Gentile Direttore,
recenti accadimenti, quali gli “Indirizzi applicativi FNOMCeO allegati all’art. 17 e correlati” del Codice di Deontologia Medica 2014, elaborati in osservanza alla nota sentenza della Corte Costituzionale, e le reazioni alle Raccomandazioni SIAARTI, dettate dall’emergenza Covid-19, unitamente ad alcune incoerenze codicistiche (V. infra), suggeriscono di metter nuovamente mano, a sei anni dall’ultima edizione, al Codice di Deontologia medica (CDM); ora, però, con altro sguardo.
Altro sguardo vale per altro metodo.
Sino a ora, infatti, e a far data dal 1958, le sette edizioni del CDM si sono succedute mantenendo inalterata la cifra che caratterizzò la prima, e questa ripropose quella delle precedenti versioni (degli anni venti e trenta), sino alle aurorali del 1887 (Istria), del 1900 (Trento), del 1903 (Sassari); e queste, poi, a loro volta, con la vista sui Galatei di fine ‘700-primi ‘800
Non è un caso che il CDM 1958 (che vide la luce dopo una gestazione di anni, risalendone al 1953 il concepimento) sia noto come il Codice Frugoni, così come i galatei portavano il nome del loro estensore (Pasta, Coletti ecc.).
Altro metodo, che contempli i principi generali dell’etica medica declinata secondo i parametri dei doveri sì del medico ma anche dei suoi diritti, doveri e diritti che basano sulla identificazione dell’essere medico, cioè sulla sua sostanza.
E questa identificazione non può prescindere dalla identificazione del servizio alla persona: medico e paziente sono (o si vuole che siano) una dualità o un’unità? Il medico deve essere solo un tecnico che applica al meglio le sue conoscenze oppure deve andare oltre la tecnica? E poi non c’è solo il medico che cura ma anche quello che giudica (medico-legale, fiscale, competente ecc.).
Solo chiarendo e codificando la sostanza dell’essere medico si può procedere a stabilire, con coerenza logica, i confini del suo agire.
L’attuale CDM, per es., contiene in sé articoli che consentono azioni (agire) una in contrasto con l’altra. Si guardi agli artt. 3 e 15, ove il 15 ammette pratiche non convenzionali, estranee al corso di laurea, quando il 3 stabilisce che “il medico esercita attività basate sulle competenze, specifiche ed esclusive, previste negli obiettivi formativi degli Ordinamenti didattici dei Corsi di Laurea […]”.
Altro esempio di dicotomia lo offrono il 3° cpv. del Giuramento e il 1° dell’art. 3 vs l’art. 77 ove nei primi si legge “di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute” e “Doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona, senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera.”, mentre il 2° cpv. dell’art. 77 recita “Il medico militare, al fine di garantire la salvaguardia psico-fisica del paziente in rapporto alle risorse materiali e umane a disposizione, assicura il livello più elevato di umanizzazione delle cure praticando un triage rispettoso delle conoscenze scientifiche più aggiornate, agendo secondo il principio di “massima efficacia” per il maggior numero di individui”.
Metodologicamente, poi, è necessaria chiarezza sul portato etico-operativo del CDM, se sempre ossequioso delle leggi (statali e regionali) o autonomo nel suo dettato.
Infatti: l’art. 68 del CDM esordisce affermando che “Il medico che opera in strutture pubbliche o private, concorre alle finalità sanitarie delle stesse ed è soggetto alla potestà disciplinare dell’Ordine indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro”; la legge 3/2018 consente una modulazione disciplinare per alcuni medici e non per altri (“Gli Ordini e le relative Federazioni nazionali […] vigilano sugli iscritti agli albi, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività professionale, compresa quella societaria, irrogando sanzioni disciplinari secondo una graduazione correlata alla volontarietà della condotta, alla gravità e alla reiterazione dell’illecito, tenendo conto degli obblighi a carico degli iscritti, derivanti dalla normativa nazionale e regionale vigente e dalle disposizioni contenute nei contratti e nelle convenzioni nazionali di lavoro.”) , ove in quel tenendo conto l’ambiguità domina, nel contempo stabilendosi appunto diversità di trattamento disciplinare per il medico dipendente e libero professionista.
Così non scordando che il Giuramento professionale che si legge nella edizione 2016, al suo 15° cpv. stabiliva “di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione”, eccezione successivamente scomparsa.
Ulteriore ragione alla riscrittura è data dal fatto che già altri articoli del CDM 2014 hanno dovuto subire, nell’arco di breve tempo, modifiche: il 19.5.2016 l’art. 56, il 16.11.2016 l’art. 54 e il 15.12.2017 l’art. 76 (sdoppiato nel 76 – ove, peraltro, medicina potenziativa è un ossimoro – e nel 76 bis); la ragione sta anche nel fatto che modifiche, sia pure parziali, ma reiterate, tolgono al tutto la sua primitiva organicità: è un po’ come inserire uno stile architettonico nuovo in un edificio sorto sotto altro dominio di gusto.
Ancora una parola a favore della riscrittura la dice la recente tragica esperienza del Covid-19: si è assistito ad alcune presenze mediatiche che poco avevano di medico; il CDM dovrebbe, almeno secondo me, dire qualche cosa sul tema.
Si potrebbe, tornando al metodo, pensare a un CDM che contempli un Capo dedicato al senso/sostanza dell’essere medico, seguito da Capi sui suoi doveri, sui suoi compiti e sui suoi diritti, chiuso da un Capo che dica delle pene previste, sia pure in forma di forbice, in caso di violazione. Il Capo sulle pene è rilevante per due principali motivi: il medico così sa in anticipo che quella trasgressione comporta quella sanzione che, secondo motivo, sarà svincolata dal possibile arbitrio del giudicante, cui però la forbice non toglierà quella discrezionalità necessaria alla corretta valutazione di quel particolare comportamento, cioè gli consentirà il giusto margine di adesione al fatto concreto.
Al CDM andranno anteposti il Giuramento (che ne sarà parte integrante oltre che premessa etica) e un glossario che eviti interpretazioni personalissime di questo o quel vocabolo (per es., ora, nel medesimo art. 42 si leggono i termini procreazione e riproduzione quali sinonimi quando sinonimi, lessicalmente parlando, non sono).
Marcello Valdini
Medico-legale, Piacenza
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