Il Coronavirus sta sollevando grandi problemi etici. Il gruppo dei rianimatori SIAARTI ha proposto le raccomandazioni di etica clinica che hanno suscitato dibattito. In questa pagina la Consulta di Bioetica riporta le principali posizioni del dibattito pubblico e sollecita soci e amici a inviare contributi per la discussione.
Inviare i contributi alla segreteria@consultadibioetica.org, saranno pubblicati secondo i criteri dell’Associazione.
Il 6 marzo è stato pubblicato il comunicato stampa della SIAARTI e le Raccomandazioni di etica clinica. EMERGENZA COVID-19: ECCO LE RACCOMANDAZIONI. Un documento della Società Italiana di Anestesia, Analgesia,
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L’8 marzo è stato pubblicato l’articolo di Filippo Anelli, presidente della Fnomceo. Il presidente dell’Ordine dei medici interviene sul documento della Siaarti: “La nostra guida, prima di qualunque documento che subordini l’etica a principi di razionamento, e che dovrebbe in ogni caso essere discusso collegialmente dalla Professione, resta il Codice di Deontologia medica. E il Codice parla chiaro: per noi tutti i pazienti sono uguali e vanno curati senza discriminazioni” |
============== SEGUONO LE RIFLESSIONI CHE STIAMO RACCOGLIENDO ==============
21 maggio – Quotidiano Sanità – La lettera del dr Eugenio Pucci, UOC Neurologia di Fermo
Gentile Direttore,
il parere maggioritario del CNB sul Covid-19, giustifica il solo criterio clinico alla base del triage. Peccato che è proprio questo criterio che è venuto meno se 13 colleghi di Bergamo scrivono “Older patients are not being resuscitated and die alone without appropriate palliative care” (1), per citare una delle tragiche esperienze.
Ha ragione Maurizio Mori che, in minoranza, sostiene: “Mosso più dall’intento di dare rassicurazioni, è come se il Parere negasse la realtà eccezionale verificatasi circa l’esigenza di fare scelte o triage.” Il nucleo del problema morale (in qualsiasi contesto, campo di battaglia, incidente catastrofico, emergenza COVID-19) è quando il medico si trova contemporaneamente più persone da trattare con medesima possibilità di sopravvivere ed eguali indicazioni ad un trattamento appropriato/proporzionato ma questo è indisponibile (il caso di Tizio e Caio proposto da Mori).
La limitazione terapeutica basata su criteri clinici (“appropriatezza clinica” alla luce dell’”attualità” nel documento CNB) risponde al dovere etico di praticare trattamenti proporzionati (salvaguardando le preferenze del malato), non riguarda il numero di ventilatori disponibili o la disponibilità di cure palliative… Sono state fatte scelte nell’impossibilità di decidere sul piano dell’appropriatezza e proporzionalità ma in dipendenza della “capacità di risposta del SSN”.
Se, da una parte, età e disabilità sono potenziali criteri prognostici negativi utili nel giudizio clinico, nel contesto di risorse collassate possono trasformarsi in criteri extra-clinici. Non solo, ma sono convinto che anche altri criteri extra-clinici siano stati presi, più o meno consapevolmente e istintivamente: essere operatori sanitari, personalità di rilievo, genitori di minori, ecc.
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18 maggio – Quotidiano Sanità – Un articolo sul gruppo di lavoro congiunto tra Fnomceo e Siaarti che potrebbe aprire a un chiarimento tra la Federazione degli Ordini dei medici e la Siaarti dopo le polemiche sollevate
Sarà un gruppo di lavoro misto a dover arrivare a posizioni condivise su tematiche professionali, deontologiche e bioetiche di comune interesse. La decisione viene dopo che, ai primi di marzo, ci furono serrate polemiche e prese di posizione contrastanti tra Fnomceo e Siaarti a seguito della pubblicazione delle raccomandazioni Covid per anestesisti e rianimatori.
Un Gruppo di lavoro congiunto tra la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, e la Siaarti, la Società italiana di Anestesia, Analgesia e Rianimazione. Ad istituirlo, il Comitato Centrale, l’organo di Governo, della Fnomceo, nella riunione di venerdì scorso. Obiettivo: discutere ed arrivare a posizioni condivise su tematiche professionali, deontologiche e bioetiche di comune interesse.
Ne faranno parte, per la Fnomceo, il Segretario Roberto Monaco, il Coordinatore della Consulta deontologica, Pierantonio Muzzetto, Marco Ioppi, presidente Omceo di Trento e componente della Consulta, Guido Marinoni, presidente Omceo di Bergamo e componente del Comitato Centrale, Claudio Buccelli, presidente della Simla, la Società italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, e Gianfranco Iadecola, avvocato ed ex magistrato; per la Siaarti, Luigi Riccioni, Responsabile del Comitato Etico Siaarti, Marco Vergano, Coordinatore Gruppo di Studio “Bioetica”, Alberto Giannini, Consiglio regionale Siaarti Lombardia, Davide Mazzon, Consiglio regionale Siaarti Veneto, e Giuseppe Gristina – ex Segretario e delegato dalla Presidenza. Leggi l’articolo completo in pdf
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2 maggio – Quotidiano Sanità – La lettera del dottor Massimo Sartori, ex-medico ospedaliero, sul Parere espresso dal CNB.
IL COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA ELUSIVO SUL TRIAGE IN EMERGENZA.
Gentile Direttore,
la pandemia da Covid-19 ha sopraffatto (o ha minacciato di sopraffare) i sistemi sanitari di molti Stati nel mondo. In queste condizioni, può essere necessario, ad esempio, non erogare (o sospendere) la ventilazione meccanica a persone che altrimenti trarrebbero beneficio dal suo uso. Quali criteri dovrebbero essere usati per allocare eticamente questa o altre risorse scarse?
Clicca per leggere la lettera completa
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20 – aprile – Lettera del prof. Maurizio Mori a commento della sua posizione di minoranza al Parere espresso dal CNB.
OSSERVAZIONI A MARGINE DELLA POSIZIONE DI MINORANZA ESPRESSA AL CNB: 20 aprile 2020
Cara Maria Teresa e caro Mino,
propongo alla sezione sui problemi etici suscitati dalla pandemia Coronavirus che state coordinando un contributo con due obiettivi: chiarire un problema specifico di carattere teorico e soprattutto rilevare un aspetto di carattere storico-antropologico-culturale circa il dibattito suscitato dalle Raccomandazioni Siaarti (Società italiana di anestesia analgesia e terapia intensiva).
