La storia è nota: due milanesi hanno una figlia in California, e vogliono che sia registrata come figlia di entrambi (come già previsto dall’atto di nascita californiano). Il Comune non consente e chiede tempo: gli interessati si rivolgono in Tribunale che il 24 ottobre ingiunge al Comune la registrazione dei due padri. Apprendendo la notizia e senza volersi sottrarre al compito, il Sindaco Giuseppe Sala ritiene opportuno sollecitare una più ampia e approfondita discussione in Giunta. Alcuni consiglieri suggeriscono che il comune si opponga al decreto, e propongono che siano invitati per audizioni solo critici della decisione del Tribunale.
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Senza pretesa di completezza, al fine di sollecitare una più approfondita riflessione, questo contributo propone due tipi di considerazioni. Prima di tutto esamina aspetti di carattere etico e filosofico più generali tesi a richiamare i principi morali rilevanti al problema. Inoltre, verranno richiamati i riferimenti giuridici fondamentali che stanno alla base della decisione del Tribunale di Milano, da noi considerata ineccepibile sia sul piano legale che etico.
Aspetto filosofico-morale.
Il punto di partenza è che nel mondo contemporaneo il diffuso atteggiamento di maggiore libertà di espressione di sé coniugato alle opportunità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita sta cambiando alcuni parametri circa la nozione di genitorialità, di cui vanno messi in luce almeno tre aspetti importanti.
Primo: diventare genitore può essere un aspetto centrale del progetto di vita di una persona, e il conseguimento dell’obiettivo è fondamentale per l’autorealizzazione personale. D’altro canto il desiderio di genitorialità non dipende dall’orientamento eterosessuale né è limitato agli eterosessuali.
Secondo: per diventare genitori è opportuna la presenza di un adeguato livello di “capacità genitoriale”, ossia la disposizione a prendersi adeguatamente cura del figlio e offrire le opportunità che ne promuovano una crescita normale e armoniosa. I criteri al riguardo (adeguatezza, normalità, armonia o equilibrio) sono molto ampi, ma in caso di palese assenza di capacità genitoriale (abusi, incuria, ecc.) la società interviene a tutela del nato. Anche in questo caso, la capacità genitoriale non dipende dall’orientamento eterosessuale né è limitata agli eterosessuali.
Terzo: la genitorialità non dipende dal cosiddetto vincolo di sangue, ma dalla responsabilità per il benessere del nato che viene supportata e mediata dagli affetti che si instaurano nella famiglia. Sul punto la letteratura è sterminata e non c’è bisogno di ulteriore approfondimento. In questo senso, ogni persona ha titolo a diventare genitore a prescindere dall’orientamento di genere, e ha titolo di farlo richiedendo la debita collaborazione del caso (che può variare a seconda delle condizioni).
Si può osservare che nel caso specifico la coppia milanese soddisfa pienamente i requisiti richiesti e che peraltro è nell’interesse della figlia avere due genitori capaci e responsabili che si prendono cura di lei e provvedono a fornire le opportunità per una sua crescita normale e armoniosa. Questa forma di genitorialità è moralmente positiva per la figlia, che altrimenti non sarebbe neanche venuta al mondo e che si vede tutelata in interessi personalissimi, e è positiva anche per i genitori che possono così realizzare un importante progetto esistenziale. Come ogni grande impresa di vita presenta difficoltà, anche per il processo educativo specifico vanno messe in conto problemi, cui si aggiungono quelli dovuti alla “novità” del caso. Questi, però, sono analoghi a quelli che si presentano nelle situazioni nuove che la società contemporanea rende sempre più frequenti: per esempio quelli di classi in cui c’è un solo scolaro bianco o uno solo di colore, e via dicendo. Oggi le novità spaziano in vari campi, e i movimenti conservatori, anti-scientifici e neo-luddisti che si diffondono in settori della società sono il segno dello sgomento da esse prodotto e della fatica che è richiesta per una loro ricezione. Tuttavia, è discriminatorio voler fissare l’attenzione sull’unica “novità” riguardante il genere genitoriale. Il pregiudizio discriminatorio è tanto più grave se si considera che è ormai ammessa la genitorialità di due donne, e si pretende di negarla solo a due uomini, in palese contrasto col principio di uguaglianza di tutte le persone.
Si ribatte che l’eccezione va ammessa perché nel caso specifico la doppia genitorialità è stata ottenuta ricorrendo alla GPA (Gestazione Per Altri): una pratica che sarebbe moralmente illecita. Poiché non è consentito trarre vantaggio da un’azione turpe o criminosa, si conclude che per questo la richiesta di doppia genitorialità sarebbe infondata. È accettabile il principio generale richiamato, ma si tratta di sapere se, perché, e in che senso si suppone che la GPA sia una pratica immorale, e tanto turpe da essere criminosa.
Alcuni gruppi religiosi sostengono l’immoralità della GPA sulla scorta di un più generale divieto di controllo della riproduzione umana. È moralmente lecita la regolazione delle nascite nel rispetto delle leggi naturali inscritte nei corpi delle persone, ma non il controllo delle nascite ottenuto attraverso la modifica (artificiale e tecnica) del processo naturale. Questa prospettiva ha una sua coerenza interna, ma appare obsoleta e inadatta (non foss’altro perché porterebbe a escludere anche la contraccezione). Infatti, l’acquisizione della capacità di controllo della riproduzione umana pare sia uno dei grandi progressi operati dalla nostra epoca, uno dei maggiori se non il principale. Infatti, la nuova capacità di controllo riproduttivo incide direttamente sulla vita concreta delle persone e sugli assetti sociali, e apre straordinarie opportunità di autorealizzazione.
