Il principio cardine della bioetica laica, al centro dell’attività della Consulta di Bioetica, è tradizionalmente espresso con la formula “etsi Deus non daretur”, a significare che “laico” è colui che ragiona come se Dio non ci fosse. Questo approccio garantisce identico rispetto e identica considerazione etica a ciascuna persona, a prescindere dalle sue convinzioni religiose. In una società “laica”, infatti, la confessione religiosa sposata dalla maggioranza degli individui non viene trasformata in un’imposizione per chi in quelle convinzioni non si riconosce (o perché sposa altre confessioni religiose, o perché non ne sposa alcuna). Si tratta dunque di un requisito essenziale al mantenimento delle libertà individuali e della pacifica convivenza in una società sempre più caratterizzata dal pluralismo etico e religioso.
Benché la laicità sia un modo di declinare l’etica intesa in senso generale, è nella bioetica che la riflessione laica segna il più importante scarto teorico e pratico rispetto alla morale informata da qualche particolare visione religiosa. Se infatti intendiamo con “bioetica” una riflessione su come gestire in modo moralmente corretto e consapevole il potere di controllo sui processi biologici della vita e della morte, vediamo che ci stiamo addentrando in un ambito di riflessione su cui le confessioni religiose, e quella cattolica in particolare, rivendicano e spesso impongono quella che ritengono essere la propria autorità morale.
Definire cosa sia, di preciso, la “bioetica laica” è esso stesso uno dei problemi che oggi i laici si pongono e su cui il dibattito è tutt’ora in corso, in particolare sulla nostra rivista Bioetica e sulla rivista Notizie di Politeia. Di fatto, la bioetica laica è oggi un insieme di differenti vedute, anziché un corpus di valori unitario. Tuttavia, anche in mezzo alle differenze è possibile individuare alcuni comuni denominatori che concorrono a definire l’approccio “laico” alla bioetica e a distinguerlo dagli approcci religiosamente ispirati. Innanzitutto, la diversità di vedute che i laici riconoscono prima di tutto al loro interno testimonia come il pluralismo sia per il laico non solo un eliminabile segno dei nostri tempi, frutto dell’impossibilità di giungere a riconoscere un’unica, condivisa autorità morale. Il pluralismo è per il laico anche un valore fondamentale da promuovere. Altri aspetti che accomunano e identificano come tali i diversi approcci “laici” alla bioetica sono:
– la centralità, nelle decisioni circa la vita e la morte, dell’autonomia e della libertà individuale, secondo le diverse accezioni che tali concetti possono assumere;
– il valore attribuito alla qualità della vita, anch’essa variamente intesa secondo diversi criteri di valutazione;
– la disponibilità della vita, in relazione alle diverse e personali concezioni di valore;
– l’etica intesa come disciplina essenzialmente umana, cioè frutto della riflessione razionale degli uomini e non come un insieme di principi “dato” una volta per tutte da qualche autorità morale o inscritto nella natura.
Intesa in questo senso, la bioetica laica si distingue per esempio, e soprattutto nel nostro Paese, dalla bioetica cattolica, che discende dal Magistero della Chiesa Cattolica Romana e affonda le proprie radici in principi quali l’indisponibilità della vita umana, concepita come dono di Dio e derivante dalla nozione di creaturalità, l’idea di “natura” come criterio normativo per la riflessione etica, che deve essere conforme al disegno intelligente con cui Dio ha progettato il mondo e i suoi eventi “naturali”, l’inviolabilità della vita umana come principio prioritario rispetto alla considerazione della sua qualità.
Tuttavia, i confini della bioetica laica sono spesso oggetto di discussione perché, oltre a cattolici che si dichiarano laici o che di fatto sposano molti dei valori laici, vi sono comunità confessionali che sostengono esplicitamente valori laici, e in primo luogo l’autonomia morale, come la Chiesa Valdese e il mondo protestante più in generale.
Restano così tuttora aperti i problemi di come conciliare la laicità con le personali vedute religiose e di come tradurre nella pratica gli approcci laici di chi comunque si riconosce in una certa confessione religiosa. Diverse distinzioni concettuali sono state avanzate per rispondere a simili domande: per esempio quella fra un’accezione forte e un’accezione debole di “laicità”, che proprio la bioetica contribuisce a mettere in luce; oppure quella fra un’etica (e una bioetica) sostanziale e una procedurale; o ancora quella fra etica pubblica e coscienza individuale. Quanto queste distinzioni siano difendibili sul piano concettuale e quali differenze effettivamente comportino a livello pratico e giuridico è un problema aperto che ha recentemente suscitato un vivo dibattito, di cui la Consulta di Bioetica si è fatta promotrice negli ultimi anni e che è desiderosa di incentivare, anche ospitandolo nelle pagine della rivista Bioetica.
Bibliografia di riferimento:
Uberto Scarpelli, Bioetica Laica. Con una prefazione di Norberto Bobbio, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 1998
Giovanni Fornero, Bioetica cattolica e bioetica laica, Bruno Mondadori, Milano 2005
Eugenio Lecaldano, Un’etica senza Dio, Laterza, Roma Bari 2006
Giovanni Fornero, Laicità forte e laicità debole. Il contributo della bioetica al dibattito sulla laicità, Bruno Mondadori, Milano 2008
C. Flamigni, A. Massarenti, M. Mori, A. Petroni, «Manifesto di bioetica laica», Il Sole 24 ore, 9 giugno 1996