L’occasione mi è offerta dal fatto che il 15 aprile scorso il CNB (Comitato Nazionale per la Bioetica) ha pubblicato il Parere sul tema della scelta di chi ammettere alle cure in condizioni eccezionale carenza di risorse: Parere che in un senso esce un po’ in ritardo, ma in un altro resta abbastanza tempestivo dal momento che l’emergenza Covid-19 ha preso un po’ tutti di sorpresa. Considerate le difficoltà di comunicazione, il CNB è riuscito a far sentire la propria voce in tempi ragionevolmente adeguati.
Clicca per leggere la lettera completa
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15 aprile – Parere Comitato Nazionale di Bioetica e posizione di minoranza del Prof. Maurizio Mori sul sito bioetica.governo.it
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27 marzo – L’Inkiesta – Intervista di Irene Dominioni al dr Mario Riccio
L’anestesista di Piergiorgio Welby: «Tanti colleghi non sono preparati a queste decisioni. Adesso la bioetica entri nei corsi di studi. Con il Covid-19 la medicina è cambiata per sempre»
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26 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo del Prof. Maurizio Mori
La lezione di Manzoni ci ha consentito di vedere meglio come avvenga il processo di negazione di realtà (sgradevole e non facile da accettare: la peste o la selezione). L’auspicio è che, almeno oggi, si evitino gli errori più grossolani e che, come consigliava Manzoni, si segua “il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare”.
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21 marzo – Tribuna di Treviso – Intervista a Davide Mazzon
“I MEDICI DEVONO SCEGLIERE MA NON SOLO PER ANAGRAFE”
Davide Mazzon è uno dei tre saggi autori del documento etico delLa Regione “Età biologica, quadro clinico, patologie: con pochi mezzi bisogna decidere. Vale il principio di proporzionalità con criteri legati all’appropriatezza. Nè discriminazioni né anziani svalutati.”
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20 marzo – Quotidiano Sanità. Lettera di Bruno Ravera al direttore.
NEL DOCUMENTO DEGLI ANESTESISTI NESSUN DARWINISMO SOCIALE
Gentile Direttore,
il documento della SIAARTI, pubblicato il 7 marzo ha sollevato, com’era prevedibile, i più svariati commenti. Vorrei chiederle di essere così cortese da consentirmi qualche ulteriore riflessione.
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19 marzo – Il Mattino di Padova, Nuova Venezia, tribuna di Treviso – articolo di Simonetta Zanetti
UN DOCUMENTO SUI PAZIENTI DA CURARE. ESPLODE IL CASO: “NO ALLA SELEZIONE”
19 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo di Mauro Cozzoli, Professore di Teologia Morale nella Pontificia Università Lateranense e nell’Accademia Alfonsiana in Roma, Docente al Master di Bioetica dell’Università di Torino (Direttore il Prof. M. Mori), Assistente spirituale dei medici di Roma.
A CHI DARE PRECEDENZA? RIFLESSIONI ETICHE SULLE RACCOMANDAZIONI DELLA SIAARTI.
L’etica non sta e non s’esprime solo a livello generale e astratto dei valori e dei principi. Scende, si abbassa anche a livello situazionale e prudenziale del quid faciendum per risolverne le problematicità e le conflittualità e favorire la decisione e l’azione più umana e ragionevole possibile.
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18 marzo – The New England Journal of Medicine pubblica un articolo della dottoressa Lisa Resenbaum, cardiologa su come l’Italia sta affrontando Covid-19
FACING COVID-19 IN ITALY – ETHICS, LOGISTICS, AND THERAPEUTICS ON THE EPIDEMIC’S FRONT LINE.
Physicians in northern Italy have learned some painful lessons about rationing care during an epidemic. As health care systems work out ethical allocation principles, it seems clear that only with transparency and inclusivity can public trust and cooperation be achieved.
15 marzo – Quotidiano Sanità – Lettera di Marcello Valdini, Medico-legale, Piacenza.
Premesso
- che trovi pregevole l’avvio di una discussione franca e aperta su temi così pressanti costituiti da problemi che cambiano, nel tempo e nella evoluzione delle risorse, e che riguardano tutti noi che non dobbiamo e non vogliano lasciare alle sole responsabilità di chi -in prima linea- si trova a prendere decisioni fondamentali le scelte che dovranno lastricare il sentiero di una buona pratica medica;
- che la mia posizione si annoveri da sempre sul rispetto della dignità della vita e sul principio di un autodeterminazione lontana anni luce dal concetto di vita come bene indisponibile;
- la situazione di oggi, con la pandemia da COVID19, ci presenta una condizione nella quale viene chiesta una scelta simile ma non uguale a quella già realizzata in altre circostanze di emergenza;
“Il problema esiste e non si può far finta che non ci sia. È vero, spesso facciamo come se non ci fosse: ci vuole coraggio a fissare un problema tragico, e ci vuole generosità nel prendersi la briga di farne partecipe gli altri, colleghi in primis” sostiene Maurizio Mori. Credo che su questa valutazione non ci siano molti dubbi, almeno da parte di chi scrive.
L’emergenza Covid-19 sta mettendo sotto stress il SSN. Un numero non trascurabile di pazienti ospedalizzati (circa il 10%) necessita di ricorso a terapia intensiva: come è possibile rispondere alle necessità cliniche reali della popolazione se la disponibilità effettiva di risorse intensive è scarsa? La curva epidemiologica del Covid-19 ha, in questo momento, un andamento esponenziale, mentre l’incremento dei posti in UTI (unità terapia intensiva) non può che avere un andamento lineare.
Il 6 marzo la SIAARTI (Società italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) ha prodotto un documento (Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili). I suoi estensori materiali sono Marco Vergano, Guido Bertolini, Alberto Giannini, Giuseppe Gristina, Sergio Livigni, Giovanni Mistraletti e Flavia Petrini. Le “Raccomandazioni” della SIAARTI avviano una riflessione importante. Nel prosieguo dell’intervento procedo, dunque, 1) a presentare i nodi-chiave del documento SIAARTI, 2) a sviluppare alcune considerazioni su di essi, 3) a esaminare l’intervento di Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, dell’8 marzo.
14 marzo – Sky News intervista Marco Vergano medico anestesista-rianimatore dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino.
