A Novi Ligure nel fine settimana scorso (13-14 aprile) si è tenuto il IX° Convegno Nazionale della Consulta di Bioetica Onlus sul tema “Come e quanto sarà applicata la nuova legge sul biotestamento? Gli operatori sanitari e la ricezione delle norme innovative in campo biomedico”.
Numerosi soci dell’Associazione provenienti da tutt’Italia assieme a operatori sanitari e comuni cittadini interessati alle questioni bioetiche hanno riempito la sala della Biblioteca comunale di Novi Ligure, ascoltando e dibattendo idee interessanti e innovative soprattutto sull’applicazione della nuova legge sul biotestamento.
Il dr. Giacomo Orlando, vice-presidente della Consulta di Bioetica e responsabile della Sezione di Novi, ha aperto i lavori ricordando che è stata proprio la Consulta a presentare in Italia la prima proposta di testamento biologico nel marzo del 1990, e che l’approvazione della legge ha richiesto ben 27 anni. L’assessore alla cultura di Novi, Cecilia Bergaglio, ha portato i saluti dell’Amministrazione comunale e ricordato come a Novi Ligure già da anni ci sia il registro per il deposito del testamento biologico. Durante la presentazione del programma del Convegno uno scrosciante, lungo e spontaneo applauso del pubblico è stato indirizzato all’onorevole Donata Lenzi, relatrice alla Camera del ddl e presente al Convegno, per il lavoro svolto per il varo della legge 219/17. Il segno di plauso è stato un momento molto significativo che come minimo ha espresso in modo tangibile la riconoscenza dei cittadini verso chi ha saputo far funzionare le istituzioni al fine di dare risposte efficaci a esigenze sociali sentite e diffuse: riconoscimento che si è esteso anche ad altre due relatrici al Convegno, l’onorevole Pia Locatelli e la senatrice Manuela Repetti, che ha sottolineato l’esigenza di un dibattito parlamentare informato dalla prospettiva laica. L’applauso è venuto poco dopo che nelle note introduttive erano state ricordate le varie critiche alla legge, e la spontanea manifestazione di stima può essere vita come una netta presa di distanza del pubblico dalle posizioni del Presidente della Fnomceo, Anelli, per il quale «dal punto di vista di noi medici, di questa legge non c’era bisogno» (Anelli).
Nella sua relazione il professor Piergiorgio Donatelli ha poi replicato alla frequente obiezione che la legge distruggerebbe la “relazione medico-paziente”, osservando che la relazione non è un oggetto statico, ma qualcosa di dinamico che evolve. Lungi dal distruggerla, le previsioni della nuova legge migliorano la relazione perché diminuiscono il rapporto di subordinazione tra gli interessati. Come sempre non vanno escluse difficoltà transitorie, ma in generale si può dire che la situazione sia analoga a quel che è capitato con le relazioni familiari, in cui l’eguaglianza tra uomo-donna ha portato a una situazione migliore di quella del passato, tanto che oggi nessuno più accetterebbe le relazioni del passato caratterizzate da subordinazione.
L’onorevole Lenzi ha presentato l’iter della legge e spiegato le scelte fatte, alcune dettate da opportunità e altre da necessità di mediazione, e chiarito perché è del tutto inconsistente la richiesta di obiezione di coscienza. Nel caso dell’aborto essa può anche avere un suo senso, perché la legge 194/78 riconosce un conflitto tra i diritti del nascituro e quelli della donna, che risolve poi a favore di quest’ultima, lasciando però aperta la questione della tutela dei primi: aspetto che può giustificare l’obiezione come segno di riconoscimento dei diritti soccombenti. Ma nel caso delle scelte terapeutiche i diritti in questione sono tutti in capo all’interessato, e non è ipotizzabile alcun conflitto, anche perché si tratta di un mero rifiuto o distacco delle terapie, cioè di un non-facere che non ostacola la natura nel fare il proprio corso: per questo la richiesta di obiezione di coscienza risulta essere irricevibile e informata a pregiudizi ideologici.
