Andare oltre la “pax italica” sull’aborto.

L’articolo di Maurizio Mori uscito su Studi e Analisi di Quotidiano Sanità del 25 settembre.
L’attuale “pax italica” sull’aborto appare un po’ strana e problematica. Mentre in tutto il mondo si è andati avanti riconoscendo i diritti riproduttivi che assegnano alle persone la sovranità sulle facoltà riproduttive, da noi ancora si discute su come meglio bilanciare i diritti della donna con quelli presunti del concepito. Restare fermi, quando tutto va avanti, è come arretrare. Il 28 settembre a Roma un convegno su come “allargare” i diritti riproduttivi

Comunicato stampa: RIFLESSIONI FERRAGOSTANE SULLA DECISIONE DEL MINISTRO SPERANZA SULLA RU 486

1) VIENE CRITICATA DAI PRO-LIFE ITALIANI SENZA RIFERIMENTO ALL’ETICA; 2) RIVELA LA PERSISTENTE CENTRALITA’ DELL’ABORTO NEL DIBATTITO BIOETICO DATA LA CONTEMPORANEA ALLA SCELTA DI KAMALA HARRIS COME POSSIBILE VICE PRESIDENTE USA.     In Italia, a Ferragosto la vita scorre più lentamente che in altri periodi, e quest’anno la pandemia Covid ha ulteriormente rallentato il ritmo lento di agosto. Forse anche per questo il ministro della salute Roberto Speranza ha pensato a sabato 8 agosto per annunciare nuove linee guida sull’aborto, arrivate puntualmente il 12 agosto. La novità principale è che “il Consiglio Superiore di Sanità, nella seduta straordinaria del 4 agosto 2020, ha espresso parere favorevole … al ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico: − fino a 63 giorni pari a 9 settimane compiute di età gestazionale; − presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori, oppure day hospital”. La Consulta di Bioetica ha già espresso apprezzamento per la nuova misura adottata, che pone l’Italia in linea con le più recenti acquisizioni scientifiche e con gli altri paesi avanzati, ma vuole tornare sul tema dal punto di vista etico per sottolineare due aspetti significativi di tale decisione. Il primo aspetto riguarda la natura delle critiche rivolte alla decisione del ministro Speranza, il cui nucleo centrale è compendiato nell’intervista-video del Presidente di Scienza&Vita, Alberto Gambino del 9 agosto 2020 (http://www.scienzaevita.org/video/perche-il-ministro-della-salute-sbaglia-sulla-ru486-intervista-video-al-presidente-di-sv/). In poco più di due minuti, Gambino ha riassunto con efficacia le varie obiezioni che dai pro-life sono state mosse alle nuove linee-guida: 1) la decisione del ministro è sbagliata per le gravi conseguenze che l’aborto farmacologico avrebbe per la salute della donna, la quale sarebbe lasciata a affrontare la procedure in totale solitudine;  2) la decisione del ministro banalizza l’interruzione della gravidanza, che verrebbe scelta con scarsa consapevolezza attraverso un farmaco finalizzato al “fai-da-te”; 3) la decisione del ministro suscita amarezza perché mostra che il Parlamento italiano ha fatto poco o nulla per prevenire l’aborto, mentre avrebbe potuto fare tanto; 4) l’estensione della RU486 fino a 9 settimane (contro le 7 previste sinora) conferma il programma di lasciare sola la donna in una scelta che comunque lascerebbe pesanti strascichi per la salute psico-fisica. Il punto che più balza all’occhio di queste critiche è la totale assenza di etica: il Presidente di Scienza&Vita, come gli altri critici intervenuti sul tema, non mettono più al centro i principi morali di condanna dell’aborto, ma sottolineano il fatto che la RU486 non andrebbe ammessa in day hospital per le gravi conseguenze che ciò potrebbe avere sulla salute fisica e psicologica della donna. Prendiamo atto con favore di questo nuovo indirizzo del dibattito, che lascia trasparire come ormai neanche a Scienza&Vita e Co. si creda più al divieto morale in proposito, o comunque non si ritenga opportuno insistere a ricordarlo. Sia pure con le modalità specifiche proprie del caso, sembra si verifichi qualcosa di simile a quanto già avvenuto con la contraccezione ormonale: dopo l’avvento