‘GET PREPARED AS SOON AS YOU CAN’ SAYS ITALIAN DOCTOR
“We are expecting a surge in the coming days and hope it will not reach the intensity of Lombardy…
my suggestion is you get prepared as soon as you can.”
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14 marzo – Il contributo del dottor Davide Mazzon, Direttore UO Anestesia e Rianimazione Ospedale di Belluno, Componente del Comitato Etico SIAARTI, Referente Consulta di Bioetica ONLUS provincia di Belluno
LE QUESTIONI ETICHE NELLA GESTIONE DELLA EMERGENZA “COVID 19”. QUALE CONTRIBUTO DAL DOCUMENTO DELLA SIAARTI
Con un commosso ricordo di Luca Benci, che ci ha lasciato un contribuito che lo terrà vivo nella memoria di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e nelle iniziative che assieme intraprenderemo per promuovere un sistema sanitario pubblico, solidaristico, etico.
Dal 21 febbraio 2020, lo scenario che fino a quel giorno era solo oggetto di percezione mediatica in quanto proveniente dalla città cinese di Wuhan, si è trasferito nel nostro paese ove gli ospedali del nord Italia, soprattutto in Lombardia, si sono trovati alle prese con inimmaginabili problemi di reperimento di posti-letto idonei al trattamento dei pazienti infetti da COVID-19, in particolare nelle Terapie Intensive.
La SIAARTI ha sviluppato da decenni una profonda riflessione a supporto delle decisioni cliniche da prendere nelle Terapie Intensive, che devono essere ispirate al “Principio di Proporzionalità”. Tale principio afferma che sono “proporzionati” quei trattamenti che comportano un rapporto rischio/beneficio favorevole per il malato nel caso specifico, valutato sulla base delle evidenze scientifiche (appropriatezza clinica) e ne rispettano la volontà soggettiva di esservi sottoposto o meno (appropriatezza etica), quest’ultima chiaramente espressa o ricostruita coerentemente coi convincimenti del malato stesso.
Il documento “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”, del 5/3/2020, si pone nel solco della riflessione etica precedentemente tracciata e consolidata dal quadro deontologico e normativo di riferimento, in particolare laddove si afferma che il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nel ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. A questo documento, sono state rivolte critiche inaccettabili, che si sono spinte addirittura a considerare alcuni dei suoi passaggi come contrari alla deontologia medica, poiché inserirebbero elementi discriminatori fra i criteri di ammissione alle Terapie Intensive.
Risulta invece del tutto evidente che in tale documento la SIAARTI non ha fatto altro che richiamare all’attenzione dei colleghi che stanno sostenendo questa nuova sfida, la necessità di applicare con particolare cura quei principi di appropriatezza e proporzionalità che sono alla base della nostra professione e che vengono già applicati ogni giorno dagli Anestesisti-Rianimatori. L’epidemia in atto infatti ha posto in maggiore evidenza questo aspetto difficile del nostro lavoro, in cui il “triage”, cioè il criterio di ammissione in Terapia Intensiva, deve valutare se le specifiche condizioni cliniche dei pazienti possono avvalersi di un trattamento altamente invasivo e se sono prevedibili severi effetti collaterali,tenendo conto sia della età biologica delle persone malate (che è diversa dalla semplice età anagrafica), sia del loro stato funzionale che delle patologie concomitanti. A proposito del criterio anagrafico, esso non rappresenta altro che uno dei parametri su cui si può basare un “triage” per l’ammissione in Terapia Intensiva. Possono verificarsi infatti condizioni in cui, in base ai suddetti criteri adottati nel loro complesso, può essere indicata l’ammissione in Terapia Intensiva di un paziente più anziano, ma con un quadro clinico migliore. Da tali valutazioni può scaturire, a prescindere dalla disponibilità di risorse o meno, la convinzione che l’ammissione in Terapia Intensiva sia inutile, talora anche potenzialmente dannosa, e che il paziente possa più proficuamente avvalersi di un percorso di cure non intensive o di cure palliative.
Tra le responsabilità dell’Anestesista-Rianimatore rientra anche quella di gestire nel modo più congruo le preziose risorse che la collettività gli affida, come le sofisticate e costose apparecchiature e le equipe di professionisti che operano nelle Terapie Intensive. Oltre che inappropriato clinicamente, è irrispettoso per la dignità della persona malata e contro gli interessi della collettività utilizzare le risorse presenti in una Terapia Intensiva per il trattamento di pazienti che non possono avvalersene, essendo giunti inesorabilmente alla fine del proprio percorso di malattia e che si avvalgono di una presa in carico con altre finalità ed un impatto calibrato sulla loro sulla loro fragilità.
Per tali motivi, il documento della SIAARTI non va in alcun modo interpretato come uno stimolo a impiegare immediatamente e semplicisticamente criteri di esclusione per i pazienti che necessitano di cure intensive, ma come uno strumento decisionale clinico, solido e realistico, che può assistere i medici nel malaugurato caso in cui l’ampliamento dei posti a disposizione, attivato a fronte della epidemia in corso, non dovesse essere sufficiente.
Quello a cui infatti stiamo assistendo è uno scenario in cui in modo variabile, con modalità differenti fra le varie aree geografiche interessate alla epidemia, si è creata o si sta creando una discrepanza fra domanda ed offerta di letti di Terapia Intensiva. Senz’altro, lo scenario più favorevole sarebbe quello in cui la diffusione della epidemia fosse graduale, consentendo così al sistema sanitario di attivare compensazioni tese a bilanciare l’aumento della domanda di posti-letto sia con il reperimento di posti-letto ed apparecchiature aggiuntive, sia con l’incremento del personale sanitario necessario ad assistere un numero maggiore di malati nelle Terapia Intensive.
Le azioni sinora intraprese nella regione Veneto, ove svolgo la mia attività, assieme a quelle promosse a livello dello Stato centrale, stanno tentando di perseguire la prospettiva di sottrarci a scenari da vera e propria catastrofe sanitaria, e tutti auspichiamo che raggiungano questo obiettivo. Qualora questo non accadesse, come avvenuto in alcune zone della Lombardia, sarà il momento in cui noi Anestesisti-Rianimatori ispireremo il nostro operato a quanto indicato dal documento “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”, al fine di contrastare il “nemico invisibile” con una buona pratica clinica che sia anche una pratica clinica etica.
