Andare oltre la “pax italica” sull’aborto.

ANDARE OLTRE LA “PAX ITALICA” SULL’ABORTO 

25 SET –  QUOTIDIANO SANITÀ – di Maurizio Mori

L’attuale “pax italica” sull’aborto appare un po’ strana e problematica. Mentre in tutto il mondo si è andati avanti riconoscendo i diritti riproduttivi che assegnano alle persone la sovranità sulle facoltà riproduttive, da noi ancora si discute su come meglio bilanciare i diritti della donna con quelli presunti del concepito. Restare fermi, quando tutto va avanti, è come arretrare. Il 28 settembre a Roma un convegno su come “allargare” i diritti riproduttivi

Non so se sia il caso di andare a cercare di capire come mai, ma è un fatto che in Italia circa l’aborto pare ci sia un accordo generale e sia scoppiata la pace. Tutti, da Giorgia Meloni capo del governo più conservatore della Repubblica, al cardinale Matteo Zuppi presidente più progressista della Conferenza Episcopale Italiana, ai rappresentanti del PD o dei 5 Stelle, tutti ma proprio tutti sono d’accordo che la 194/78 non s’ha da toccare: dopo 45 anni va bene com’è! Si dice che sia un punto d’equilibrio virtuoso e magico da non modificare. I dissensi riguardano al massimo come applicare la Legge, con richieste in direzioni opposte che si annullano tra loro così che la situazione resta com’era e tutto rimane inalterato.

Eppure, nel resto del mondo di aborto si discute e molto, e con contrasti forti e netti. Questo perché – piaccia o no – nell’ultimo mezzo secolo tante cose sono cambiate circa l’ambito riproduttivo, a partire dal fatto che oggi abbiamo l’aborto farmacologico e che la coscienza civile sui ruoli di genere è molto diversa da quella che si aveva negli anni ’70 quando di queste tematiche si è cominciato a parlare. Al cambiamento ha contribuito molto la Legge 194/78, che è stata una fondamentale conquista culturale e sociale. Ma 45 anni fa il contesto culturale era molto diverso: allora si partiva dal presupposto che la maternità fosse competenza “naturale” della donna, e l’idea stessa dei diritti sessuali e riproduttivi era ancora da venire. L’alternativa era tra “aborto no, secco e netto/aborto sì, almeno in caso di estrema necessità”, al fine di evitare tragedie ancora più gravi.

A fronte di quest’alternativa la 194/78 è riuscita a garantire ampi margini di libertà, sulla scorta della prospettiva progressista che l’informava. Cionondimeno la Legge deriva da quel contesto culturale di mezzo secolo fa, che ora è radicalmente cambiato. Oltre alle novità scientifiche, c’è il fatto che il controllo riproduttivo è diventato un diritto e il rispetto della salute riproduttiva un dovere di sanità pubblica. Da 30 anni all’Onu si lavora alacremente perché i diritti riproduttivi (che includono l’accesso all’aborto) siano riconosciuti come nuovo diritto umano. In Europa, dopo che Macron ha lanciato l’idea nel gennaio 2022, si pensa a come inserire il diritto d’aborto nella Carta dell’Unione Europea. In America Latina, invece, le Corti costituzionali intervengono per legalizzare l’aborto, più o meno come avveniva negli anni ’70-80 del secolo scorso da noi in Europa, dove ormai anche Stati come San Marino o Andorra dopo resistenze estenuanti sono venuti a ammettere l’aborto.

Più interessante è ciò che sta accadendo negli Stati Uniti, dove negli anni scorsi c’è stata una rinascita del pro-lifeismo e lo scontro tra pro-life e pro-choice ha assunto forme nuove, diventando particolarmente significativo. Dal 1973 negli Usa l’aborto era un diritto su basi costituzionali regolato dalla storica sentenza Roe vs Wade, che prevedeva soluzioni un po’ più avanzate ma sostanzialmente equivalenti a quelle della nostra 194/78. Si contestava che il diritto d’aborto fosse stato imposto “dall’alto”, cioè dai 9 giudici della Corte Suprema. Sull’onda del trumpismo la nuova sentenza Dobbs vs Mississippi (24 giugno 2022) ha annullato la Roe assegnando ai singoli Stati il compito di regolare l’aborto, forse nella convinzione che sarebbe stato limitato.

A poco più di un anno si fa fatica a fare bilanci solidi. Ma l’impressione è che la Dobbs si stia rivelando un boomerang che ritorna a colpire chi l’ha lanciato. Infatti, per assicurare il minimo garantito in materia, l’amministrazione Biden (democratica) ha sbloccato antichi regolamenti rendendo il mefipristone (la RU486) disponibile per posta, così che l’aborto farmacologico è oggi disponibile a richiesta. La nuova disposizione è sotto giudizio della Corte Suprema, ma ormai da mesi l’aborto è libero fino alla 10a settimana. È vero che in 13 Stati l’aborto è stato limitato, ma è altrettanto vero che in altri Stati il diritto d’aborto è stato ampliato e che in 3 è stato messo in Costituzione. Anche in Ohio nel prossimo novembre si voterà se inserirlo o no in Costituzione e le previsioni sono per il sì, nonostante da sempre l’Ohio sia uno Stato conservatore (repubblicano).