della “pillola”, in una prima fase (anni ’60-primi ’70) si è insistito sull’immoralità della pratica contraccettiva, per poi spostare in una fase successiva (anni ’70-primi ’80) il discorso sui danni della pillola per la salute della donna. Non intendiamo entrare qui nel merito della questione clinica perché, purtroppo, ripetute esperienze avute in passato ci hanno portato a constatare come i pro-life rifiutino le evidenze scientifiche e continuino a insistere su tesi preconcette, per cui preferiamo evitare ulteriori contrasti. Il secondo aspetto da considerare riguarda la tempistica della decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486, che è stata presa negli stessi giorni in cui il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, ha scelto come vice-presidente Kamala Harris, donna fortemente impegnata in ambito pro-choice. La coincidenza temporale è quasi certamente casuale, ma se si guarda alla questione in una prospettiva di lunga durata, essa diventa simbolicamente interessante e significativa, perché per un verso rivela come l’aborto resti al centro dell’agenda bioetica e per un altro porta a interrogarci sul futuro del movimento pro-life e a chiederci come si svilupperà il dibattito sull’aborto. Da noi i pro-life italiani (Gambino in primis, ma anche la Pontificia Accademia per la Vita) evitano di mettere in campo considerazioni etiche per criticare la decisione del ministro Speranza, mentre negli U.S.A. viene scelta Kamala Harris alla vice-presidenza per contrastare Trump, osannato come “The Most Pro-Life President in History” in quanto già ha ostacolato il diritto di aborto e si dichiara pronto a cambiare le leggi per limitarlo e restringerlo. Mai come ora la bioetica è al centro delle scelte politiche e aspetto determinante della campagna elettorale americana! C’è qualcosa di incongruo e di stridente nel vedere Trump assurgere a paladino e campione dei pro-life, ma questo mostra come ormai anche negli U.S.A. l’opposizione all’aborto prescinda da considerazioni etiche connesse all’autorealizzazione personale e si riveli dipendente da considerazioni di altro tipo, forse di carattere politico o derivanti dagli antichi divieti contro il controllo umano del processo riproduttivo. Il fatto che oggi il fronte pro-life sia Trump-dipendente porta a interrogarci circa gli scenari futuri del dibattito sull’aborto. Supponiamo che a novembre 2020 Trump venga rieletto Presidente, e che riesca anche a cancellare la storica sentenza Roe vs Wade che negli USA ha liberalizzato l’aborto (magari nel 2023, nel 50° anniversario): si confermerebbe come The Most Pro-Life President, ma al prezzo di creare una profonda spaccatura sociale. Se, invece, però, la Roe vs. Wade rimanesse in vigore nonostante gli sforzi del Presidente più pro-life di tutti, ciò equivarrebbe a riconoscere che l’aborto è diritto costituzionale.  Supponiamo d’altro canto che il prossimo novembre Trump non sia rieletto, e che Kamala Harris diventi vice-presidente degli Stati Uniti: molto probabilmente in breve tempo l’aborto verrà riconosciuto essere un “diritto umano delle donne”, come richiesto da diversi settori dell’ONU. E che ne sarà delle attuali opposizioni pro-life? Se già ora i pro-life italiani evitano il riferimento all’etica per criticare l’apertura di Speranza alla RU486, come faranno a sostenere le critiche all’aborto senza il sostegno di Trump? La decisione del ministro Speranza di allargare l’uso della RU486 è saggia e la contemporaneità con la scelta di Kamala Harris alla vice-presidenza USA mostra che il dibattito sull’aborto sta entrando in una nuova fase caratterizzata da un ampliamento della libertà e dell’autodeterminazione della donna, ampliamento che è destinato a estendersi al controllo del processo riproduttivo umano. Maurizio Mori Presidente Corrado Melega Coordinatore Sezione di Bologna

Comunicato Stampa: BRAVO Roberto Speranza, finalmente un passo a favore delle donne