La successiva tavola rotonda coordinata dalla dottoressa Mariella Immacolato ha sviluppato un vivace dibattito di alto livello tra i medici invitati e il pubblico attento e competente. Si è così tornati a criticare le dichiarazioni di Anelli, osservando come la posizione espressa non sia affatto rappresentativa del «punto di vista dei medici”, dal momento che solo il 10% degli aventi diritto lo esercita e va a votare le cariche ordinistiche. Ancora più traballante è dire che “di questa legge non c’era bisogno, perché molti dei contenuti qualificanti della legge si trovano già nel nostro codice deontologico e la nuova legge li ha semplicemente mutuati”: è vero che la nuova legge recepisce molto del Codice deontologico, ma proprio per questo i medici dovrebbero essere contenti del riconoscimento ricevuto sul piano legislativo, così che ora le norme valgono per tutti e senza incertezze. A questo proposito la dottoressa Immacolato ha sottolineato come l’art. 1 della nuova legge richiami l’aspetto relazionale del consenso informato e allarghi la partecipazione alla relazione dell’equipe curante e, se il paziente vuole, dei suoi famigliari. Quindi il consenso informato non suggella un contratto, come impropriamente affermano i detrattori della legge, ma costruisce la relazione di cura all’interno della quale il medico e il paziente pianificano le cure e raggiungono la decisone clinica nel rispetto reciproco delle competenze professionali (del medico) e dei valori (del paziente).
In generale le obiezioni mosse alla nuova normativa fanno emergere uno strano paradosso: mentre la medicina sta aprendo nuove frontiere, le istituzioni mediche italiane tendono alla conservazione e ci si è rammaricati del fatto che spesso esse continuino a sognare il passato senza riuscire a aprirsi all’innovazione. La legge si è mossa nella giusta direzione ma avrebbe potuto (e anche dovuto) essere più innovativa, e più precisa nell’affermazione dell’autonomia del paziente anche verso l’eutanasia, tema che non può più essere eluso. Non solo è in costante crescita il cosiddetto “turismo terminale”, che risulta essere fonte di gravi e inaccettabili disuguaglianze, ma cresce anche e di molto il numero di cittadini favorevoli all’eutanasia, tanto che recenti indagini demoscopiche rilevano essere diventato ampliamente maggioritario. Va trovata una forma di coordinamento capace di sollecitare le forze politiche a affrontare la nuova situazione e dare a essa una risposta concreta.
I professori Palma Sgreccia e Luca Savarino hanno presentato rispettivamente le diverse posizioni sul fine-vita in ambito cattolico e protestante, e l’avvocato Francesca Girardi ha illustrato le questioni alla luce della nuova legge di riforma sugli ordini. Nella giornata successiva si è esaminato soprattutto il problema del genoma-editing sulla scorta di una ampia e dotta relazione del professor Demetrio Neri, e si sono esaminate alcune possibili conseguenze sociali delle nuove pratiche in ambito riproduttivo, i cui effetti si estendono anche alle questioni circa l’adozione internazionale esaminate dal ragionier Paolo Briziobello.
In breve, il convegno è stato seguito con grande partecipazione da un pubblico qualificato, attento e interessato, che ha giudicato molto opportuna l’approvazione della legge 219/17 e ne ha valutato positivamente l’impianto di fondo: una larga base degli operatori sanitari e un attivo nucleo pensante di intellettuali apprezzano la nuova normativa e rilevano l’inconsistenza delle obiezioni avanzate da una sparuta (ma vociosa e tenace) minoranza di nostalgici dei tempi che furono. Restano tuttavia perplessità su alcuni punti della nuova normativa, come il non aver dato sufficiente spazio alle crescenti esigenze di morte volontaria. La Consulta di Bioetica ha già tenuto nel giugno 2017 un importante Convegno internazionale alla Camera dei Deputati a favore dell’eutanasia, e si impegna a approfondire la riflessione teorica e a sollecitare il coordinamento pratico, certa che la dignità della morire sia un ulteriore avanzamento di civiltà.