Pass Covid? “Porterà a modificare il rapporto medico-paziente, i dati medici e…”: l’analisi di pro e contro
Di Monica Soldano
Volevate un cambio di passo radicale? No, non saranno i vaccini, nè i tamponi, nè tantomeno le cure di nuova generazione, bensì un semplice foglio, difficile da contraffare, con tanto di codice a barre (quello europeo) il Pass Covid 19. Si, sarà proprio lui che diventerà il vero regista del cambio di paradigma: un certificato medico, ma oggi, è molto di più.
Lo ha sottolineato oggi, in una nota, a margine del parere dei saggi del Comitato Nazionale di Bioetica, il filosofo Maurizio Mori, professore ordinario di Filosofia morale a Torino: “Si tratta di una svolta epocale”.
Denuncia, così, un eccesso di semplificazione nel dibattito perché con questo certificato di non contagiosità la salute è divenuta un costrutto sociale, determinata sempre più da strumenti tecnici e non dalla natura. Insomma, prima di chiederti come stai e di verificarlo sul serio, ti faccio fare il test, perché magari sei portatore di problemi per gli altri, anche se tu stai bene. Separare il concetto di malato da quello di portatore sano del contagio è stato di certo il presupposto per inserire lo strumento nuovo, il tampone. Anche se è approssimativo e magari fallace. Inoltre, il Pass Covid 19 è precondizione per l’esercizio di libertà personali nella vita quotidiana.
“Porterà a modificare il rapporto medico-paziente, i dati medici e la responsabilità per la salute propria e degli altri, la giustizia amministrativa delle risorse mediche, i criteri per il triage, rischiando di far passare come semplice routine un vero e proprio passaporto biologico”, sottolinea Mori. Inoltre, secondo il parere del CNB comporta un rischio psicologico: pensare che va tutto bene, anche quando i tre criteri richiesti ed alternativi tra loro non sono equivalenti (vaccinazione effettuata anticovid, anticorpi, dopo guarigione oppure tampone). Per i membri del CNB che analizzano pro e contro, si sottolineano il falso senso di sicurezza, le problematicità organizzative ed il rischio che il Pass costituisca la premessa per misure più ampie di sorveglianza sulle condizioni di salute della popolazione. Ed i vantaggi? Una doverosa premialità per chi si è vaccinato, un incentivo al vaccino per gli esitanti ed un utile strumento per mitigare le discriminazioni nell’agevolare la ripresa delle attività economiche e sociali.
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dopo alcune settimane di decantazione e dopo aver rivalutato gli ultimi pareri del CNB a partire da quello del 15 aprile del 2020 titolato “Covid-19: decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del triage in emergenza pandemica”, che segue alle “raccomandazioni” della SIAARTI nel merito, non si può non concordare con il parere espresso dal professor Mori. Questo mio intervento deriva da due aspetti che ritengo sufficienti e necessari: vivo e svolgo la professione di medico nella regione Veneto (una delle poche che assieme al Piemonte diede un consenso esplicito alle raccomandazioni SIAARTI) ed ho svolto negli ultimi 11 anni l’attività di medico palliativista (pur essendo di formazione specialistica un anestesista-rianimatore avendo svolto attività di intensivista per oltre 15 anni) ed iscritto per molti anni alla SICP (unica altra società scientifica nazionale ad aver palesato il proprio consenso a dette raccomandazioni). Dopo l’ annum horribilis del 2020 continua nella indifferenza di molti il percorso legislativo di progressiva delegittimazione di tutte le norme che stavano di fatto attuando anche nel nostro Paese le “raccomandazioni” della Convenzione di Oviedo. Mi riferisco in particolare alla Legge 219 del 22 dicembre 2017 ma anche alla Legge 38 del 2010: la scelta tra la vita e la morte non viene più lasciata alla decisione del diretto interessato ma torna prepotentemente nelle mani del “demiurgo” che decide al posto suo.
Siamo andati ben oltre il famigerato “paternalismo”: siamo regrediti ad un’epoca antecedente il 4 aprile del 1997, data di ratifica della suddetta Convenzione.
dottor Luciano Lamarca