18 febbraio 2022 – di Maurizio Mori
Non sono un esperto in diritto e non pretendo affatto di entrare nel merito dei dettagli giuridici della decisione della Corte Costituzionale circa l’ammissibilità del Referendum sull’eutanasia. Siamo, inoltre, in attesa delle motivazioni e per ora abbiamo solo le concise parole del Comunicato stampa, le quali ci dicono che il Referendum è inammissibile perché «non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili».
Un quesito che andava oltre
Sulla scorta di queste parole mi pare si possa dire che esse rimandano a quanto già asserito nella sentenza Antoniani-Cappato n. 242/19, laddove si ribadiva che a «tutela del bene supremo della vita umana» andava mantenuta «una “cintura di protezione” penalmente presidiata». In questo senso, può darsi che il quesito referendario (per sua natura “semplificatorio”) fosse tale da spingersi troppo oltre e non garantire la cintura protettiva richiesta. Forse per questo il Referendum non è stato ammesso.
La bocciatura del Referendum è fonte di delusione, ma a questo punto due sono le considerazioni di fondo da fare. La prima è che l’avere la Corte riaffermato che va preservata una «tutela minima» della vita delle persone non è affatto dire, come hanno fatto alcuni, che avrebbe prevalso il «principio di indisponibilità della vita». «Tutela minima» della vita non equivale affatto a «indisponibilità della vita», anzi è vero proprio il contrario: la «tutela minima» è perfettamente compatibile con la «disponibilità della vita» ben affermata nella Sentenza n. 242/19. Il punto è che, pur essendo nella disponibilità della persona, la vita abbisogna di una sorta di minima cintura protettiva che consenta di superare i momenti di debolezza e di fragilità che si hanno nell’esistenza.
Ora una legge chiara e semplice
Tocca a una legge, una buona legge, trovare la strada per contemperare le due esigenze. E qui voglio proporre alcune indicazioni generali al riguardo. Il punto di partenza sta nel fatto che l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita è consentito solo in presenza di una qualche «patologia irreversibile» o comunque di uno stato di «irreversibile sofferenza esistenziale». È l’irreversibilità della sofferenza (per lo più derivante da malattia organica, ma non solo) ciò che ci fa entrare nel fine-vita: la fase in cui l’esistenza diventa “crepuscolare” e non è più piena. Quando l’esistenza era scandita solo dal binomio vita/morte, ogni atto teso a evitare la morte era un ritorno alla vita (piena). Ma questo non vale più quando ci si trova nel fine-vita, territorio in cui già si sa che evitare la morte non significa affatto ritornare alla situazione ex ante, ma piuttosto finire in una situazione infernale caratterizzata da sofferenze o assenza di consapevolezza di sé.
Quando si entra nel fine-vita, la priorità non è tanto “evitare la morte”, ma è piuttosto “evitare la condizione infernale”, che è peggiore della morte. Ciò significa che nel fine-vita la fragilità e vulnerabilità riguarda più la condizione infernale che la morte, per cui una forte cintura protettiva contro la morte può essere dannosa e controproducente perché porta alla condizione infernale. Una buona legge non deve avere troppe clausole che rendono difficoltoso l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita: quando si è in presenza di sofferenze irreversibili nel fine-vita, la situazione è radicalmente cambiata e non valgono più i criteri normali. L’auspicio è che il Parlamento riesca a fare una legge chiara e semplice che, riconosciuta la «tutela minima» della vita, consenta l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita per evitare la condizione infernale anche quando qualcuno non è più in grado di darsela da sé.
I rischi della Destra
L’altra considerazione di fondo da fare circa la bocciatura del Referendum riguarda il fatto che ora sappiamo che le uniche consultazioni popolari ammesse dalla Corte sono quelle che sono state proposte assieme alla Lega. Questo crea un altro e diverso serio problema. È noto, infatti, che ogni grande evento (e i Referendum rientrano in tale classe) come una cometa lascia dietro di sé un alone più ampio che è difficile controllare, ma che c’è. In questo caso, il fatto che gli unici Referendum ammessi siano quelli con la Lega può portare all’idea che anche quello sull’eutanasia risponda a una qualche versione della prospettiva neo-liberista e individualista caratteristica della Destra. Già circola la tesi per cui il valore attribuito all’autonomia individuale non sia altro che un frutto (più o meno avvelenato) dell’individualismo possessivo e borghese, e che chi invece ha a cuore la solidarietà privilegia l’atteggiamento “relazionale” che è pro-vita e esclude la morte volontaria. Ora, l’assonanza sui Referendum parrebbe essere una conferma del punto.
È questo un pericolo reale che aleggia e che spero possa essere evitato. Una buona legge sulla morte volontaria medicalmente assistita coniuga l’autonomia individuale con l’atteggiamento solidale: la prima viene per forza di cose socializzata e intercetta l’altro che di suo è attento alla diminuzione delle sofferenze. È questa sinergia che giustifica la morte volontaria medicalmente assistita, che non deve essere necessariamente essere limitata al suicidio: infatti, a volte può darsi che l’interessato non sia più in grado di fare più nulla, ma non per questo dev’essere condannato a rimanere nella condizione infernale. La Corte Costituzionale non ha ammesso il Referendum, ma il Parlamento ha molto da fare per far crescere la civiltà regolando al morte volontaria medicalmente assistita.