Il caso di Archie. Fine-vita, meglio fare chiarezza

«Nessuna chance di trasferirlo da noi. Inglesi inflessibili»

Enoc: «Ho rivissuto il dolore del caso Alfie I genitori devono essere preparati al lutto»

Un’intervista di Margherita De Bac per il Corriere della Sera

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La replica del prof. Maurizio Mori nella lettera al Corriere della Sera – Lodicoalcorriere

È sempre positivo parlare di casi «critici» come quello di Archie, perché ciò alimenta la riflessione e contribuisce alla nuova «educazione circa il fine-vita» di cui c’è gran bisogno. Van però precisati bene i termini della questione: Archie non era semplicemente «in coma» o «affetto da malattia neurodegenerativa dagli esiti irreversibili» (come scritto), ma era morto: fatto accertato coi mezzi più sofisticati. Per questo l’ospedale inglese ha deciso di sospendere i trattamenti. I genitori di Archie non hanno accettato la dura realtà e si sono opposti.I conflitti tra medici e genitori sono sempre sgradevoli, ma sorprende molto che Mariella Enoc, presidente del Bambin Gesù in Vaticano, si sia schierata contro gli inglesi, affermando «nessuna chance di trasferirlo da noi. Inglesi inflessibili». Ma come? Avrebbe Enoc voluto trasferire un morto a Roma? Perché? Tesi assurda, illegale e immorale, come immorale è usare le «cure palliative» come presunta panacea risolutrice dei problemi del morire. Dire che il nuovo centro di cure palliative di Passoscuro «non è un posto di morte ma di speranza» solo perché «dalle finestre si vede il mare, la spiaggia è aperta ai bimbi del luogo. Le famiglie vengono accudite» è falsificare la realtà e non aiuta a inquadrare i problemi del morire dei minori. Ultima nota: Enoc si scaglia contro gli inflessibili inglesi nuovi barbari, dimenticando che anche da noi in caso di contrasto tra medici e genitori decide il giudice in base al «miglior interesse del minore». E anche da noi, poiché Archie era già morto, sono sicuro che il giudice avrebbe deciso la sospensione dei trattamenti, con buona pace per le sofferenze dei genitori.
Maurizio Mori  – Presidente della Consulta di Bioetica Onlus

4 thoughts on “Il caso di Archie. Fine-vita, meglio fare chiarezza”

  1. Mori, senza tanti ipocriti giri di parole, ci ricorda che la morte, anche quella dei bambini che così tanto ci interroga, laici o credenti, esiste come condizione fondativa del nostro essere uomini. Per ciò stesso mortali.
    Purtroppo vedremo ancora, su queste storie chiare e dolorose, le “accoglienti” e confusive e dannose prese di posizione da parte professionisti sempre in cerca di protagonismo contro ogni razionale scientifico e sull’altrui soffrire.

  2. Quello che propone Mariella Enoc è vilipendio di cadavere. La morte si identifica con la perdita irreverdibile di tutte le funzioni dell’ encefalo. In Italia, senza scomodare i giudici, c’è la legge che obbliga i sanitari a sospendere la ventilazione. La cosa migliore da fare in questi casi è donare gli organi

  3. ben venga la necessità di chiarezza. Purtroppo mancano (almeno a me) alcuni elementi utili. In UK un soggetto è dichiarato “morto” con criterio neurologico per cessazione irreversibile del funzionamento del (solo) tronco cerebrale con assenza di coscienza, di attività respiratoria e di integrazione delle funzioni vegetative.
    In Italia vige il principio della cessazione irreversibile e completa dell’intero encefalo: una volta accertata dall’apposito Collegio la morte con criterio neurologico (EEG piatto, apnea, assenza dei riflessi nn cranici) la sospensione dei trattamenti è obbligatoria, senza possibilità di opposizione o di ricorso alla magistratura.

  4. Dal punto di vista “pratico” e allocazione dei fondi disponibili, le autorità hanno fatto il loro dovere.
    Mi compiaccio che almeno questa volta non sia stto portato il vegetale in italia a spese dei contribuenti italiani, anche se qualcuno ci ha provato.
    L’unico appunto che si può fare ai britannici è la scarsa delicatezza nei riguardi dei genitori del povero bambino ormai dipartito. Forse si poteva fare di più.

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