LA PdL ‘UN CUORE CHE BATTE’ È ASSURDA E MORALMENTE RIPUGNANTE

Torino, 9 dicembre 2023 COMUNICATO STAMPA n. 21/2023 LA PdL ‘UN CUORE CHE BATTE’ È ASSURDA E MORALMENTE RIPUGNANTE. AL DI LÀ DEI TRIONFALISMI DI FACCIATA, LE FIRME RACCOLTE MOSTRANO CHE I PRO-LIFE SONO IN VIA D’ESTINZIONE E CHE C’È SPAZIO PER ALLARGARE LE LIBERTÀ RIPRODUTTIVE Nei giorni scorsi varie organizzazioni pro-life hanno annunciato che la proposta di legge di iniziativa popolare “Un cuore che batte” ha raccolto 106.000 firme, più del doppio delle 50.000 richieste per l’eventuale sua discussione in Parlamento.

SUL FUNERALE DI INDI GREGORY

Torino, 2 dicembre 2023 COMUNICATO STAMPA n. 20/2023 SUL FUNERALE DI INDI GREGORY: LA CONSULTA DI BIOETICA SI DISSOCIA DALL’ESIBIZIONE DEL TRICOLORE E NON SI SENTE AFFATTO RAPPRESENTATA DALLA PRESENZA DI DUE MINISTRI. SOSTEGNO AI MEDICI E GIUDICI BRITANNICI La Consulta di Bioetica Onlus rinnova la stima e la solidarietà ai medici e ai giudici britannici per aver provveduto con grande competenza, umanità e prontezza a tutelare il miglior interesse dell’infante INDI, evitando di continuare un intollerabile forma di inutile accanimento terapeutico, come risulta inequivocabilmente da tutte le relazioni cliniche riportate nelle sentenze della magistratura britannica. La Consulta di Bioetica si dissocia con nettezza dalla linea del Governo che ha voluto strumentalizzare un caso senza speranza al solo scopo ideologico di ribadire che in Italia varrebbe la sacralità della vita. Purtroppo i genitori di INDI sono stati illusi da alcuni irriducibili mestatori pro-life che ci fossero nuove terapie atte a salvarle la vita e anche per questo non sono riusciti a accettare la dura realtà asseverata da vari giudizi clinici indipendenti, tutti concordi sulla prognosi infausta a breve termine. In questo quadro, dispiace molto vedere che l’Ospedale Bambin Gesù di Roma si sia prestato al gioco meramente ideologico del Governo che ha offuscato la credibilità scientifica dell’Ospedale stesso. Infatti, a stare alle notizie diffuse dalla stampa, il Bambin Gesù non ha mai criticato la valutazione clinica fatta dai medici britannici: se è così che cosa di più avrebbero potuto fare in Italia? Data la situazione di terminalità di INDI, non restava altro che fornirle le cure palliative del caso, cosa che è stata fatta con perizia e professionalità a Nottingham, risparmiando a INDI le sofferenze e i disagi di un viaggio inutile e senza scopo. Come Italiani né ci siamo affatto sentiti rappresentati dalla presenza di due ministri al funerale di INDI né ci riconosciamo nell’esibizione del tricolore: fatto che anzi ci ha offeso perché la bandiera rappresenta tutti e non deve essere bistrattata per gli scopi di un’esigua parte. Va infatti rilevato che le 50mila firme raccolte a sostegno dei genitori di INDI sono un nulla se si considera il grande impegno profuso nella vicenda dal Governo e dai gruppi pro-life. Con tutto quel che è stato fatto sul tema, le firme avrebbero dovuto essere come minimo dieci volte tanto o anche di più. Insomma, un’altra brutta figura. Mentre ribadisce la stima per la linea seguita in Gran Bretagna nel prendersi cura di questi casi tragici riguardanti gli infanti (Charlie Gard, Alfie Evans, etc.), la Consulta di Bioetica Onlus auspica che anche da noi in Italia il miglior interesse dei minori sia tenuto come stella polare della pratica clinica pediatrica. Maurizio Mori Presidente   Rassegna stampa Belluno Press del 2 dicembre 2023 La Verità del 3 dicembre 2023  

Andare oltre la “pax italica” sull’aborto.

