“Tris” Engelhardt ci ha lasciati il 21 giugno. Il medico/filosofo texano, uno dei pensatori contemporanei più lucidi e controversi, grande studioso di bioetica lascia un vuoto davvero incolmabile nel mondo scientifico e in tutti noi che abbiamo avuto il grande privilegio di averlo conosciuto personalmente e di aver lavorato con lui.
Mi imbattei nel suo pensiero quasi per caso nel corso dei miei studi di biogiuridica: Engelhardt, a dispetto dell’immensità della sua statura, nel nostro paese, era poco conosciuto. Era stato tradotto solamente uno dei suoi testi, il celeberrimo “Manuale di Bioetica”, edito da il Saggiatore nel 1999. Il Manuale non era stato ristampato ed era introvabile. Ne scovai una copia malconcia presso la Biblioteca Nazionale nella sezione americana. Altri volumi li scovai su un sito americano specializzato nella vendita di libri usati. Sembrava, insomma, che, a fronte dell’immenso amore nutrito da Engelhardt nei confronti dell’Italia, dove ha tenuto diversi cicli di conferenze nel corso degli anni, tale amore fosse ricambiato solo da pochi entusiasti estimatori nostrani.
Io ero uno di questi, al punto che, per la mia tesi di master, decisi di adottarlo come “filosofo guida” nella sua stesura. Mai avrei immaginato che, di lì ad appena tre anni, avrei avuto la fortuna di incontrarlo di persona e passarvi insieme cinque intensissimi giorni durante il suo primo e, purtroppo, unico viaggio a Napoli.
Engelhardt, tra gennaio e febbraio 2012, era in Italia per uno dei suoi consueti cicli di conferenze finalizzati alla presentazione del suo secondo testo tradotto in italiano intitolato, appunto, “Viaggi in Italia. Saggi di Bioetica”.
Quando alla nostra sezione campana della Consulta di Bioetica onlus venne offerta l’opportunità di ospitarlo, stentammo a lungo a capacitarcene e, sull’onda di un entusiasmo irrefrenabile, mobilitammo tutte le massime istituzioni cittadine che risposero anch’esse entusiasticamente all’evento davvero grandioso.
Engelhardt tenne tre lezioni magistrali. Presso l’Università Federico II (“Transformations of Morality: Why and How Do Moral Values Change?”), presso la Fondazione Banco di Napoli (“How Can an Autonomy-Based Morality Get Along with a Quasi-Religious Profession as Medicine?”) e davanti al consiglio comunale del Comune di Napoli (“Religion, Politics and the State in Modern Secularized Societies”).
Nel tempo libero compivamo scorribande nell’arte, non ultima quella culinaria, di Napoli. Tris e sua moglie Susan erano incantati, quasi imbambolati soffermandosi su ogni più piccolo particolare. In quei giorni, l’Italia era tagliata in due da una tormenta di neve e di certo i due texani non furono colpiti dalla proverbiale mitezza del clima partenopeo. Ma chissà che quell’atmosfera spettrale non abbia contribuito in loro ad aumentare il fascino della città.
Trascorremmo così cinque giorni insieme quasi notte e giorno; avevamo riservato ai nostri ospiti una camera presso un albergo posto a pochi metri dalla chiesa ortodossa poiché sapevamo che la messa della domenica era irrinunciabile per Tris e Susan; durante un bigio pomeriggio d’inverno visitammo le rovine di Pompei rese ancora più inquietanti dal cielo plumbeo e dalla sagoma totalmente innevata del Vesuvio; i coniugi Engelhardt vollero recarsi in preghiera sulla tomba di San Gennaro, veneratissimo da entrambi; Tris disquisiva dottamente con le guide turistiche sull’iconografia dei vari dipinti sacri visionati e sembrava davvero di ritrovarsi ogni volta di fronte a Totò e Peppino in salsa texana!
Scoprii così, ben presto, che Tris era di una simpatia contagiosa, di un’umanità spiazzante, mai compresso nel suo ruolo di star internazionale, divertente, leggero.
E fu ben presto che cominciò a rivolgersi a me con l’appellativo di “my younger brother” e io a lui, di rimando, con quello di “little bit older brother”. Quando li accompagnai all’aeroporto, le lacrime di tutti e tre erano davvero sincere e gli abbracci forti forti.
Sono certo che Tris abbia sinceramente amato Napoli e la sua gente: ha continuato a ripetermelo ogni volta che ci siamo scritti negli anni seguenti e lo conferma il professor Mori. E sono altrettanto certo che Napoli e i napoletani abbiano ricambiato incondizionatamente questo sentimento.
Quello stesso sentimento che andrà a colmare, insieme al suo immenso lascito scientifico, piano piano, quell’incolmabile buco nero della sua mancanza.
Piero Di Blasio
Coordinatore Sezione Campana Consulta di Bioetica onlus