Dal 6 agosto 2021 anche in Italia il Green Pass, o certificazione verde Covid-19, è obbligatorio per accedere a strutture e spazi pubblici, ovvero per muoversi con più facilità in Europa. Dal 1 settembre l’obbligo si è esteso anche ai viaggi di media e lunga percorrenza (treni, aerei) e all’accesso a università e scuole (personale scolastico, personale universitario e studenti universitari). La scelta del governo italiano ha fatto discutere, ha suscitato perplessità e a volte anche qualche ostilità. La principale ragione contraria fa riferimento a appelli, più o meno ragionati, alla libertà individuale e al diritto di ciascuno di decidere per sé sul proprio corpo.
Cominciamo con l’esaminare alcuni dati circa la pandemia. È indubbio che ci troviamo di fronte a una pandemia causata da un virus caratterizzato da alta diffusibilità e contagiosità, quindi con elevata possibilità di varianti e un tasso di mortalità intermedio. In Italia, i casi di contagio registrati sono stati 4.585.423 con 129.707 decessi (2,8%), di gran lunga superiori a quelli della cosiddetta influenza stagionale. Quest’ultima colpiva mediamente il 9% della popolazione italiana con un tasso di mortalità dello 0,1%, cioè con circa 460 morti “diretti” l’anno (tra il 2007 e il 2017). Non è vero che il tasso di mortalità di Covid-19 sia paragonabile o più basso di quello dell’influenza stagionale, come è stato detto. Non è elevato come quello di altre grandi epidemie storiche (es. peste del 1630), ma è alto, e coinvolge circa il 2,5% dei contagiati (che sono molti: data l’alta contagiosità). Agli inizi di settembre 2021 il totale dei morti Covid-19 dall’inizio pandemia è sopra i 4 milioni. Per avere un’idea del disastro causato dalla pandemia un ultimo dato: cinque anni di Seconda guerra mondiale a Torino e provincia hanno causato 5.468 morti (Istituto Centrale di Statistica), contro i 5.606 del Covid-19 nei 18 mesi da fine febbraio 2020 all’8 settembre 2021.
È per fronteggiare un simile disastro che sono state messe in atto le misure di protezione contro il Covid-19, e si è subito proceduto alla preparazione di vaccini. Anche la velocità con cui sono stati costruiti, sperimentati e utilizzati i vaccini ha rappresentato un motivo di polemica, e alcuni criticano che per la prima volta nella storia della medicina un vaccino sia stato costruito, sperimentato e utilizzato in corso di epidemia. Al contrario, noi riteniamo che l’impegno profuso sia stato positivo! Come per tutte le cose nuove può darsi che ci siano state imprecisioni e difficoltà da correggere, e che si richiedano affinamenti, ma in generale va riconosciuto che la disponibilità dei vaccini mostra l’enorme capacità acquisita dalle scienze biomediche nel controllo della vita.
L’essere riusciti a preparare con rapidità il vaccino costituisce un progresso enorme. Il passo compiuto segna una svolta epocale per la tutela della salute e è tanto grande che alcuni non riescono a capacitarsene o anche lo negano. Senza qui neanche prendere in considerazione i casi estremi di chi nega la pandemia stessa o avanza fantasiose ipotesi sulla sua diffusione, non bisogna dimenticare chi continua a instillare dubbi circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini stessi e insiste nel sostenere che la pandemia potrebbe essere meglio contrastata con modalità tradizionali (idrossiclorochina etc.) e secondo canoni normativi invalsi da sempre. I progressi compiuti, invece, hanno cambiato la situazione storica, per cui dobbiamo riconoscere che ciascuno di noi non è più un’entità isolata e a sé stante, ma che (anche respirando) influenza gli altri e la loro vita. Ciò fa emergere l’esigenza di una ridefinizione delle nostre libertà circa il corpo e dei doveri morali verso noi stessi e verso gli altri.
Se è vero che la pandemia da Covid-19 costituisce una grave emergenza sanitaria e che i vaccini sono efficaci e sicuri, allora dal punto di vista etico c’è il dovere di vaccinarsi perché ciascuno di noi ha il dovere di tutelare la propria vita e la propria salute, e quello corrispondente di non mettere a rischio quella degli altri. È il principio di tutela della salute e della vita che giustifica il dovere morale della vaccinazione. L’aumento delle conoscenze circa la salute porta a far sì che l’autonomia individuale allarghi l’ambito delle responsabilità personali e assuma una dimensione sociale e socializzante. In questo nuovo contesto di autonomia socializzata si deve riconoscere che sul piano etico (ideale) è giusto e doveroso il vaccino (e non il contrario).
Sappiamo bene che il diritto non recepisce (né deve recepire) tutti i doveri morali, e che questo eventuale passaggio richiede ulteriori considerazioni di carattere sociale e giuridico. Come minimo per affermare l’obbligo giuridico di vaccinazione ci vuole una legge approvata dal Parlamento: atto che comporta l’acquisizione di consenso sociale. Noi auspichiamo che si crei presto il consenso richiesto per l’approvazione di una legge, perché riteniamo urgente e indilazionabile la lotta alla pandemia. Sul piano giuridico, per prevenire la diffusione del Covid-19 come di altre malattie infettive, al legislatore è data la possibilità di scegliere, a seconda delle situazioni, tra diverse opzioni: può ricorrere alla raccomandazione del vaccino, oppure, ove la situazione lo richieda, anche all’obbligo vaccinale – in tal secondo caso calibrando variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. È, quest’ultima, una eventualità tutt’altro che ipotetica o teorica, posto che nel nostro ordinamento esistono da tempo obblighi vaccinali, si pensi ad esempio a quanto previsto dalla legge n. 119/2017.