L’articolo di Maurizio Mori uscito su Studi e Analisi di Quotidiano Sanità del 25 settembre.
L’attuale “pax italica” sull’aborto appare un po’ strana e problematica. Mentre in tutto il mondo si è andati avanti riconoscendo i diritti riproduttivi che assegnano alle persone la sovranità sulle facoltà riproduttive, da noi ancora si discute su come meglio bilanciare i diritti della donna con quelli presunti del concepito. Restare fermi, quando tutto va avanti, è come arretrare. Il 28 settembre a Roma un convegno su come “allargare” i diritti riproduttivi

Comunicato Stampa: BILANCIO DELLA SENTENZA DOBBS SULL’ABORTO DOPO UN ANNO

Torino, 23 giugno 2023 COMUNICATO STAMPA n. 6/2023 24 GIUGNO 2023, BILANCIO DELLA SENTENZA DOBBS SULL’ABORTO DOPO UN ANNO: UN FALLIMENTO IMBARAZZANTE CHE SVUOTA LA PROSPETTIVA PRO-LIFE.   Un anno fa, il 24 giugno 2022, con la sentenza Dobbs vs Wade la Corte suprema ha rimandato ai singoli Stati americani il compito di decidere sull’aborto, cancellando la sentenza Roe vs Wade del 22 gennaio 1973 che per 49 anni, 5 mesi e 2 giorni ha garantito a tutte le donne americane il diritto all’aborto su base costituzionale. Al di là delle numerose manifestazioni pubbliche, alcune accompagnate da disordini che hanno fortemente diviso il paese, la sentenza Dobbs è presentata dai pro-life come un evento “niente meno che miracoloso” (Freiburger), che avrebbe “trasformato la nazione” (Dannenfelser) avvantaggiando la cultura della vita e bloccando la cultura della morte, e evitato circa 60.000 aborti (Marco Rubio). Insomma, da parte pro-life il bilancio della Dobbs è di gran lunga positivo, pur nella consapevolezza che ha segnato “la fine di un inizio” dal momento che l’aborto è stato fortemente limitato o pressoché vietato solo in 14 Stati su 50: anche i pro-life riconoscono che c’è quindi ancora molta strada da fare per arrivare all’obiettivo di evitare l’aborto. In realtà, togliendo la decisione sull’aborto alla Corte suprema (i giudici costituzionali) e ridando la parola agli elettori, la Dobbs si sta rivelando una vittoria di Pirro che si ritorce contro la stessa prospettiva pro-life: sorge il dubbio che i toni trionfali siano usati per mascherare oggettive difficoltà. Queste diventano palesi quando si considera che: In 36 Stati l’aborto è ancora largamente permesso; 8 Stati hanno modificato la legge, ammettendo l’aborto fino alla nascita; 4 Stati hanno inserito il diritto di aborto nella propria Costituzione (e altri lo stanno facendo); I pro-life stessi chiedono che si approvi una legge federali che proibisca l’aborto dopo la 15a settimana, lasciando aperta la possibilità ai singoli Stati di avere leggi più restrittive; I Democratici, dal canto loro, vogliono una legge federale che ammetta l’aborto con larghezza o anche fino alla nascita; Dal gennaio scorso, pur tra aspri contrasti, la RU-486 può essere recapitata per posta, così che entro le 10 settimane c’è l’aborto libero. La Corte suprema sta decidendo se vietare la distribuzione per posta negli Stati in cui l’aborto è vietato Quelli ricordati sono alcuni dei principali effetti sollecitati dalla Dobbs, che si è limitata a rendere molto più difficile l’aborto in 14 Stati, senza però affatto abolirlo nella nazione: ha creato gravissime difficoltà a circa 30 milioni di donne ma, dopo le elezioni di medio termine del novembre 2022, anche la “Susan B. Anthony Pro-Life America” (SBA), una delle maggiori associazioni pro-life degli Usa, chiede ai candidati alla Presidenza di promuovere una legge federale che ponga il limite delle 15 settimane, “che è un limite molto molto modesto […] se non s’impegnano a questo non avranno il sostegno della SBA” (Dannenfelser). A leggere queste dichiarazioni viene da dire che la Dobbs è stata è stata davvero “miracolosa”, ma in senso opposto a quello declamato dai pro-life. Infatti, ha qualcosa di “miracoloso” che i pro-life stessi propongano di ammettere l’aborto entro il limite delle 15 settimane. Accettato questo, il nucleo della proposta pro-life è svuotata dai suoi stessi proponenti. Ancor più interessante è che i pro-life sono giunti a questo risultato perché, senza questo limite delle 15 settimane, i possibili candidati alla Presidenza non sarebbero eletti: segno che pur dopo le tante dichiarazioni sulla “nuova giovane generazione pro-life” i cittadini e le cittadine non rinunciano al diritto di aborto. Quanto detto conferma che la Dobbs si è rivelata un fallimento imbarazzante per i pro-life, che forse speravano in una “riscossa popolare” contro l’aborto che invece non c’è proprio stata. Anzi, la reazione popolare è stata a favore della prospettiva opposta, la pro-choice che è fortemente sostenuta dall’Amministrazione americana, democratica, la quale dopo la Dobbs ha peraltro intensificato l’impegno perché l’Onu approvi l’aborto come nuovo diritto umano. Diverse fonti danno per ormai assodato che entro la fine del 2023 l’Onu includerà i “diritti riproduttivi” tra i diritti umani: questo passo certificherà il fallimento totale della Dobbs. Questo è il breve bilancio che può essere fatto nel primo anniversario della sentenza. Maurizio Mori Presidente