L’ITALIA SI ALLINEA COSÌ CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI AVANZATI.   Apprendiamo che il ministro Speranza ha stabilito che le donne che lo richiedono potranno assumere la Ru486 senza ricovero e fino alla nona settimana di gravidanza, rispetto alle sette previste sinora. Come spiegato dallo stesso ministro, dopo dieci anni era opportuno aggiornare le vecchie linee guida diventate obsolete, perché le evidenze scientifiche sostengono l’opportunità di allargare la libertà delle donne, consentendo l’aborto farmacologico in regime ambulatoriale/domiciliare, in linea con quanto ormai avviene nei paesi avanzati. La Consulta di Bioetica è stupita dalle scomposte proteste dei movimenti pro-life che da anni ripetono i soliti slogan stantii, e condivide le parole del ministro Speranza secondo cui quello compiuto “è un passo avanti importante nel pieno rispetto della 194 che è e resta una legge di civiltà del nostro Paese”. Maurizio Mori Presidente Corrado Melega Coordinatore sezione di Bologna

Comunicato stampa: Carlo Flamigni, in memoriam

CARLO FLAMIGNI, scienziato, fautore della libertà riproduttiva delle donne come base dei diritti civili di autonomia socializzata, e Socio Onorario della Consulta di Bioetica Onlus   Come capitava regolarmente, anche domenica 28 giugno pomeriggio ho avuto una lunga telefonata con Carlo: mi parlava del libro che stava scrivendo. Lo sentivo affaticato, ma non demordeva nell’impegno. Ci siamo messi d’accordo che nella seconda metà di luglio sarei andato a fargli visita a Forlì seguendo con rigore le regole del distanziamento fisico. Per vari contrattempi nel corso della settimana non ci siamo più sentiti, e domenica 4 luglio verso le 14:00 l’ho chiamato ai vari numeri per salutarlo. Non ho avuto risposta, ma capitava spesso sapevo che poi mi avrebbe richiamato. Alle 19:18, infatti, mi squilla il telefono e dopo una iniziale pausa affaticata sento la sua inconfondibile voce con tono molto basso: “Maurizio, volevo salutarti”. Subito ho capito, e ho risposto: “Carlo, adesso non si può, ma tra qualche giorno ci vediamo”. “Non credo sarà possibile” è stata la risposta pacata e rilassata. “Carlo … grazie per il gesto di amicizia …” ma il groppo alla gola mi ha impedito di continuare. Stavo cercando di ricompormi e scusarmi per l’emotività, ma mi ha preceduto e con solennità spossata: “Non preoccuparti! Va (o sta) bene, ciao”, e ha chiuso la comunicazione. Carlo mi ha concesso un privilegio raro, rarissimo, che racconto perché mette in luce un aspetto del modo di essere di Flamigni che merita di essere valorizzato: salutare gli amici è gesto meraviglioso che manifesta la volontà di non lasciare nulla in sospeso e, in qualche modo, di trasmettere continuità. Nel saluto c’è sempre un messaggio di vita. Con la sua ultima telefonata Flamigni ha voluto fare molto più che salutarmi: ha voluto continuare i tanti discorsi, le tante riflessioni, le tante iniziative fatte insieme. Quel saluto è il commiato del saggio che ha capito che l’esistenza è giunta a compimento, e che lascia agli altri il testimone. Quel saluto, fatto con semplicità e naturalezza, vuole essere un originale contributo all’elaborazione di una nuova ritualità secolare per la chiusura dell’esistenza: nel mondo secolarizzato siamo alla ricerca di nuove simbolizzazioni, e Flamigni ha gettato una pietra anche in quella direzione. La sua creatività è riuscita a aprire una nuova strada in questo ambito. Quel saluto ha mostrato che l’autonomia individuale da sempre sostenuta da Flamigni non è affatto solipsista e egotista (come dicono i critici), ma è aperta alla socialità, agli altri e alle generazioni. Questo era Flamigni: una personalità autentica capace di scrutare i meandri del gran fiume della vita; un grande scienziato che con tenacia ha sostenuto e applicato lo “scetticismo organizzato” di Merton; un cittadino impegnato nella vita pubblica a sostenere la giustizia