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14 marzo – il dottor Giacomo Orlando, già primario del Pronto soccorso all’ospedale San Giacomo di Novi Ligure e Vicepresidente della Consulta di Bioetica risponde alle Associazioni dei geriatri.
Il giorno 9 marzo Quotidiano Sanità, pubblicava un articolo dei colleghi Geriatri Incalzi e Figonari dal titolo “ No rupe Tarpea, la soluzione non è sacrificare gli anziani.
Il titolo mi sembra proprio pesantino, vuoi per il richiamo alla rupe Tarpea, vuoi perché mi sembra che il documento SIAARTI non proponga una soluzione, soprattutto in quella direzione, ma come emerge ormai dal dibattito che è nato, pone semplicemente sul tavolo un problema di estrema importanza e interesse noto agli addetti ai lavori, ossia l’accesso alle terapie intensive sia in caso di estrema emergenza, vuoi per l’epidemia vuoi per la relativa carenza di personale e di strutture come oggi, che durante una situazione di normalità.
Il fatto che il tema è scottante e ama essere discusso in clandestinità.
Ma io vorrei abbandonare il campo della riflessione bioetica, e parlare di un argomento dove mi sento più a mio agio.
I Colleghi Geriatri spingono per la diffusione della ventilazione non invasiva in una serie di reparti oltre le semintensive e le rianimazioni (sta per essere stanziata una somma importante per l’acquisto di attrezzature…) ma, spero di sbagliarmi, nel qual caso chiedo scusa, intravedo un discorso di questo genere: va bè, sono davanti ad una insufficienza respiratoria grave, il paziente è anziano con comorbilità non lo intubo, ma lo tratto con una ventilazione non invasiva. Ripeto: se sto sbagliando nel dedurre ciò, chiedo scusa.
Non è proprio così, c’è un errore di fondo: ci sono delle insufficienze respiratorie che possono essere trattate con la non invasiva e ci sono delle insufficienza respiratorie che non possono essere trattate con la non invasiva, ma richiedono intubazione, eventuale tracheostomia e strategie ventilatorie complesse.
Inoltre la non invasiva non è una passeggiata nel parco, sia per il paziente che per il personale medico e di assistenza. Sono necessari gli stessi monitoraggi dell’invasiva, sia respiratori che cardiaci, la piena o almeno soddisfacente collaborazione del paziente personale sufficiente e formato perché, come insegna il Prof. Gattinoni: “ la terapia intensiva non si basa solo su una grande idea, ma sull’attenzione quasi paranoica al dettaglio e alla comprensione delle variazioni minuto per minuto della fisiologia del paziente”. Quindi attenzione, cerchiamo di utilizzare bene questa importante massa di denaro stanziata per acquisto di attrezzature, valutando bene, ricordando che la gattina frettolosa ha fatto i gattini ciechi.
Esiste una situazione dove la non invasiva può essere utilizzata diciamo compassionevolmente: quando un paziente, con i requisiti che la legge 219 richiede, rifiuta l’intubazione e sceglie di essere ventilato in non invasiva, altre possibilità non ne vedo.
Personalmente ho sempre avuto un po’ di diffidenza delle terapie semi, meglio full.
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13 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo di Maurizio Mori, Ordinario di Filosofia Morale e Bioetica, Università degli Studi di Torino, Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica, Direttore di Bioetica. Rivista interdisciplinare
LE RACCOMANDAZIONI DEGLI ANESTESISTI E LA FINE DELL’EGUAGLIANZA IPPOCRATICA
Alla memoria di Luca Benci, la cui voce avrebbe arricchito il dibattito in corso.
Invece di essere lette come la resa alla subordinazione dell’etica all’economia, le Raccomandazioni Siaarti vanno viste come un ripensamento dell’appropriatezza delle cure alla luce dell’eguaglianza Siaartiana. L’obiettivo finale delle Raccomandazioni è riaffermare che prima dell’economia viene un’etica informata al nuovo criterio sociale-allargato e alla trasparenza, valore questo che sta alla base della fiducia e che giustifica l’uscita pubblica
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12 marzo – Menelique, magazine radicale internazionale, pubblica un interessante articolo di Matteo Cresti, direttore responsabile del magazine e Dottore di ricerca in filosofia morale e Bioeticista, Unito.
CORONAVIRUS, “COMMISSIONE DI DIO” E TAGLI ALLA SANITÀ. CHI DECIDE CHI MUORE E CHI VIVE?
La società italiana di anestesia ha stabilito i criteri per l’accesso alle terapie intensive nel caso in cui i posti si esaurissero: possibilità di sopravvivenza e prospettiva di vita. L’ordine dei medici è contrario: tutti i pazienti sono uguali e vanno curati senza discriminazioni.
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12 marzo – Articolo di Sergio Vescovi, medico anestesista-rianimatore, già Direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza Ospedale Niguarda Milano.
UNA BREVE RIFLESSIONE SUL DOCUMENTO DELLA SIAARTI
Vi è un passo nel documento della SIAARTI, elaborato per dare agli anestesisti-rianimatori, ora in prima linea, un autorevole punto di riferimento rispetto ai temi etici-deontologici, che deve essereevidenziato: il richiamo alla necessità di una continua ri-valutazione (impropriamente triage) dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva.
In questo modo è possibile valutare con cadenza ravvicinata la giustificazione dei trattamenti intensivi attuati, in termini di appropriatezza clinica e di proporzionalità, anche rispetto alla volontà del paziente, per ridurre il rischio della “futilità”.
Se questo è vero sempre, lo è a maggior ragione in queste circostanze, quando il sistema non può permettersi un cattivo uso di risorse scarse.
Questo approccio può anche comportare decisioni di limitare i trattamenti, fino alla loro sospensione, secondo il giudizio dell’équipe curante, condiviso al proprio interno e con i familiari (ed eventualmente con il paziente, quando possibile e appropriato).
Purtroppo questa mentalità è ancora poco diffusa tra i sanitari, medici soprattutto, tanto è vero che la pratica della desistenza terapeutica tracciata e condivisa è tuttora scarsamente presente nelle nostre T.I..
Anche in situazioni di emergenza (non siamo ancora al triage di guerra) occorre poter dare un’opportunità a tutti i pazienti che ne abbiano necessità con ragionevoli possibilità di superare la crisi: deve però essere chiarito, fin dall’inizio, con massima trasparenza, che le condizioni cliniche saranno riconsiderate a breve scadenza e che potranno anche essere prese decisioni sul proseguimento dei trattamenti.
