Torino, 9 dicembre 2023
COMUNICATO STAMPA n. 21/2023
LA PdL ‘UN CUORE CHE BATTE’ È ASSURDA E MORALMENTE RIPUGNANTE.
AL DI LÀ DEI TRIONFALISMI DI FACCIATA, LE FIRME RACCOLTE MOSTRANO CHE I PRO-LIFE SONO IN VIA D’ESTINZIONE E CHE C’È SPAZIO PER ALLARGARE LE LIBERTÀ RIPRODUTTIVE
Nei giorni scorsi varie organizzazioni pro-life hanno annunciato che la proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte” ha raccolto 106.000 firme, più del doppio delle 50.000 richieste per l’eventuale sua discussione in Parlamento.
La proposta di legge è orrenda e moralmente ripugnante: non vieta in sé l’aborto, ma lo ostacola prevedendo una modifica della L. 194/78 che imponga al medico l’obbligo di far vedere alla donna l’ecografia del feto e di ascoltarne il battito del cuore prima dell’intervento.
Al di là dell’assurdità etico-concettuale della proposta, i suoi promotori hanno salutato con grande soddisfazione il risultato ottenuto osservando che è “straordinario perché dà prova che esiste un popolo della vita […] molto più numeroso di quanto si pensi”, oppure che è un “risultato meraviglioso” frutto di “una straordinaria rete di collaborazione tra volontari delle varie realtà” che non si rassegnano ad accettare la 194/78 come “un pilastro della società”.
È vero che l’aver superato il limite previsto può essere rivendicato come un successo, ma il trionfalismo mostrato dalle organizzazioni pro-life è fuori luogo. Questo perché, prima di parlare di “miracolo” o di “possibile rinascita” della mentalità pro-life, è bene esaminare i dati. Cominciamo col Referendum 1981, quando i contrari all’aborto erano circa 10 milioni, pari al 32% degli elettori: la pratica legale era allora ai primi inizi, la Chiesa nettamente contro e il sentire diffuso ancora perplesso, ma già allora per la posizione pro-life quell’esito fu una débâcle, un netto tracollo.
Dopo 27 anni c’è stata un’altra forma di consultazione pubblica sull’aborto, perché in un contesto di grande attenzione al tema, alle elezioni politiche dell’aprile 2008 si presentò la lista monotematica “Aborto. No grazie!”, che ottenne 136.000 voti (per la precisione 135.578), pari allo 0.371% degli elettori. Dopo aver appreso l’esito del voto, il promotore della lista Giuliano Ferrara commentò: «Più che una sconfitta, una catastrofe: io ho lanciato un grido di dolore per un dramma [l’aborto] e gli elettori mi hanno risposto con un pernacchio». Ferrara prendeva atto che, in effetti, nel giro di poco meno di tre decenni la contrarietà all’aborto era calata più di 100 volte. Quel dato resta fondamentale perché è il più recente indicatore del numero dei contrari all’aborto e per questo va assunto come benchmark per eventuali confronti sul tema.
Oggi, a 15 anni di distanza, la raccolta firme fatta ci rivela che una proposta di legge meno esigente di quella del 2008 (tesa solo a scoraggiare l’aborto, non a vietarlo), è stata sottoscritta da 106.000 persone, ossia 30.000 in meno rispetto ai 136.000 del 2008, con una perdita secca di un altro 20% circa di consenso.
Ma dove sta il “risultato meraviglioso” annunciato? In che senso il popolo della vita sarebbe “molto più numeroso di quanto non si pensi” e ci sarebbe una sua “possibile rinascita”? È vero che chi ha un po’ di buon senso si aspetterebbe che i pro-life fossero ancor meno, ma i numeri mostrano che negli ultimi 15 anni hanno perso altre 30.000 unità, cioè che anche lo zoccolo duro è in progressiva diminuzione (passa a circa poco più dello 0.2%). Possiamo capire che i dirigenti pro-life cerchino di sostenere gli animi dei militanti e di contrastare lo sconforto, ma i numeri sono chiari e mostrano che i pro-life stanno diventando un po’ come i monarchici, che non sono scomparsi ma hanno perso rilievo pubblico e politico: ridotti al lumicino sono in via d’estinzione.
Gli uni perché non hanno capito che l’aristocrazia è ormai fuori tempo, gli altri perché non colgono lo spirito e la forza dei diritti riproduttivi che si stanno sempre più diffondendo.
Anche se la PdL “Un cuore che batte” ha superato il quorum richiesto, il risultato ottenuto dalla raccolta firme è una sostanziale sconfitta per la prospettiva pro-life: un altro tracollo, perché il calo dei consensi mostra che gli italiani vogliono mantenere il controllo della riproduzione acquisito con la contraccezione e con la l. 194/78. Invece di discutere l’assurda proposta di legge di iniziativa popolare è bene che il Parlamento cominci a prevedere un allargamento delle libertà riproduttive, in linea con quanto sta avvenendo nel mondo civile e avanzato in cui si promuovono i diritti riproduttivi e come proposto da tempo dalla Consulta di Bioetica Onlus.
Maurizio Mori
Presidente