sociale a tutti i livelli; un grande umanista dalla cultura sterminata in campo letterario, storico, sociale. In quest’ultimo campo ha proposto l’idea della “isola degli stranieri morali” come criterio che consentisse la pacifica convivenza dei cittadini all’interno delle società contemporanee caratterizzate da un ineliminabile pluralismo etico e abitate da religiosi di ogni tipo e atei di diverse tendenze. Ho conosciuto Flamigni a uno dei primi Convegni sulla fecondazione assistita organizzati in Italia all’Università di Parma da Marina Mengarelli: ero ancora dottorando e per quasi quarant’anni abbiamo collaborato in modo costante, condividendo tante iniziative, mettendo a segno qualche vittoria, e registrando molti insuccessi. Sì, insuccessi! Perché le tendenze conservatrici erano potentissime e pareva fosse impossibile scalfire l’ordito dell’ordine tradizionale. Flamigni era sì noto e conosciuto, ma non bisogna credere che la chiara fama gli garantisse onori e celebrità: al contrario, è riuscito a garantire a tutti noi innovazioni fondamentali pur essendo in minoranza e spesso denigrato. Gli italiani gli devono tre conquiste decisive: Negli anni ’60, con l’inseparabile amico e collega Ettore Cittadini, la lotta per la contraccezione, fortemente contrastata dai conservatori; Negli anni ’70 la lotta per la liceità dell’aborto col contributo dato alla 194/78: “legge che dopo 40 anni sta ancora solida e è capace di regolare la pratica!”, come diceva: convinzione che l’ha portato a credere che anche l’aborto farmacologico (con la somministrazione della RU486) rientrasse nell’impianto e nell’ambito della legge; Negli anni ’80 la lotta per la fecondazione assistita, tecnica che ha radicalmente rivoluzionato il futuro della riproduzione, come abbiamo messo in luce nei tre volumi che abbiamo scritto assieme sull’etica delle nuove tecniche riproduttive (l’ultimo dei quali dal titolo: Questa è la scienza, bellezze! Ananke, Torino, 2016). Vi pare poco? Chi altro è riuscito a fare tanto?! Ero troppo giovane per avere ricordi diretti sulle sue azioni a favore di contraccezione e aborto, che sono presentate nel volume da poco uscito di Marina Flamigni, I diritti che camminano, (Pendragon, Bologna), ma ho centinaia di aneddoti sulla fecondazione assistita, soprattutto quelli collegati alla Legge 40/04 e al mancato successo del Referendum 2005. Molti di quegli eventi sono presentati nei diversi contributi contenuti nei volumi in onore rispettivamente dei suoi 80 e 85 anni (Editore Le Lettere, Firenze, 2013; e Ananke, Torino, 2018), che danno l’idea della poliedricità dei suoi interessi e la profondità delle riflessioni, l’efficacia e tenacia dell’impegno politico-sociale. Le Postille di Flamigni ai Pareri del Comitato Nazionale per la Bioetica meriteranno uno studio apposito e qualche volta si pongono come una sorta di voce del “Comitato Ombra”. Al CNB è stato protagonista delle principali controversie, anche se la sua voce autorevole finiva per essere per lo più minoritaria per ragioni di schieramento. Flamigni compare tra i soci fondatori della Consulta di Bioetica, contattato direttamente da Renato Boeri. Con l’Associazione ha collaborato sin dai primi momenti e l’ha sempre sostenuta: numerose volte è intervenuto ai Convegni Nazionali che la Consulta da ormai un decennio tiene a Novi Ligure, affascinando gli ascoltatori e sollecitando il dibattito. Il messaggio di autonomia socializzata proposto da Flamigni è incardinato nella prospettiva della Consulta, che continuerà non solo a tenere vivo il suo ricordo ma anche e soprattutto a realizzare i suoi progetti. Maurizio Mori Presidente   Rassegna stampa: Forlì Today Repubblica Bologna La Stampa Il Fatto Quotidiano Corriere.it Il Sole XXIV ore Il Riformista Agi Il Resto del Carlino Il Secolo XIX Il Messaggero Gazzetta di Parma Libero TGcom24 Sky Ansa Huffington Post Ravenna Notizie Unione Sarda UAAR Luca Coscioni Radio Popolare