Si cerca quindi di definire un’adeguata pianificazione delle cure, in relazione all’andamento clinico e alla risposta ai trattamenti.
Si parla di “trattamenti” intensivi e non delle cure, cioè dell’assistenza ordinaria o palliativa, che deve essere comunque garantita.
La cura in T.I. di pazienti molto fragili, come quelli con malattie oncoematolgiche o con AIDS, ci ha insegnato che non si possono applicare etichette per cui l’appartenenza a una categoria (nel nostro caso quella di “anziano”) diventa criterio di esclusione: ogni singolo caso deve poter essere valutato in sé, anche in relazione alla volontà della persona.
Purtroppo sovente queste decisioni devono essere prese in poco tempo, con pochi elementi e in solitudine: è necessario poter avere il maggior livello di condivisione possibile.
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12 marzo – Articolo di Consuelo Luverà – Bioeticista – Università di Messina
IN TEMPI DI EMERGENZA SANITARIA SERVONO CRITERI DI ALLOCAZIONE DELLE RISORSE.
Il recente documento della Siaarti in merito alla possibile applicazione di criteri di razionamento delle risorse sanitarie in risposta all’attuale emergenza per il virus Covid-19 ha suscitato nell’opinione pubblica una reazione di comprensibile smarrimento e timore, suffragata dalla risposta a tale documento da parte del Presidente della FNOMCeO, Dr Filippo Anelli.
Appare, pertanto, più che mai necessaria una riflessione bioetica sul compito dei nostri medici che, in questa ora buia, si trovano a fronteggiare la drammatica situazione in cui devono compire scelte eticamente difficili. Ciò che desta maggiore preoccupazione nell’opinione pubblica è, senz’altro, la possibilità che si renda necessario porre un limite d’età per l’accesso ai reparti di terapia intensiva dove, com’è noto, i posti sono limitati. Su questo punto il documento è chiaro: “non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”. Non si tratta, quindi, di lasciar morire gli anziani, ma di privilegiare la maggior speranza di vita sulla base della gravità della malattia, della presenza di eventuali comorbilità e della compromissione di altri organi e apparati e della loro reversibilità.
A tale proposito osserva, a ragione, Anelli: “nessun medico deve essere costretto a una scelta così dolorosa”. Tale principio di giustizia distributiva trova senz’altro l’accordo di tutti. Tuttavia, in un momento di crisi come questo, il condizionale è d’obbligo e sarebbe più adeguato dire che nessun medico dovrebbe trovarsi a dover decidere chi curare. Purtroppo, pur adottando tutte le misure volte a evitare che si realizzino gli scenari catastrofici prospettati (misure raccomandate sia dalla FNOMCeO che dalla Siaarti), non possiamo escludere che gli eventi ci portino lì dove nessuno di noi vorrebbe mai arrivare.
Le raccomandazioni di etica clinica rilasciate dalla Siaarti, come si evince fin dal titolo del documento, riguardano le “condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili” che stanno portando il nostro sistema sanitario al collasso. Le risorse sono scarse e presto potrebbero non essere sufficienti per tutti, è un dato di fatto. Ben venga, quindi, il documento che può essere utile a farci trovare il più possibile pronti qualora ciò si verificasse. L’affermazione di Anelli per cui “non possiamo permettere che si verifichino gli scenari prospettati dalla Siaarti” sembra invece non rispecchiare il rischio reale dell’emergenza: i provvedimenti eccezionali intrapresi dal Ministero della Salute e dal Governo in cui Anelli confida per evitare il collasso potrebbero, nostro malgrado, non essere sufficienti. Gli “inaccettabili triage di guerra”, espressione con cui definisce gli eventuali criteri di razionamento delle risorse sanitarie in questione, potrebbero essere l’unica via per uscire da questo momento buio della nostra storia col minor costo possibile in termini di vite umane.
In tempi di grave emergenza sanitaria, in cui le risorse non bastano per tutti, l’affermazione secondo cui “i pazienti sono tutti uguali e vanno curati senza discriminazioni” non sembra avere molto senso. Un criterio di allocazione delle risorse, adesso, bisogna pur trovarlo. Va notato, poi, che il diritto alle cure non è un diritto assoluto, è un diritto che in ambito medico è sempre stato soggetto alla necessità di utilizzare criteri di priorità quando la domanda è più alta della disponibilità, come per esempio nel caso dei trapianti. Ciò non significa svalutare la dignità delle persone, ma ammettere che la gravità della situazione ci impone di attuare soluzioni talvolta tragiche, ma purtroppo necessarie.
In un momento come questo, in cui le fake news circolano a bizzeffe fomentando il panico, è apprezzabile un documento che rende pubbliche le ragioni che hanno portato all’elaborazione di eventuali criteri di allocazione delle risorse sanitarie, invece di tacere e lasciare che le decisioni vengano prese dietro le porte chiuse dei reparti di terapia intensiva. Questo non solo significa considerare i cittadini italiani capaci di ricevere e gestire le informazioni sul reale stato di emergenza, ma anche condividere con essi la difficoltà e la responsabilità di scelte che pongono seri dilemmi morali ai nostri medici e, forse, rendere meno gravoso, per quanto possibile, il loro arduo compito.
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12 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo della SICP Società Italiana di Cure Palliative e la FCP Federazione Cure Palliative
Per la Società Italiana di Cure Palliative e la Federazione Cure Palliative la riflessione della Siaarti “evidenzia l’importanza del principio etico di giustizia allocativa delle risorse che, in situazioni di grave scarsità delle stesse, deve governare le scelte di ammissione e sospensione delle cure affiancandosi ai più consueti criteri di appropriatezza clinica e proporzionalità etica”. Ma la riflesione va ampliata poiché “tutti i sanitari sono coinvolti in tali scelte decisionali, indipendentemente dal tipo di medicina praticato (specialistica e non) e dal setting (intra- o extra-ospedaliero)”.
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11 marzo – The Atlantic – article by Yascha Mounk, a contributing writer at The Atlantic, an associate professor at Johns Hopkins University, a senior fellow at the German Marshall Fund, and a senior adviser at Protect Democracy..
