere così convinta che la propria individuale (e astratta) concezione della vita valga sempre e comunque per tutti da non riuscire né a capire che l’altro ha sofferenze infernali né a rispettare le sue scelte più intime. Molti pro-vita sono individualisti in questo senso perché sono così centrati su di sé e sulla propria ideologia da credere di aver titolo di imporre all’altro di vivere a tutti i costi, anche quando questi è ormai nella condizione infernale e non ne può più. È chi è solidale con gli altri che è pronto a ascoltare le esigenze di chi soffre, e sa capire anche quando chi è più fragile non sopporta più ulteriori sofferenze e vuole che la sua autonomia sia rispettata, anche eutanasica. La Cei sbaglia quando afferma che le 500.000 firme raccolte rappresentano la vittoria dell’individualismo nichilista: esse invece sono il segno che finalmente la solidarietà umana si estende fino alla fine della vita e si coniuga con l’autonomia individuale per evitare ai morenti disumane sofferenze infernali. Continuare a sostenere il contrario è insistere in un’ideologia vitalista che (per contrapposizione all’individualismo “nichilista”) si potrà anche chiamare “tuttista”, ma apporta solo ulteriori dolori e nessun rispetto per le scelte personali più intime. Maurizio Mori Presidente Consulta di Bioetica Onlus

Comunicato stampa: in memoriam di PAOLO AUGUSTO MASULLO

La Consulta di Bioetica è profondamente addolorata per l’improvvisa morte del collega e socio Paolo Augusto Masullo. Il collega Masullo è stato per molti anni professore di antropologia filosofica e di filosofia morale in Basilicata dove ha contribuito a diffondere in modo pionieristico i temi della bioetica laica. Anche grazie al suo insegnamento e alla sua attiva partecipazione si è giunti all’apertura della sede lucana della Consulta di Bioetica, coordinata dalla dottoressa Alessia Araneo. Il collega Masullo ha posto al centro dei suoi studi e delle sue riflessioni etico- filosofiche le categorie della relazione e della affettività quali tratti distintivi dell’essere umano: sviluppando queste tematiche ha tenuto il suo ultimo corso su “Etica e bioetica degli affetti” presso l’Università Federico II di Napoli: un titolo che bene sintetizza i suoi sforzi, le sue passioni e gli esiti delle sue fatiche intellettuali. La Sezione lucana della Consulta di Bioetica continuerà a tenere vivi gli insegnamenti del Collega Masullo, e in questo momento di lutto la Consulta di Bioetica tutta si stringe al dolore della moglie Francesca, dei familiari, degli allievi e degli amici tutti, e porge le più sentite condoglianze. Maurizio Mori Presidente

Comunicato Stampa: il ministro Speranza e la nomina di Mons. Paglia

MINISTRO SPERANZA, MA NEANCHE IL DEMOCRISTIANO PIÙ RADICATO AVREBBE MAI NOMINATO UN VESCOVO ALLA PRESIDENZA DI COMMISSIONE…!?! CHE NE È DELLA LAICITÀ DELLO STATO?  E CHE COMPETENZE HA MONSIGNOR PAGLIA CIRCA GLI ANZIANI?   Apprendiamo dall’Ansa che “il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha istituito con apposito decreto una commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana. A presiederla sarà Monsignor Vincenzo Paglia, Gran cancelliere del Pontificio Istituto Teologico per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia. Ne fanno parte, rende noto il ministero, illustri personalità del mondo scientifico e sociale”. Paglia è anche Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sempre istituzione Vaticana, ma a prescindere dai tanti incarichi ufficiali ricoperti da mons. Paglia e dalle posizioni ideologiche da lui sostenute, ci chiediamo come mai a presiedere una Commissione sanitaria italiana sia stato scelto un prelato? Non c’era proprio nessun altro esperto? E che competenze specifiche sulla tematica può vantare monsignor Paglia? E che dire della norma canonica che vieta ai consacrati la commistione di ruoli? Ministro Speranza, ci aiuti a capire le alchimie delle politiche sanitarie e vaticane: abbiamo apprezzato la posizione sulla RU486, ma la laicità dello Stato è valore fondante della Repubblica e non è il caso di procedere a una vaticanizzazione della sanità italiana. La Consulta di Bioetica Onlus esprime sgomento per tale nomina e manifesta fermo dissenso. Maurizio Mori Presidente     Torino 21 settembre 2020

