Da 50 anni nascere non è più un miracolo, ma una possibilità data dall’intervento mirato sui processi riproduttivi. Se ieri il dibattito bioetico si divideva su aborto e fivet, oggi accade lo stesso sulla gestazione per altri. Ne abbiamo parlato con Maurizio Mori, Docente di Filosofia Morale e Bioetica all’Università degli Studi di Torino e presidente della Consulta di Bioetica Onlus.
Professore, la Biotexcom di Kiev, clinica leader della medicina riproduttiva, fin dalla vigilia della guerra ha diffuso sui social un video in cui il personale mostrava i bunker antiatomici allestiti per mettere in sicurezza madri gestanti e neonati, nel tentativo di rassicurare gli aspiranti genitori fuori dal Paese. Per molti si sarebbe trattato solo di un’operazione di marketing. Lei che ne pensa?
Prima di tutto ci tengo a precisare che la guerra in Ucraina è una cosa terribile; a me pare che il tentativo di salvare i nuovi nati sia un atto di per sé umanitario, dovuto e fondamentale. Poi tutte le altre questioni sono successive. Siamo in un momento storico, sociale e culturale in cui molti valori sono in crisi, l’idea di fondo che io vorrei riaffermare è che i neonati non hanno colpe specifiche. Dobbiamo smetterla di pensare che perché possono essere oggetto di transazioni che ad alcuni paiono incongrue, siano soggetti di qualche cosa. Lasciamoli nascere in una neutralità morale. Bisogna essere contenti che siano venuti alla vita, perché devono avere opportunità di vita! Sono tutto sommato un’ottimista e non quel pessimista che afferma “meglio non nascere piuttosto che nascere” o “fortunato colui che muore appena nato”, come asseriva uno dei Sette Savi della filosofia greca. Io credo che sia molto bello e opportuno quello che si sta facendo in Ucraina a questo proposito. Poi si può essere contro o a favore, ma i nuovi nati meritano sempre tutela.
In Ucraina come in alcuni Stati americani, Russia, Grecia e Georgia è legale la gpa commerciale. Ciò significa che la gestante viene pagata dagli aspiranti genitori per mettere a disposizione il proprio utero e portare a termine la gravidanza. In questo modo la gestazione e il parto non rischiano di diventare prestazioni lavorative?
Dunque, la questione è molto complicata. Da quanto ne so anche in Ucraina le donne che accettano la gravidanza per altri devono già aver avuto una gravidanza in proprio, quindi sanno cosa comporta. Il problema di fondo sta nel capire se abbiamo la sovranità, la disponibilità dei processi riproduttivi: questo è il principio filosofico ed etico generale. La capacità di controllare la riproduzione credo sia il più grande cambiamento dell’umanità che è capitato negli ultimi secoli. Quando è nata la civiltà la procreazione andava per conto proprio, era un binario speciale, la sessualità e tutto ciò che è legato ad essa erano fuori dal controllo umano, oggi noi, invece, riusciamo a governarle. Allora se è lecito gestire la riproduzione a me pare che non ci sia nulla di particolarmente grave nel concedere la possibilità di una gravidanza per altri. Ora che ci sia o meno l’atto oblativo – io penso che la messa a disposizione altruistica dell’utero sia sicuramente positiva e costituisca quasi un crimine vietarla – la gravidanza per altri resta un servizio che viene prestato, ed è per questo che la gestante ha diritto come minimo a un rimborso spese e forse anche a qualche altro compenso monetario. D’altronde noi quando svolgiamo normalmente dei servizi veniamo pagati e riteniamo che il giusto salario sia un elemento che appartiene alla dignità… Dunque, lei mi chiede se la gravidanza diviene l’analogo di un lavoro, ebbene, si tratta di un servizio che viene fornito, se non esattamente un lavoro. Io non ci vedo nulla di male, ma queste domande che tendiamo a porci sono solo questioni aggiuntive, perché il punto morale fondamentale è capire se è lecito o no il controllo della riproduzione umana. Penso che quest’ultimo sia un avanzamento di civiltà che ci consente l’uguaglianza, uno dei grandi passi che abbiamo compiuto e di cui essere orgogliosi come Europei, Occidentali. So che è controverso, ci sono molti che ritengono si tratti di qualcosa di eccessivo, ma non dimentichiamo la storia; le rivoluzioni introdotte dalla scienza in questo ambito hanno permesso alla società di migliorarsi. Basti pensare al 15 agosto del 1930 (Conferenza di Lambeth ndr), quando la Chiesa anglicana affermò per la prima volta la liceità della contraccezione per permettere agli sposi di gestire meglio il numero dei figli e di conseguenza il loro benessere.