There are now simply too many patients for each one of them to receive adequate care. Two weeks ago, Italy had 322 confirmed cases of the coronavirus. At that point, doctors in the country’s hospitals could lavish significant attention on each stricken patient. One week ago, Italy had 2,502 cases of the virus, which causes the disease known as COVID-19. At that point, doctors in the country’s hospitals could still perform the most lifesaving functions by artificially ventilating patients who experienced acute breathing difficulties.
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11 marzo – Quotidiano Sanità – intervista a Renato Balduzzi, ex ministro della Salute, Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano e membro laico del Consiglio superiore della magistratura sul documento degli anestesisti-rianimatori
“NON SIAMO IN GUERRA. CI SIONO UN SSN E UN SISTEMA PAESE IN GRADO DI DARE RISPOSTE ADEGUATE.
“Ricordiamo sempre che noi abbiamo un Servizio sanitario nazionale e che stiamo reagendo a questa epidemia come sistema Paese. Leggerei dunque il documento della Siaarti come un invito a fare in modo che quelle situazioni limite siano evitate in ogni modo, e a riflettere su eventuali scenari avversi. Speriamo ovviamente di non dover mai arrivare a compiere, almeno su larga scala, scelte tragiche e in ogni caso dal punto di vista costituzionale è impensabile un razionamento a priori delle prestazioni a tutela della salute, a fortiori di quelle salvavita”.
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10 marzo – Quotidiano Sanità – Lettera di Lucia Craxì, Università degli Studi di Palermo e Demetrio Neri, bioeticista
IL DOCUMENTO DEGLI ANESTESISTI-RIANIMATORI NON È IN CONTRASTO CON IL CODICE DEONTOLOGICO
Va rimarcato che il criterio di scelta fondato sulla valutazione del beneficio ottenibile esiste già da anni in contesti di risorse drammaticamente limitate come quello degli organi nel trapianto, e rappresenta un criterio bioetico fondante nella medicina delle catastrofi. Esso pertanto non è in contrasto con l’attuale deontologia medica, ma va adottato solo ed esclusivamente ove non esista altra possibile alternativa.
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10 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo della FNOPI, Federazione nazionale degli ordini degli infermieri che rappresenta i 450mila professionisti presenti in Italia
FNOPI SUL DOCUMENTO DEGLI ANESTESISTI-RIANIMATORI: “SSN NON LASCI SOLO NESSUNO”.
“Le ipotesi di selezione in base alle possibilità di sopravvivenza per l’accesso alle terapie intensive sono indicazioni caratteristiche della Medicina delle emergenze e delle catastrofi e hanno in quella un loro razionale, ma è imprudente e poco opportuno associarle a questo preciso momento: ciascun paziente è uguale innanzi al diritto alla Salute e all’accesso alle cure, esiste un’etica della cura e una deontologia che non deve ancora permettersi di piegare la testa ad altre logiche”.
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Dopo più di dieci anni di definanziamento del SSN pari a circa 37 MLD di euro e la riduzione del 30% dei posti-letto ospedalieri, trovarsi nella condizione di dover scegliere tra due o più malati quale ricoverare perché il posto disponibile è uno solo, è un evento comune per gli anestesisti-rianimatori. La SIAARTI non ha fatto altro che richiamare la necessità di valutare meticolosamente quei principi di appropriatezza e proporzionalità che sono alla base della nostra professione e che vengono già applicati ogni giorno.
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9 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo di Daniele Rodriguez, Ordinario i.q. di Medicina legale a sostegno dei medici anestesisti-rianimatori
DAGLI ANESTESISTI-RIANIMATORI UNA DIFFICILE PRESA IN CARICO DI RESPONSABILITÀ CHE MERITA RISPETTO
La decisone della Siaarti di diffondere il suo documento con le raccomandazioni per l’ammissione alla terapia intensiva merita stima perché, in un contesto in cui le istituzioni evitano di affrontare il tema, dichiarando la scarsità di risorse ma eludendo la questione delle azioni da adottare quando esse mancheranno, è espressione di assunzione di responsabilità e di lealtà comunicativa anche verso i cittadini ed i pazienti da parte della Società scientifica.
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9 marzo – Quotidiano Sanità – Articolo di Raffaele Antonelli Incalzi, presidente Sigg e Filippo Fimognari, presidente Sigot commentano le linee guida indicate da SIAARTI
GERIATRI. “NO A RUPE TARPEA, LA SOLUZIONE NON È SACRIFICARE GLI ANZIANI”
Per i geriatri della Sigg e dalla Sigot occorre estendere l’impiego della ventilazione non invasiva nei reparti di geriatria, medicina interna, malattie infettive e respiratorie. Ma anche valutare i trattamenti in base allo stato di salute e non solo all’età: “La dolorosa selezione dell’ordine di priorità nelle cure intensive può basarsi solo su una valutazione multidimensionale. Resta centrale il medico con il suo bagaglio di professionalità, esperienza e umanità”.
Sulla questione in oggetto è stato pubblicato oggi 18-03-2020 un Comunicato Stampa dell’Associazione Libera Uscita che recita:
Nel recente documento della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) si affronta il problema delle terapie intensive divenute ingestibili, pensando a protocolli che privilegino chi, colpito da insufficienza respiratoria da Covid-19, ha più possibilità di sopravvivere.
Nessuno mette in discussione il coraggio, la generosità e la solidarietà che anima tante persone, non solo tra i medici, ma anche tra i malati: tra questi ultimi, alcuni certamente, già molto avanti negli anni o con malattie pregresse, non vorrebbero essere ricoverati in terapia intensiva, preferendo lasciare un posto libero a chi, più giovane o in salute, possa avere maggiori speranze di sopravvivenza.
C’è senza dubbio chi, in caso di aggravamento delle proprie condizioni, chiederebbe piuttosto di essere assistito con una sedazione palliativa profonda continua fino alla fine che, di certo, non si farebbe attendere a lungo in un quadro di insufficienza respiratoria grave.
Una cosa però è dare seguito alle libere scelte individuali – che, se motivate da ragioni altruistiche, meritano un rispetto ancora maggiore – tutt’altra, invece, è prevedere protocolli che distinguono tra chi ha più o meno diritto ad accedere alle cure.
La legge 219/2017 consente a tutti di comunicare per tempo, al momento della diagnosi, se, in caso di grave insufficienza respiratoria si desidera o meno essere trasportati in una terapia intensiva.
Dispiace davvero che nel documento della SIAARTI, relativo all’attuale emergenza, non sia presente un solo accenno, anche breve, a quell’autodeterminazione terapeutica per cui anche la stessa SIAARTI, in diverse occasioni, ha mostrato un concreto impegno.