Comunicato stampa: RIFLESSIONI FERRAGOSTANE SULLA DECISIONE DEL MINISTRO SPERANZA SULLA RU 486

1) VIENE CRITICATA DAI PRO-LIFE ITALIANI SENZA RIFERIMENTO ALL’ETICA; 2) RIVELA LA PERSISTENTE CENTRALITA’ DELL’ABORTO NEL DIBATTITO BIOETICO DATA LA CONTEMPORANEA ALLA SCELTA DI KAMALA HARRIS COME POSSIBILE VICE PRESIDENTE USA.     In Italia, a Ferragosto la vita scorre più lentamente che in altri periodi, e quest’anno la pandemia Covid ha ulteriormente rallentato il ritmo lento di agosto. Forse anche per questo il ministro della salute Roberto Speranza ha pensato a sabato 8 agosto per annunciare nuove linee guida sull’aborto, arrivate puntualmente il 12 agosto. La novità principale è che “il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta straordinaria del 4 agosto 2020, ha espresso parere favorevole … al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico: − fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale; − presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital”. La Consulta di Bioetica ha già espresso apprezzamento per la nuova misura adottata, che pone l’Italia in linea con le più recenti acquisizioni scientifiche e con gli altri paesi avanzati, ma vuole tornare sul tema dal punto di vista etico per sottolineare due aspetti significativi di tale decisione. Il primo aspetto riguarda la natura delle critiche rivolte alla decisione del ministro Speranza, il cui nucleo centrale è compendiato nell’intervista-video del Presidente di Scienza&Vita, Alberto Gambino del 9 agosto 2020 (http://www.scienzaevita.org/video/perche-il-ministro-della-salute-sbaglia-sulla-ru486-intervista-video-al-presidente-di-sv/). In poco più di due minuti, Gambino ha riassunto con efficacia le varie obiezioni che dai pro-life sono state mosse alle nuove linee-guida: 1) la decisione del ministro è sbagliata per le gravi conseguenze che l’aborto farmacologico avrebbe per la salute della donna, la quale sarebbe lasciata a affrontare la procedure in totale solitudine;  2) la decisione del ministro banalizza l’interruzione della gravidanza, che verrebbe scelta con scarsa consapevolezza attraverso un farmaco finalizzato al “fai-da-te”; 3) la decisione del ministro suscita amarezza perché mostra che il Parlamento italiano ha fatto poco o nulla per prevenire l’aborto, mentre avrebbe potuto fare tanto; 4) l’estensione della RU486 fino a 9 settimane (contro le 7 previste sinora) conferma il programma di lasciare sola la donna in una scelta che comunque lascerebbe pesanti strascichi per la salute psico-fisica. Il punto che più balza all’occhio di queste critiche è la totale assenza di etica: il Presidente di Scienza&Vita, come gli altri critici intervenuti sul tema, non mettono più al centro i principi morali di condanna dell’aborto, ma sottolineano il fatto che la RU486 non andrebbe ammessa in day hospital per le gravi conseguenze che ciò potrebbe avere sulla salute fisica e psicologica della donna. Prendiamo atto con favore di questo nuovo indirizzo del dibattito, che lascia trasparire come ormai neanche a Scienza&Vita e Co. si creda più al divieto morale in proposito, o comunque non si ritenga opportuno insistere a ricordarlo. Sia pure con le modalità specifiche proprie del caso, sembra si verifichi qualcosa di simile a quanto già avvenuto con la contraccezione ormonale: dopo l’avvento della “pillola”, in una prima fase (anni ’60-primi ’70) si è insistito sull’immoralità della pratica contraccettiva, per poi spostare in una fase successiva (anni ’70-primi ’80) il discorso sui danni della pillola per la salute della donna. Non intendiamo entrare