Forse proprio per questo enorme impatto sull’esistenza delle persone, la riproduzione assistita sconvolge schemi culturali consolidati da millenni e per questo può essere fonte di perplessità. È nota la tendenza a dimenticare le tragedie del passato e a dipingerle in toni edulcorati, mentre la paura suscitata dalle novità e dalle diversità ha talvolta un effetto paralizzante: come sperimentiamo pressoché ogni giorno con le nuove emergenze sociali.
Resta che, per chi riconosce la moralità del controllo della riproduzione, non sono consentite aprioristiche preclusioni verso nuove forme di generazione, incluse quelle che si avvalgono della GPA. Può darsi che aspetti specifici di tale pratica richiedano una più attenta valutazione, ma la questione va affrontata a parte e non sembra essere tale da giustificare il divieto universale richiesto. Pertanto, la genitorialità riconosciuta dal Tribunale di Milano è eticamente giustificata. Pare anzi sia in palese contrasto col principio di uguaglianza dire il contrario.
Aspetto giuridico-sociale.
Su un piano formale, è necessario premettere che il Sindaco, quale ufficiale dello stato civile, è tenuto ad ottemperare alle decisioni della magistratura. Per evitare equivoci è bene mettere in chiaro, su questo terreno, che l’intervento del Sindaco non costituisce una ingerenza nelle competenze legislative nazionali, ma estrinseca l’esecuzione di un provvedimento giudiziario emesso in riferimento ad un singolo caso. Basterebbe questo per chiudere ogni discussione.
Entrando nel merito della questione, il principio fondamentale che deve illuminare l’orizzonte di questi casi è costituito dal superiore interesse del minore, riconosciuto sia a livello costituzionale come principio fondamentale, che non può essere illegittimamente sacrificato (cfr. Corte cost., sent. 31 del 2012), sia a livello internazionale, da varie carte dei diritti, tra cui la Convenzione sui diritti del fanciullo, stipulata a New York nel 1989 (art. 2 e 3 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 24).
Lasciando impregiudicate le valutazioni spettanti al Parlamento nazionale in tema di gestazione per altri, da un punto di vista strettamente giuridico occorre dunque focalizzare l’attenzione sulla tutela dell’interesse del minore nel caso concreto.
Ebbene, sul punto non vi sono dubbi che tale interesse sia pienamente protetto solo dal riconoscimento del legame genitoriale con ambedue i padri, sia per quanto attiene allo status del minore, sia per quanto attiene alle sue aspettative ereditarie, sia – soprattutto- per quanto al suo diritto fondamentale all’identità personale.
L’origine del minore è, infatti, scaturita da un progetto genitoriale responsabilmente condiviso dalla coppia sin dall’inizio. Ciò è garantito dalla scrupolosa applicazione della procedura disciplinata dalla legge californiana, che – oltretutto – è improntata ad una attenta protezione della donna che ha portato a termine la gravidanza. Basti ricordare al riguardo che la Corte superiore della California, contea di Los Angeles, applicando la legge vigente ha riconosciuto lo stato di figlio nei confronti di entrambi i padri ancor prima della nascita del minore.
Tale elemento non è dunque cancellabile nella storia della bambina così venuta al mondo, che deve quindi veder tutelato il diritto alle proprie origini, parte essenziale della sua identità, connotate dalla presenza di due figure genitoriali, entrambe parimenti degne di riconoscimento nel suo interesse (art. 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, per cui il minore ha il diritto ad essere registrato immediatamente all’atto della sua nascita, e a conoscere i suoi genitori e ad essere allevato da essi).
La tutela di questi diritti, del resto, è già stata riconosciuta nel caso in cui le figure genitoriali siano due donne, e sarebbe dunque discriminatorio nei confronti del minore impedire tale riconoscimento solo perché le due figure genitoriali sono di sesso maschile e hanno ricorso alla gestazione per altri, facendo ricadere sul minore effetti deteriori in conseguenza dell’orientamento sessuale della coppia e di circostanze di fatto irrilevanti ai fini della determinazione della capacità genitoriale. In questo modo, infatti, si porrebbe il minore in una posizione di svantaggio, senza una ragionevole giustificazione.
Del resto, la giurisprudenza è già giunta ad ordinare la rettifica della trascrizione in casi analoghi, ritenendo che il ricorso alla gestazione per altri non si ponesse in contrasto con l’ordine pubblico nazionale (Corte d’Appello di Venezia, ordinanza 28 giugno 2018; Corte d’Appello di Trento, 23 febbraio 2017; Corte d’Appello di Milano, 28 dicembre 2016).
Da un punto di vista più generale, questa indicazione è confermata dalla considerazione sempre più rilevante che ha la famiglia come comunità di affetti, rispetto al dato tradizionale, della famiglia come fondata sulla riproduzione biologica (Corte cost., sent. n. 162 del 2014).
Prof. Maurizio Mori, Università degli Studi di Torino
Dott. Irene Pellizzone, Università degli Studi di Milano
Avv. Massimo Clara – Milano