Comunicato stampa: RIFLESSIONI FERRAGOSTANE SULLA DECISIONE DEL MINISTRO SPERANZA SULLA RU 486

1) VIENE CRITICATA DAI PRO-LIFE ITALIANI SENZA RIFERIMENTO ALL’ETICA; 2) RIVELA LA PERSISTENTE CENTRALITA’ DELL’ABORTO NEL DIBATTITO BIOETICO DATA LA CONTEMPORANEA ALLA SCELTA DI KAMALA HARRIS COME POSSIBILE VICE PRESIDENTE USA.     In Italia, a Ferragosto la vita scorre più lentamente che in altri periodi, e quest’anno la pandemia Covid ha ulteriormente rallentato il ritmo lento di agosto. Forse anche per questo il ministro della salute Roberto Speranza ha pensato a sabato 8 agosto per annunciare nuove linee guida sull’aborto, arrivate puntualmente il 12 agosto. La novità principale è che “il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta straordinaria del 4 agosto 2020, ha espresso parere favorevole … al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico: − fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale; − presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital”. La Consulta di Bioetica ha già espresso apprezzamento per la nuova misura adottata, che pone l’Italia in linea con le più recenti acquisizioni scientifiche e con gli altri paesi avanzati, ma vuole tornare sul tema dal punto di vista etico per sottolineare due aspetti significativi di tale decisione. Il primo aspetto riguarda la natura delle critiche rivolte alla decisione del ministro Speranza, il cui nucleo centrale è compendiato nell’intervista-video del Presidente di Scienza&Vita, Alberto Gambino del 9 agosto 2020 (http://www.scienzaevita.org/video/perche-il-ministro-della-salute-sbaglia-sulla-ru486-intervista-video-al-presidente-di-sv/). In poco più di due minuti, Gambino ha riassunto con efficacia le varie obiezioni che dai pro-life sono state mosse alle nuove linee-guida: 1) la decisione del ministro è sbagliata per le gravi conseguenze che l’aborto farmacologico avrebbe per la salute della donna, la quale sarebbe lasciata a affrontare la procedure in totale solitudine;  2) la decisione del ministro banalizza l’interruzione della gravidanza, che verrebbe scelta con scarsa consapevolezza attraverso un farmaco finalizzato al “fai-da-te”; 3) la decisione del ministro suscita amarezza perché mostra che il Parlamento italiano ha fatto poco o nulla per prevenire l’aborto, mentre avrebbe potuto fare tanto; 4) l’estensione della RU486 fino a 9 settimane (contro le 7 previste sinora) conferma il programma di lasciare sola la donna in una scelta che comunque lascerebbe pesanti strascichi per la salute psico-fisica. Il punto che più balza all’occhio di queste critiche è la totale assenza di etica: il Presidente di Scienza&Vita, come gli altri critici intervenuti sul tema, non mettono più al centro i principi morali di condanna dell’aborto, ma sottolineano il fatto che la RU486 non andrebbe ammessa in day hospital per le gravi conseguenze che ciò potrebbe avere sulla salute fisica e psicologica della donna. Prendiamo atto con favore di questo nuovo indirizzo del dibattito, che lascia trasparire come ormai neanche a Scienza&Vita e Co. si creda più al divieto morale in proposito, o comunque non si ritenga opportuno insistere a ricordarlo. Sia pure con le modalità specifiche proprie del caso, sembra si verifichi qualcosa di simile a quanto già avvenuto con la contraccezione ormonale: dopo l’avvento della “pillola”, in una prima fase (anni ’60-primi ’70) si è insistito sull’immoralità della pratica contraccettiva, per poi spostare in una fase successiva (anni ’70-primi ’80) il discorso sui danni della pillola per la salute della donna. Non intendiamo entrare qui nel merito della questione clinica perché, purtroppo, ripetute esperienze avute in passato ci hanno portato a constatare come i pro-life rifiutino le evidenze scientifiche e continuino a insistere su tesi preconcette, per cui preferiamo evitare ulteriori contrasti. Il secondo aspetto da considerare riguarda la tempistica della decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486, che è stata presa negli stessi giorni in cui il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, ha scelto come vice-presidente Kamala