A conferma di questo trend sta che dalla Dobbs a oggi negli Stati Uniti sull’aborto si è votato per ben 6 volte e sempre i pro-life hanno clamorosamente perso. È per questo che la Dobbs pare abbia avuto un effetto boomerang, e forse è per questo che Donald Trump, in una discussa intervista dei giorni scorsi, ha detto che sull’aborto non si possono tenere posizioni nette e si deve mediare (altrimenti si perde).

Il punto interessante della situazione americana sta nel fatto che oggi i termini tra cui mediare sono sostanzialmente i seguenti:
– Posizione pro-life “dura e pura”, sostenuta per esempio da Mike Pence (candidato alle presidenziali e ex-vice di Trump), che chiede una nuova legge federale per vietare in tutti gli USA l’aborto dopo la 15a settimana, lasciando ai singoli Stati la facoltà di leggi più restrittive, come in Texas dove è vietato alla 6a settimana o in Alabama dove lo è dal concepimento.
– Posizione di Trump, per il quale è eccessiva e perdente l’idea di una legge federale che vieti l’aborto dappertutto dopo la 15a settimana. Con realismo e tatto in ciascun singolo Stato si deve mediare per vedere se e fin dove è possibile arrivare circa il divieto d’aborto.
– Posizione pro-choice, che chiede una nuova legge federale capace di garantire dappertutto l’aborto on demand, cioè a richiesta della donna per larga parte della gravidanza o anche fino alla fine. In 9 Stati degli USA già è così e in 3 Stati il diritto d’aborto già è stato messo in Costituzione, mentre altri – Ohio incluso – si preparano a farlo a breve e c’è grande fermento al riguardo.

Una parola va forse detta sul significato etico-filosofico dell’inserimento del diritto d’aborto in Costituzione: punto che rivela la svolta concettuale e antropologica del nostro tempo. Mettere in Costituzione tale diritto è rompere col paradigma tradizionale in cui la donna è vista come madre, per affermare che il controllo riproduttivo è diritto costitutivo della persona. Un cambiamento epocale che trasforma la concezione della persona, che ora diventa signora di sé medesima: un paradigma nuovo ormai recepito in vari Stati del mondo e che sta per esserlo anche dall’Unione Europea.

I tre termini di dibattito che caratterizzano la situazione americana sono di grande significato perché negli Stati Uniti tra pro-life e pro-choice è in corso un nuovo grande scontro paradigmatico che fa emergere il radicale cambiamento del quadro concettuale intervenuto circa l’aborto: mezzo secolo fa si discuteva sull’alternativa tra “aborto no, mai/aborto sì in qualche caso eccezionale”, mentre ora anche i pro-life riconoscono che fino alla 15a settimana non è più possibile vietare l’aborto se non in situazioni particolari. L’alternativa è cambiata e ora è tra “aborto sì solo fino alla 15a settimana/aborto sì sempre (e on demand)”. Quest’ultima è, infatti, la proposta dei pro-choice che in Usa chiedono una legge federale che vada oltre quanto era previsto dalla Row vs Wade.

La presenza del nuovo quadro concettuale è fondamentale perché indicativa di una tendenza più generale diffusa nel mondo. Per questo l’attuale “pax italica” sull’aborto appare un po’ strana e problematica. Mentre in tutto il mondo si è andati avanti riconoscendo i diritti riproduttivi che assegnano alle persone la sovranità sulle facoltà riproduttive, da noi ancora si discute su come meglio bilanciare i diritti della donna con quelli presunti del concepito. Restare fermi, quando tutto va avanti, è come arretrare.

È per questo la Consulta di Bioetica Onlus e l’Associazione Amica hanno organizzato un Convegno dal titolo “Modificare la Legge 194/78 per allargare i diritti riproduttivi”, che si terrà il 28 settembre 2023 presso la sede centrale della CGIL a Roma in corso d’Italia 25, come da programma allegato. In questo momento difficile e complicato, in cui si temono rigurgiti iper-conservatori è opportuno rilanciare il dibattito culturale con tesi alte atte a far emergere nuovi problemi senza nasconderli sotto il tappeto.

La riflessione etico-filosofica ha il compito specifico di esaminare lo status delle problematiche attuali al fine di aprire nuove prospettive ideali in vista di possibili soluzioni normative. Il Convegno in programma non è a tesi predeterminate, per cui non è dato sapere in anticipo quali saranno le soluzioni proposte dagli studiosi invitati. L’auspicio è che sollevi molti dubbi sull’attuale strana “pax italica” circa l’aborto, che scandisca forte e chiaro che oggi vanno affermati i diritti riproduttivi, e che lanci qualche nuova idea su come attuarli: il dibattito coi partecipanti è componente essenziale della ricerca culturale in atto nel Convegno.

Maurizio Mori
Presidente Consulta di Bioetica Onlus, componente Comitato Nazionale per la Bioetica