Anche la Società Italiana di Cure Palliative (SICP), pronunciandosi a sostegno del Documento della SIAARTI, non pare aver fatto alcun riferimento al diritto della persona di scegliere se essere o meno ricoverata in una terapia intensiva.
Nessuna emergenza può far strame del diritto all’autodeterminazione sulle cure che con tanta fatica abbiamo ottenuto. Sappiamo che, fino a pochi giorni fa, la media d’età delle persone decedute si aggirava intorno agli ottant’anni. Ci domandiamo quante persone sopra agli ottanta, ricoverate in terapia intensiva, ne siano uscite vive ed in quali condizioni. Quante di quelle persone avrebbero scelto la terapia intensiva se solo fosse stato loro chiesto il consenso per il ricovero e prospettato la possibilità di un’ assistenza palliativa?
Abbiamo terapie intensive ingestibili, pensiamo a protocolli che privilegino chi ha più possibilità di uscirne vivo e non si è ritenuto indispensabile a monte raccogliere il consenso informato delle persone con diagnosi di Covid19. Articoli 1, 2, 5 della legge 219/2017.
Maria Laura Cattinari Modena 18 Marzo 2020
Presidente
Caro Filippo,
ti ringrazio molto per l’invio del Comunicato dell’Associazione Libera Uscita (ALU) sulle Raccomandazioni SIAARTI, che vedo sia stato saggiamente pubblicato come voce meritevole di attenzione. Penso sia sempre opportuno sottolineare l’attenzione dovuta alle disposizioni anticipate dell’interessato, ma capisco poco l’obiettivo finale del Comunicato ALU, perché in questo momento della discussione (o della battaglia) il problema decisivo è sapere da che parte stare: se contro le Raccomandazioni (come manifestato dalla Fnomceo e da altri corifei) o a favore di esse, pur mantenendo riserve su punti specifici.
Tutto è migliorabile, e anche le Raccomandazioni sono perfettibili, e le proposte al riguardo sono benvenute, ma si tratta di sapere se è stato bene proporle, come io penso e ho scritto, o se invece sono da condannare. E’ questo che non si capisce del Comunicato ALU: se avesse voluto costruire, avrebbe prevalso l’atteggiamento propositivo su quello critico.
Quest’atteggiamento critico è presente sin dalle prime righe, in cui si legge: “Nessuno mette in discussione il coraggio, la generosità e la solidarietà che anima tante persone” premessa usata per dire che si concede l’attenuante delle buone intenzioni soggettive per passare poi a dire che i contenuti oggettivi sono sbagliati. E più sotto si sottolinea che “Una cosa però è dare seguito alle libere scelte individuali […] tutt’altra, invece, è prevedere protocolli che distinguono tra chi ha più o meno diritto ad accedere alle cure”.
E poi la disapprovazione: “Dispiace davvero che nel documento della SIAARTI, relativo all’attuale emergenza, non sia presente un solo accenno, anche breve, a quell’autodeterminazione terapeutica per cui anche la stessa SIAARTI, in diverse occasioni, ha mostrato un concreto impegno”. A parte le riserve sulla locuzione “autodeterminazione terapeutica”, che rimandiamo a altra sede, questa tesi suona come una condanna in toto delle Raccomandazioni SIAARTI e pare sia l’aspetto “originale” della proposta ALU. I Rianimatori SIAARTI avrebbero dimenticato l’autodeterminazione in ambito terapeutico, e al riguardo non avrebbero dedicato nemmeno un rigo: “non sia presente un solo accenno”.
Invece la Raccomandazione 5 recita: “Deve essere considerata con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso eventuali DAT (disposizioni anticipate di trattamento) e, in modo particolare, quanto definito (insieme ai curanti) da parte delle persone che stanno già attraversando il tempo della malattia cronica attraverso una pianificazione condivisa delle cure”.
Direi che basta. Mi auguro che in futuro si assuma uno spirito più costruttivo: i rianimatori SIAARTI hanno avuto il merito di porre il problema, contro chi semplicemente lo nega (e ci sono tanti modi per negarlo). Dobbiamo essere loro grati per questo gesto di coraggio, e questa è la linea di demarcazione tra paradigmi. Hanno anche avanzato proposte concrete, sulle quali si può discutere e, se mai, migliorarle. Ma in clima di collaborazione costruttiva.
Questa è la mia personale posizione di studioso e cittadino coinvolto nella vicenda, senza affatto coinvolgere il ruolo.
un cordiale saluto
m.
ALLOCAZIONI DEI RESPIRATORI DURANTE LA PANDEMIA
Due giorni or sono Robert Truog, medico e bioeticista di Boston, e altri hanno pubblicato sul New England Journal of Medicine un articolo dal titolo “The Toughest Triage – Allocating Ventilators in Pandemic” (“Il triage più duro: assegnare i ventilatori durante una pandemia”). Riassumo i contenuti dell’articolo, per la pertinenza che essi hanno con le tematiche sollevate dal documento della SIAARTI, cui l’articolista fa riferimento.
Truog parte dalla considerazione che la pandemia di Covid-19 ha portato a gravi carenze di molti beni e servizi essenziali, dai disinfettanti per le mani, alle maschere N-95, ai posti letti negli ospedali e ai ventilatori per la terapia intensiva. Di tutte le cure mediche che dovranno essere razionate, la più problematica è, ovviamente, la ventilazione meccanica. Riferisce che gli ospedali degli Stati Uniti hanno attualmente circa 62.000 ventilatori a pieno funzionamento e circa 98.000 ventilatori di base, con ulteriori 8900 apparecchi di riserva. Le stime del Centro per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) prevedono che da 2,4 a 21 milioni di americani richiederanno il ricovero durante la pandemia e l’esperienza in Italia è stata che circa il 10-25% dei pazienti ricoverati ha necessitato di ventilazione, in alcuni casi per diverse settimane. Sulla base di queste stime, il numero dei pazienti che necessiteranno di ventilazione potrà variare tra 1,4 a 31 pazienti per ogni ventilatore. Se sarà davvero necessario razionare i ventilatori – continua Truog – dipenderà dal ritmo della pandemia e dal numero di pazienti che necessiteranno di ventilazione contemporaneamente, ma molti analisti avvertono che il rischio è elevato.