Con la recente introduzione del Green Pass, il legislatore pare aver optato per una via intermedia tra l’obbligo e la raccomandazione, sostanzialmente imponendo un onere a carico di tutti coloro che intendono accedere a determinati servizi e attività. Tale onere evidentemente limita la libertà di circolazione dei cittadini che non si siano sottoposti a vaccinazione, i quali per poter accedere ad alcuni luoghi devono munirsi di tampone negativo. Si tratta, tuttavia, di una limitazione compatibile con la tutela che l’art. 16 Cost. garantisce alla libertà di circolazione: l’articolo, infatti, non esclude la possibilità di limitazioni, purché introdotte con fonte primaria (la legge) e purché giustificate da ragioni di sanità (o sicurezza).
Laddove, però, siffatta scelta intermedia non dovesse essere sufficiente – come effettivamente pare non essere – a determinare il raggiungimento della percentuale di copertura vaccinale che, in base alle indicazioni provenienti dalla comunità scientifica, è necessaria per garantire una soddisfacente tutela della salute collettiva, il ricorso a misure più stringenti da parte del legislatore è non solo legittimo ma anche auspicabile. Sul punto è da ricordare come la stessa Corte costituzionale abbia chiarito che “una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alla criticità nel futuro” (Corte cost. n. 5/2018) può essere sufficiente a giustificare l’introduzione con urgenza di un obbligo vaccinale.
Tale obbligo può essere percepito da alcuni come una limitazione del “diritto alla salute”, inteso come diritto al rifiuto del trattamento sanitario, di chi non vuole vaccinarsi, ma resta legittimo alla luce di quanto prescritto dal comma 2 art. 32/Costituzione, che prevede che il diritto a rifiutare il trattamento sanitario può subire limitazioni ove queste siano volte non solo alla tutela della salute del singolo che rifiuta il trattamento, ma anche alla tutela di diritti fondamentali di altri consociati, che sarebbero lesi proprio dalla scelta del singolo di non curarsi. È da precisare, inoltre, che solo ove l’obbligo vaccinale fosse accompagnato dalla previsione di misure di coercizione fisica – possibilità che al momento pare del tutto remota – si porrebbero problemi in termini di rispetto della libertà personale di cui all’art. 13 Costituzione. Se si considera che le misure finora adottate non hanno portato al raggiungimento dell’obiettivo preposto (copertura vaccinale atta a interrompere i contagi, le ospedalizzazioni e le morti da Covid-19), è giustificata la legittimità dell’obbligo vaccinale introdotto attraverso la via primaria, ossia per legge.
Chiarito che l’obbligo di vaccinarsi è giustificato sia sul piano morale che su quello giuridico, la Consulta di Bioetica Onlus sottolinea che l’impegno etico oggi fondamentale è di garantire a tutti il diritto al vaccino: soltanto il 24,3% della popolazione mondiale risulta essere completamente vaccinata e soltanto l’1,9% dei Paesi a basso reddito hanno ricevuto almeno la prima dose di vaccino. Questi numeri sono ancora troppo bassi e, soprattutto, sono fortemente ineguali: il vaccino sta creando una ingiusta discriminazione tra Paesi che possono acquistare e distribuire i vaccini e Paesi che non possono permetterselo. La disponibilità del vaccino non deve essere assoggettata a mere logiche di mercato. Il vaccino non è e non deve essere un privilegio per pochi, ma è un diritto di tutti. Ciò comporta un serio ripensamento delle modalità di finanziamento e di gestione della ricerca farmaceutica, che negli ultimi tempi è stata fortemente privatizzata. I vaccini hanno caratteristiche e finalità diverse da altri farmaci e per questo è urgente che siano affidati al settore pubblico che va rilanciato e riorganizzato.
Senza un’equa distribuzione dei vaccini a tutti la stessa discussione sulla liceità della certificazione verde perde consistenza: se la possibilità di accesso al Green Pass non è universale, viene meno la sua stessa efficacia. Può essere accettabile l’ipotesi di una terza dose di vaccino da somministrare ai “fragilissimi”, ma resta imperativo l’obbligo di dare adeguata copertura vaccinale a tutti. Questo è l’obiettivo che deve portarci a ripensare l’intero assetto di assistenza sanitaria su scala mondiale.
In breve: piuttosto che continuare a dibattere su “Green Pass sì o Green Pass no”, crediamo sia più giusto riflettere sul vaccino come diritto per tutti.
Torino, 8 settembre 2021
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Siamo a un passo dalla dittatura, altro che. Si va oltre le preferenze individuali sul vaccinarsi o no.
L’obbligo di esibire un tesserino è un surrogato di dittatura.