GRAVIDANZA PER ALTRI ARGOMENTAZIONI E POSIZIONI A FAVORE E CONTRO – di Eleonora Biscola

Il 26 settembre 2020, la leader del partito Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha comunicato che la proposta di legge di cui è prima firmataria sulla gravidanza per altri, da lei chiamata sempre “utero in affitto”, ha iniziato il suo iter in commissione alla Camera dei Deputati. In caso di approvazione, la gravidanza per altri diventerebbe un reato universale, ovvero sarebbe punibile anche la sua applicazione all’estero da parte di un cittadino italiano. Giorgia Meloni ha asserito che, cito fedelmente, “La maternità surrogata è la forma di schiavitù del terzo millennio, che umilia il corpo delle donne e trasforma i bambini in una merce. Mi auguro che tutte le forze politiche, al di là degli schieramenti e delle posizioni, vogliano condividere con noi questa battaglia di civiltà”. La seconda firmataria della proposta di legge è stata Mara Carfagna, nota esponente di Forza Italia e attualmente vicepresidente della Camera dei Deputati.

Vorrei andare a fondo rispetto alla pratica, presentando brevemente le posizioni di chi è favorevole e di chi è contrario.

La gravidanza per altri, che in Italia è proibita in tutte le sue forme, è la pratica attraverso cui una donna, pur senza la gestazione, diventa madre ufficiale e riconosciuta di un bambino partorito in seguito ad una gravidanza sostenuta da un’altra donna, la cosiddetta “madre portatrice o surrogata”. Ci sono due forme di gravidanza per altri; nella prima, la “madre portatrice o surrogata” fornisce l’ovulo e la gravidanza, nella seconda solo la gravidanza. Se una donna non ha né ovuli, né può portare a termine la gravidanza, dovrà chiedere alla madre portatrice sia di donarle un ovulo, sia di avere la gravidanza al posto suo; se la donna ha ovuli propri, può chiedere di trasferire l’embrione derivante dal proprio ovulo nel corpo di un’altra donna, che porterà a termine la gravidanza al posto suo. Nel caso della cosiddetta “natural surrogacy”, la donna che si propone come portatrice viene inseminata con il seme dell’uomo della coppia di genitori ufficiale; questo caso genera maggiori conflitti e dibattiti poiché qualcuno sostiene esserci un legame più forte tra la portatrice e il bambino.

Ci sono due modi per organizzare la gravidanza per altri: il primo, detto “commerciale”, in cui si stabilisce un rapporto contrattuale tra le parti e la coppia di genitori deve pagare una somma di denaro; il secondo tipo, detto “oblativo o altruistico”, avviene per un atto di generosità della madre portatrice o surrogata. A livello statistico, il primo è decisamente il più diffuso.

La gravidanza per altri, il più delle volte, viene definita “maternità surrogata” o “utero in affitto” con accezioni dispregiative, legate nella prima nomenclatura a tutto ciò che non è autentico e finge di esserlo e nella seconda al fatto che si paghi in denaro la donna che ha la gravidanza al posto di un’altra.