qui nel merito della questione clinica perché, purtroppo, ripetute esperienze avute in passato ci hanno portato a constatare come i pro-life rifiutino le evidenze scientifiche e continuino a insistere su tesi preconcette, per cui preferiamo evitare ulteriori contrasti. Il secondo aspetto da considerare riguarda la tempistica della decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486, che è stata presa negli stessi giorni in cui il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, ha scelto come vice-presidente Kamala Harris, donna fortemente impegnata in ambito pro-choice. La coincidenza temporale è quasi certamente casuale, ma se si guarda alla questione in una prospettiva di lunga durata, essa diventa simbolicamente interessante e significativa, perché per un verso rivela come l’aborto resti al centro dell’agenda bioetica e per un altro porta a interrogarci sul futuro del movimento pro-life e a chiederci come si svilupperà il dibattito sull’aborto. Da noi i pro-life italiani (Gambino in primis, ma anche la Pontificia Accademia per la Vita) evitano di mettere in campo considerazioni etiche per criticare la decisione del ministro Speranza, mentre negli U.S.A. viene scelta Kamala Harris alla vice-presidenza per contrastare Trump, osannato come “The Most Pro-Life President in History” in quanto già ha ostacolato il diritto di aborto e si dichiara pronto a cambiare le leggi per limitarlo e restringerlo. Mai come ora la bioetica è al centro delle scelte politiche e aspetto determinante della campagna elettorale americana! C’è qualcosa di incongruo e di stridente nel vedere Trump assurgere a paladino e campione dei pro-life, ma questo mostra come ormai anche negli U.S.A. l’opposizione all’aborto prescinda da considerazioni etiche connesse all’autorealizzazione personale e si riveli dipendente da considerazioni di altro tipo, forse di carattere politico o derivanti dagli antichi divieti contro il controllo umano del processo riproduttivo. Il fatto che oggi il fronte pro-life sia Trump-dipendente porta a interrogarci circa gli scenari futuri del dibattito sull’aborto. Supponiamo che a novembre 2020 Trump venga rieletto Presidente, e che riesca anche a cancellare la storica sentenza Roe vs Wade che negli USA ha liberalizzato l’aborto (magari nel 2023, nel 50° anniversario): si confermerebbe come The Most Pro-Life President, ma al prezzo di creare una profonda spaccatura sociale. Se, invece, però, la Roe vs. Wade rimanesse in vigore nonostante gli sforzi del Presidente più pro-life di tutti, ciò equivarrebbe a riconoscere che l’aborto è diritto costituzionale.  Supponiamo d’altro canto che il prossimo novembre Trump non sia rieletto, e che Kamala Harris diventi vice-presidente degli Stati Uniti: molto probabilmente in breve tempo l’aborto verrà riconosciuto essere un “diritto umano delle donne”, come richiesto da diversi settori dell’ONU. E che ne sarà delle attuali opposizioni pro-life? Se già ora i pro-life italiani evitano il riferimento all’etica per criticare l’apertura di Speranza alla RU486, come faranno a sostenere le critiche all’aborto senza il sostegno di Trump? La decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486 è saggia e la contemporaneità con la scelta di Kamala Harris alla vice-presidenza USA mostra che il dibattito sull’aborto sta entrando in una nuova fase caratterizzata da un ampliamento della libertà e dell’autodeterminazione della donna, ampliamento che è destinato a estendersi al controllo del processo riproduttivo umano. Maurizio Mori Presidente Corrado Melega Coordinatore Sezione di Bologna