Sebbene la carenza di altri beni e servizi possa portare a decessi, il ruolo della ventilazione meccanica è diverso. Quando la respirazione dei pazienti peggiora al punto da necessitare di un ventilatore, in genere esiste solo una finestra limitata durante la quale essi possono essere salvati. E quando la macchina viene ‘staccata’ da pazienti completamente dipendenti dal ventilatore, di solito essi muoiono in pochi minuti. A differenza delle decisioni relative ad altre forme di trattamento di sostentamento della vita, la decisione di avviare o terminare la ventilazione meccanica è spesso davvero una scelta di vita o di morte.
Molti Stati negli USA hanno sviluppato strategie per il razionamento durante le pandemie. Le linee guida di New York mirano a salvare la maggior parte delle vite, così come definito dalla probabilità a breve termine del paziente di sopravvivere all’episodio medico acuto. Il razionamento viene eseguito da un ufficiale di triage o da un comitato di triage composto da persone che non hanno responsabilità cliniche per la cura del paziente. Il triage procede in tre fasi: applicazione di criteri di esclusione, come shock irreversibile; valutazione del rischio di mortalità mediante il punteggio SOFA (Sequential Organure Assessment) per determinare la priorità per l’avvio della ventilazione; la ripetizione delle valutazioni nel tempo, in modo tale che i pazienti le cui condizioni non migliorano vengano ‘staccati’ dal ventilatore per renderlo disponibile per un altro paziente, che ne può beneficiare.
Prevedendo la necessità di assegnare i ventilatori ai pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio, i medici dovrebbero impegnarsi preventivamente nelle discussioni con i pazienti e le famiglie in merito agli ordini di non intubazione per sottogruppi di pazienti ad alto rischio prima che la loro salute peggiori (do not resuscitate). Una volta che i pazienti sono già stati sottoposti a ventilazione meccanica, le decisioni di ritirarla sono particolarmente difficili. Meno di 50 anni fa, i medici sostenevano che ritirare un ventilatore era un atto di omicidio, proibito sia dalla legge sia dall’etica. Oggi, il ritiro del supporto ventilatorio è la causa di morte prossima più comune nei pazienti in terapia intensiva e il ritiro di questo supporto su richiesta di un paziente o surrogato è considerato un obbligo etico e legale. Il ritiro di un ventilatore contro i desideri del paziente o del surrogato, tuttavia, viene effettuato principalmente solo negli Stati e negli ospedali che consentono ai medici di ritirare unilateralmente il supporto vitale quando il trattamento è ritenuto inutile.
Le decisione di togliere a un paziente la possibilità di essere ventilato durante una pandemia al fine di rendere la risorsa disponibile per un altro paziente non può essere giustificata in nessuno dei due modi seguenti: non viene presa su richiesta del paziente o surrogato, né si può sostenere che il trattamento sia inutile . Anche se le possibilità di sopravvivenza potrebbero essere basse, in assenza della pandemia il trattamento sarebbe stato iniziato o continuato.
L’angoscia che i medici e gli infermieri possono provare quando viene chiesto loro di ‘staccare’ i ventilatori per ragioni non legate al benessere dei loro pazienti non deve essere sottovalutata: può portare a gravi conseguenze disabilitanti per alcuni clinici. Una strategia per evitare questo esito è quella di utilizzare un comitato di valutazione per proteggere i medici da questo potenziale danno. Gli Autori ritengono che tale comitato dovrebbe essere composto da volontari che sono clinici rispettati e leader tra i loro colleghi e nella comunità medica.
I vantaggi di questo approccio consistono nel fatto che esso permette ai medici e alle infermiere che assistono i pazienti di mantenere i loro ruoli di curanti, compresa l’opportunità di appellarsi alla decisione iniziale del comitato quando appropriato. Lavorando insieme per garantire decisioni coerenti e imparziali tra i gruppi di pazienti, il comitato deve avere la flessibilità di considerare i fattori che possono essere unici in una determinata situazione. Quando le circostanze cambiano e la disponibilità di ventilatori aumenta o diminuisce, il comitato può adattare i suoi criteri di razionamento per produrre i migliori risultati.
Oltre a sollevare i curanti dalla responsabilità della scelta, i membri del comitato dovrebbero anche assumersi il compito di comunicare la decisione alla famiglia. I medici curanti possono essere motivati a cercare di confortare la famiglia dicendo loro che la ventilazione meccanica non viene fornita perché sarebbe inutile, rassicurandoli sul fatto che è stato fatto tutto il possibile. Sebbene ben intenzionate, tali comunicazioni sono in realtà imprecise e potrebbero in definitiva minare la fiducia delle persone. Far comunicare ai membri del comitato queste decisioni assicurerebbe che il messaggio sia chiaro e accurato, contribuendo a prevenire confusione o incomprensioni.
Gli estensori dell’articolo ritengono anche che, allo stesso modo, i medici, gli infermieri o i terapisti respiratori che si prendono cura del paziente non dovrebbero essere tenuti a svolgere il processo di ritiro della ventilazione meccanica; dovrebbero invece essere supportati da un team che è disposto a svolgere questo ruolo e che ha capacità e competenza nelle cure palliative e nel supporto emotivo di pazienti e famiglie. Il dolore e la sofferenza alla fine della vita possono essere controllati e questi pazienti meritano il meglio che le cure palliative possono fornire.
A conclusione dell’articolo, Truog et al. rivendicano che sebbene alcune persone possano censurare i comitati di triage come “comitati della morte”, in realtà essi sarebbero esattamente l’opposto. Infatti il loro obiettivo è quello di salvare il maggior numero di vite possibile in un momento di crisi.
Penso che le raccomandazioni della SIAARTI, che hanno avuto l’enorme merito di riaprire il dibattito, in Italia e nel mondo, su come allocare risorse scarse in condizioni di emergenza siano perfettibili, anche sulla base dei tanti contributi che hanno evocato. Mi sembra, invece, che tutti i commenti che ne hanno radicalmente contestato l’impianto, anche chiudendo gli occhi di fronte al fatto che possa esistere l’emergenza, siano stati caratterizzati dall’elusione della risposta alla domanda per cui le raccomandazioni sono state proposte: “che cosa dobbiamo fare?”.
Massimo Sartori, Consulta di Bioetica sezione di Milano.
il 6 marzo era troppo presto per dire queste cose . Vuol dire che avevano tanta voglia di staccare la spina.