Torino, 23 giugno 2023
COMUNICATO STAMPA n. 6/2023
24 GIUGNO 2023,
BILANCIO DELLA SENTENZA DOBBS SULL’ABORTO DOPO UN ANNO:
UN FALLIMENTO IMBARAZZANTE CHE SVUOTA LA PROSPETTIVA PRO-LIFE.
Un anno fa, il 24 giugno 2022, con la sentenza Dobbs vs Wade la Corte suprema ha rimandato ai singoli Stati americani il compito di decidere sull’aborto, cancellando la sentenza Roe vs Wade del 22 gennaio 1973 che per 49 anni, 5 mesi e 2 giorni ha garantito a tutte le donne americane il diritto all’aborto su base costituzionale.
Al di là delle numerose manifestazioni pubbliche, alcune accompagnate da disordini che hanno fortemente diviso il paese, la sentenza Dobbs è presentata dai pro-life come un evento “niente meno che miracoloso” (Freiburger), che avrebbe “trasformato la nazione” (Dannenfelser) avvantaggiando la cultura della vita e bloccando la cultura della morte, e evitato circa 60.000 aborti (Marco Rubio). Insomma, da parte pro-life il bilancio della Dobbs è di gran lunga positivo, pur nella consapevolezza che ha segnato “la fine di un inizio” dal momento che l’aborto è stato fortemente limitato o pressoché vietato solo in 14 Stati su 50: anche i pro-life riconoscono che c’è quindi ancora molta strada da fare per arrivare all’obiettivo di evitare l’aborto.
In realtà, togliendo la decisione sull’aborto alla Corte suprema (i giudici costituzionali) e ridando la parola agli elettori, la Dobbs si sta rivelando una vittoria di Pirro che si ritorce contro la stessa prospettiva pro-life: sorge il dubbio che i toni trionfali siano usati per mascherare oggettive difficoltà. Queste diventano palesi quando si considera che:
- In 36 Stati l’aborto è ancora largamente permesso;
- 8 Stati hanno modificato la legge, ammettendo l’aborto fino alla nascita;
- 4 Stati hanno inserito il diritto di aborto nella propria Costituzione (e altri lo stanno facendo);
- I pro-life stessi chiedono che si approvi una legge federali che proibisca l’aborto dopo la 15a settimana, lasciando aperta la possibilità ai singoli Stati di avere leggi più restrittive;
- I Democratici, dal canto loro, vogliono una legge federale che ammetta l’aborto con larghezza o anche fino alla nascita;
- Dal gennaio scorso, pur tra aspri contrasti, la RU-486 può essere recapitata per posta, così che entro le 10 settimane c’è l’aborto libero. La Corte suprema sta decidendo se vietare la distribuzione per posta negli Stati in cui l’aborto è vietato
Quelli ricordati sono alcuni dei principali effetti sollecitati dalla Dobbs, che si è limitata a rendere molto più difficile l’aborto in 14 Stati, senza però affatto abolirlo nella nazione: ha creato gravissime difficoltà a circa 30 milioni di donne ma, dopo le elezioni di medio termine del novembre 2022, anche la “Susan B. Anthony Pro-Life America” (SBA), una delle maggiori associazioni pro-life degli Usa, chiede ai candidati alla Presidenza di promuovere una legge federale che ponga il limite delle 15 settimane, “che è un limite molto molto modesto […] se non s’impegnano a questo non avranno il sostegno della SBA” (Dannenfelser).
A leggere queste dichiarazioni viene da dire che la Dobbs è stata è stata davvero “miracolosa”, ma in senso opposto a quello declamato dai pro-life. Infatti, ha qualcosa di “miracoloso” che i pro-life stessi propongano di ammettere l’aborto entro il limite delle 15 settimane. Accettato questo, il nucleo della proposta pro-life è svuotata dai suoi stessi proponenti. Ancor più interessante è che i pro-life sono giunti a questo risultato perché, senza questo limite delle 15 settimane, i possibili candidati alla Presidenza non sarebbero eletti: segno che pur dopo le tante dichiarazioni sulla “nuova giovane generazione pro-life” i cittadini e le cittadine non rinunciano al diritto di aborto.
Quanto detto conferma che la Dobbs si è rivelata un fallimento imbarazzante per i pro-life, che forse speravano in una “riscossa popolare” contro l’aborto che invece non c’è proprio stata. Anzi, la reazione popolare è stata a favore della prospettiva opposta, la pro-choice che è fortemente sostenuta dall’Amministrazione americana, democratica, la quale dopo la Dobbs ha peraltro intensificato l’impegno perché l’Onu approvi l’aborto come nuovo diritto umano. Diverse fonti danno per ormai assodato che entro la fine del 2023 l’Onu includerà i “diritti riproduttivi” tra i diritti umani: questo passo certificherà il fallimento totale della Dobbs.
Questo è il breve bilancio che può essere fatto nel primo anniversario della sentenza.
Maurizio Mori
Presidente