Chi si dichiara fortemente contrario alla gravidanza per altri, penso ad esempio alla nota filosofa Luisa Muraro, che ho avuto modo di intervistare presso la Libreria delle Donne di Milano, e alla scrittrice Marina Terragni, lo fa per diverse questioni. Da costoro la pratica viene analizzata quasi solo nella forma commerciale e viene considerata l’apice deleterio di un tempo, il nostro, in cui la legge la farebbero i soldi; per l’esattezza, è criticato l’uso del denaro come mezzo attraverso il quale portare a termine il desiderio di genitorialità, sottraendo un bambino alla donna che l’ha portato in grembo per nove mesi. Qui, chiaramente, c’è la critica allo sfruttamento del corpo della donna per vantaggi e benefici altrui. Muraro insiste su ciò che definisce ​distruzione di una relazione materna ​che si andrebbe, secondo lei con certezza, a creare tra la madre portatrice e il bambino nei nove mesi di gravidanza. Muraro sottolinea convintamente la differenza rispetto all’indubbiamente onerosa pratica dell’adozione, in cui il bambino esisteva già e in cui, a suo parere, i genitori adottivi andrebbero anzi a riparare una discontinuità genitoriale avvenuta in precedenza. Muraro definisce la pratica come violenta perché la portatrice, da lei definita sempre surrogata, si sottopone a tutta una serie di controlli e procedure mediche fastidiose e talvolta pericolose, per un figlio che non sarà mai il suo e a cui è costretta ad affezionarsi senza l’illusione di poterlo vivere in qualità di madre (secondo l’accezione ordinaria e comune del termine “madre”). Le posizioni, non solo di Muraro, contrarie alla gravidanza per altri, sostengono che la dimensione del corpo e della riproduzione debba rimanere indisponibile, soprattutto al capitale tecno-industriale, anche per evitare che le donne che si trovano in condizioni di svantaggio economico e culturale scelgano di usare il proprio corpo per pura necessità. Le femministe cosiddette marxiste, infatti, credono che la gravidanza per altri sia una forma di prostituzione, sia perché una capacità riproduttiva viene fornita dietro compenso, sia perché, come nella prostituzione, le donne vengono sfruttate per soddisfare desideri altrui. In sintesi, chiunque si dichiari contrario alla gravidanza per altri, si fa portatore di messaggi quali la lotta alla mercificazione e strumentalizzazione del corpo della donna, la salvaguardia della continuità della relazione materna secondo il consueto corso degli eventi, la lotta all’accanito desiderio di discendenza genetica e la lotta al potere di pochi benestanti di esaudire il desiderio di genitorialità grazie alle proprie vantaggiose possibilità economiche.

Chi si dichiara a favore della gravidanza per altri, e penso ad esempio alla giornalista Serena Marchi, che ha percorso quasi 34000 km per conoscere, di persona, donne che hanno scelto di essere madri surrogate, o al noto filosofo Maurizio Mori, o ancora alla filosofa Micaela Ghisleni, sostiene un’altra serie di argomenti. Intanto quello per cui se una donna può decidere di abortire in nome del motto femminista “l’utero è mio e lo gestisco io”, perché non può prestare il suo stesso utero, gratuitamente o a pagamento, per partorire per altri? Impedire alle donne di decidere di utilizzare, in qualsiasi modo, il proprio corpo andrebbe a negare la loro soggettività. Costoro dicono inoltre che la maternità non è solo legata alla gravidanza e al parto, ma soprattutto alla cura, alle attenzioni e alla presenza nel corso della vita. Sebbene l’utero sia una parte di un sistema organico, c’è da sempre una sacralizzazione dell’utero, che conduce a considerare il suo utilizzo inconsueto come negativo, rispetto invece all’utilizzo commerciale dei reni, delle mani o di tutta la vita di una persona. Perché usare il proprio corpo, usurandolo per la fatica e la stanchezza, tra l’altro con basse retribuzioni, facendo ad esempio la cameriera o la collaboratrice domestica è accettato, mentre offrire il proprio corpo come madre portatrice o surrogata no? Gli uomini donano il seme dietro compenso senza scandali; perché, allora, le donne non possono prestare il proprio utero e il proprio corpo liberamente? Il rischio di non regolamentare la gravidanza per altri potrebbe essere, come al solito, che vi si ricorra in modi illegali con un alto livello di sfruttamento.

Le femministe cosiddette liberali ritengono che la gravidanza per altri nella forma commerciale debba essere regolamentata, a patto che le donne vengano pagate bene per tutta la fatica e i rischi che corrono. Queste ultime sottolineano che ci sono tanti ruoli di cura (badanti e babysitter, ad esempio) contro cui nessuno si accanisce e, anzi, che fanno comodo all’intera società contemporanea, soprattutto quella ricca e occidentale; questi ruoli sono quasi sempre ricoperti da donne e richiedono, come alla surrogata nei confronti del bambino partorito, di porsi all’utente curato con gentilezza, prudenza e attenzione, senza però mai eccedere in tutta una serie di pretese legittime, forse, in un legame di sangue.

Per quanto riguarda il benessere del nascituro, i sostenitori della gpa si chiedono come potrebbe mai un bambino così tanto desiderato da ricorrere alla sua nascita attraverso un metodo complesso e oneroso come la gpa non essere amato e, dunque, non essere felice. L’ipotesi dell’infelicità del bambino causata dal metodo inconsueto della sua nascita è da costoro esclusa.