Harris, donna fortemente impegnata in ambito pro-choice. La coincidenza temporale è quasi certamente casuale, ma se si guarda alla questione in una prospettiva di lunga durata, essa diventa simbolicamente interessante e significativa, perché per un verso rivela come l’aborto resti al centro dell’agenda bioetica e per un altro porta a interrogarci sul futuro del movimento pro-life e a chiederci come si svilupperà il dibattito sull’aborto. Da noi i pro-life italiani (Gambino in primis, ma anche la Pontificia Accademia per la Vita) evitano di mettere in campo considerazioni etiche per criticare la decisione del ministro Speranza, mentre negli U.S.A. viene scelta Kamala Harris alla vice-presidenza per contrastare Trump, osannato come “The Most Pro-Life President in History” in quanto già ha ostacolato il diritto di aborto e si dichiara pronto a cambiare le leggi per limitarlo e restringerlo. Mai come ora la bioetica è al centro delle scelte politiche e aspetto determinante della campagna elettorale americana! C’è qualcosa di incongruo e di stridente nel vedere Trump assurgere a paladino e campione dei pro-life, ma questo mostra come ormai anche negli U.S.A. l’opposizione all’aborto prescinda da considerazioni etiche connesse all’autorealizzazione personale e si riveli dipendente da considerazioni di altro tipo, forse di carattere politico o derivanti dagli antichi divieti contro il controllo umano del processo riproduttivo. Il fatto che oggi il fronte pro-life sia Trump-dipendente porta a interrogarci circa gli scenari futuri del dibattito sull’aborto. Supponiamo che a novembre 2020 Trump venga rieletto Presidente, e che riesca anche a cancellare la storica sentenza Roe vs Wade che negli USA ha liberalizzato l’aborto (magari nel 2023, nel 50° anniversario): si confermerebbe come The Most Pro-Life President, ma al prezzo di creare una profonda spaccatura sociale. Se, invece, però, la Roe vs. Wade rimanesse in vigore nonostante gli sforzi del Presidente più pro-life di tutti, ciò equivarrebbe a riconoscere che l’aborto è diritto costituzionale.  Supponiamo d’altro canto che il prossimo novembre Trump non sia rieletto, e che Kamala Harris diventi vice-presidente degli Stati Uniti: molto probabilmente in breve tempo l’aborto verrà riconosciuto essere un “diritto umano delle donne”, come richiesto da diversi settori dell’ONU. E che ne sarà delle attuali opposizioni pro-life? Se già ora i pro-life italiani evitano il riferimento all’etica per criticare l’apertura di Speranza alla RU486, come faranno a sostenere le critiche all’aborto senza il sostegno di Trump? La decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486 è saggia e la contemporaneità con la scelta di Kamala Harris alla vice-presidenza USA mostra che il dibattito sull’aborto sta entrando in una nuova fase caratterizzata da un ampliamento della libertà e dell’autodeterminazione della donna, ampliamento che è destinato a estendersi al controllo del processo riproduttivo umano. Maurizio Mori Presidente Corrado Melega Coordinatore Sezione di Bologna

Comunicato Stampa: BRAVO Roberto Speranza, finalmente un passo a favore delle donne

L’ITALIA SI ALLINEA COSÌ CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI AVANZATI.   Apprendiamo che il ministro Speranza ha stabilito che le donne che lo richiedono potranno assumere la Ru486 senza ricovero e fino alla nona settimana di gravidanza, rispetto alle sette previste sinora. Come spiegato dallo stesso ministro, dopo dieci anni era opportuno aggiornare le vecchie linee guida diventate obsolete, perché le evidenze scientifiche sostengono l’opportunità di allargare la libertà delle donne, consentendo l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale/domiciliare, in linea con quanto ormai avviene nei paesi avanzati. La Consulta di Bioetica è stupita dalle scomposte proteste dei movimenti pro-life che da anni ripetono i soliti slogan stantii, e condivide le parole del ministro Speranza secondo cui quello compiuto “è un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà del nostro Paese”. Maurizio Mori Presidente Corrado Melega Coordinatore sezione di Bologna