Ho presentato brevemente entrambe le posizioni, cercando di rimanere sul piano analitico e argomentativo.

Io, dopo anni di studi e letture sul tema, ancora ho grandi perplessità e faccio molta fatica a prendere una posizione convinta. Credo che la mia emotività sia molto in empatia con la prima posizione, quella contraria alla pratica, mentre le argomentazioni filosofiche della seconda posizione, quella favorevole alla pratica, mi risultano razionalmente più convincenti.

Ho solo due grandi perplessità. La prima riguarda il fatto che credo che in nove mesi, il tempo di una gravidanza, si possano costruire vere relazioni profonde; questo mi porta a pensare che effettivamente tra la madre surrogata e il bambino si crei davvero un legame, di cui talvolta potrebbe essere molto difficile accettare la rottura. La seconda perplessità riguarda il fatto che penso effettivamente che la maggior parte delle donne che decidono di portare a termine una gravidanza per altri lo faccia per necessità economica e non per un atto altruistico o di pura volontà di donare; è però indubbio il fatto che la maggior parte delle nostre scelte quotidiane siano fatte in nome del bisogno economico, con una rara e difficile applicazione della libertà assoluta e incondizionata (ammesso che esista).

Certo è che l’argomentazione per cui si accetta solo ciò che è naturale è completamente fuori tempo, poiché anche mettere gli occhiali in assenza di una buona capacità visiva è qualcosa di innaturale, ma comunemente accettato. Solo che, come già accennato, verso l’atto riproduttivo c’è una certa cautela e titubanza in quanto da sempre sacralizzato, per influenze culturali e religiose.

In questo articolo, scritto per fare chiarezza su un tema tornato ad essere vivo anche nei dibattiti politici, pur avendo certamente trascurato alcuni aspetti, ho cercato di far emergere i punti di conflitto e di confronto sulla pratica. C’è da dire che, proprio perché la maternità è culturalmente e diffusamente percepita e vissuta come un momento magico, il tema genera dubbi e contrarietà anche all’interno del mondo definibile progressista.

3 thoughts on “GRAVIDANZA PER ALTRI ARGOMENTAZIONI E POSIZIONI A FAVORE E CONTRO – di Eleonora Biscola”

  1. Avendo ampiamente studiato la questione della gravidanza per altri nel mondo e anche partecipato con i giuristi dell’Associazione Luca Coscioni per la Ricerca Scientifica e con l’Ufficio Nuovi Diritti della Cgil alla stesura di una dettagliata proposta normativa, tengo a precisare che la donazione da parte della donna portatrice dell’ovulo che poi verrà fecondato è pressocchè esclusa.
    In secondo luogo mi parrebbe ovvio che tra i contrari non si dimenticasse di inserire la Chiesa cattolica con le sue gerarchie.
    Se poi si voleva fornire una visione approfondita della delicata e controversa questione, sono convinta che non si potesse prescindere dalla valorizazione dell’esperienza umana e politica dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, dove la realtà della gravidanza per altri, se pure non specifica della situazione gay e lesbica, viene vissuta quotidianamente e nella massima trasparenza da decine di famiglie. Da quelle esperienze di uomini, di donne e di legami affettivi si può comprendere quanto possa essere lontano il fantasma dello sfruttamento.

    1. Buonasera,
      grazie per il puntuale commento. In effetti, forse, ho trascurato di sottolineare le aspre e chiare critiche del mondo cattolico rispetto alla pratica.
      L’articolo, comunque, è stato molto riassuntivo. Nella mia tesi universitaria triennale ho ampiamente sviscerato e approfondito la complessa pratica della gravidanza per altri.
      Grazie mille per la gentile attenzione.
      EB

  2. Le destre si distinguomo particolarmente per clericalismo e negazione dei diritti civili. Tuttavia anche le, chiamiamole così per comodità, “sinistre” italiane sono più o meno sugli stessi livelli.
    Personamente tra i tanti diritti civili negati agli italiani ci metto anche quelo di vendere i propri ovuli o di affittare il proprio utero per gravidanze altrui. Così come la negazione dell’opportunità di pagare per questi servizi, costringendo gli italiani meno abbienti a rinunciare del tutto.

I commenti sono chiusi.