La gpa in Italia è vietata in ogni forma dall’articolo 12, legge 40/2004. L’Associazione Luca Coscioni nel 2019 ha proposto un testo in Parlamento per la legalizzazione della “Gravidanza solidale per Altri”, senza scopo di lucro. Crede basti una legge che favorisca il generoso dono dell’utero per scongiurare il mercato dello sfruttamento del corpo femminile?
Lo sfruttamento del corpo femminile avviene già in moltissime altre occasioni, si tratta del frutto del capitalismo. Credo che più che limitarci a parlare di sfruttamento nella gravidanza per altri e nelle pratiche sessuali, ci si debba preoccupare dello sfruttamento generalizzato che vi è nel nostro mondo. Non sono un marxista e di certo non ce n’è bisogno per rendersi conto di un’umanità ormai vessata sempre più da crescenti disuguaglianze. Nella Fiat negli anni ’60 tra l’ingegnere capo e l’ultimo operaio c’era una disparità di 1 a 50, oggi le differenze di salario tra i due sono di migliaia di volte e questo ci dà la cifra di come i divari siano enormemente aumentati. Tornando alla gravidanza per altri e alle pratiche di procreazione medicalmente assistita (pma), è necessaria una riforma generale della legge 40; quest’ultima sin dall’art. 1 dice che “è consentita la fecondazione assistita come sostituto del processo naturale”, quando appunto tale processo non funziona. Ecco, è sbagliata l’impostazione, perché la fecondazione assistita è un nuovo modo di riprodursi. L’avanzamento di civiltà sta anche nel dire che noi possiamo manipolare il processo riproduttivo. Per come è ora impostata le legislazione italiana una persona deve essere infertile, dichiarata, accertata e bastonata infertile per poter accedere alla fecondazione assistita, stesso discorso varrebbe qualora fosse legalizzata la gravidanza per altri. Ecco perché prima di pensare di introdurre tale pratica, va cambiato interamente l’impianto della legge 40.
La Commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo base firmato da Fratelli d’Italia, prima firmataria Giorgia Meloni, e appoggiato dal centrodestra. Il ddl propone di perseguire “l’utero in affitto” come “reato universale”, punendo anche chi “commette il fatto all’estero”. Cosa ne pensa?
Di solito quando un progetto di legge di questo tipo ha un ampio consenso è dato dagli umori del momento, ma poi bisogna vedere come si evolverà la cosa. A me pare che anche da un punto di vista tecnico questo “reato universale” sia difficilmente proponibile, quindi credo sia altrettanto difficile da approvare. Vietare la gravidanza per altri è fondamentalmente sbagliato, perché le donne sanno tutelarsi da sé; è chiaro che dobbiamo difenderle dallo sfruttamento, ma questo va fatto a partire dai lavori più umili, dai supermercati, dagli uffici, dal giornalismo, in università, ovunque… L’uguaglianza è un elemento di carattere sociale, non si capisce perché nella sfera della riproduzione umana ci debba essere questo alone particolare. Tornando al progetto di legge adottato, so benissimo che la stessa Giorgia Meloni durante il suo famoso discorso “Io sono Giorgia, sono Italiana…” attaccò molto la gravidanza per altri, ma la cosa paradossale è che non sia mai andata a contestare la contraccezione. Non dimentichiamo che negli anni ’60 si diceva che i metodi anticoncezionali andassero contro la dignità della donna, perché forme di automutilazione. A me pare che la gestazione per altri non debba essere interpretata in termini semplicistici, ma vada vista come un aiuto, un servizio fornito da una donna ad un’altra donna, o a un altro uomo, individuo; come una cooperazione per far nascere e vivere un nuovo nato. Si tratta assolutamente di un’opportunità. Basti pensare ai tempi del baliatico, una donna aiutava nell’allattamento una madre appena dopo la nascita del bambino. La balia veniva chiamata in italiano “mamma di latte” ed era pagata e aveva dei privilegi specifici, poteva mangiare con i padroni di casa, spesso nobili, in più era scelta secondo apposite caratteristiche morali e fisiche. Allora il baliatico era l’istituto di cooperazione alla nascita dopo il parto, noi oggi grazie alla fecondazione assistita abbiamo un’opportunità che introduce l’atto di cooperazione già prima. Colgo l’occasione per augurare un sincero fallimento totale alla proposta Meloni, in quanto immorale e contraria alla storia. Mi auguro che venga platealmente bocciata e che si giri una nuova pagina per fare in modo che la gravidanza per altri venga considerata nel nostro Paese, come in altri, elemento di dignità.
Un’ala femminista afferma di avere il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e come usarlo, di autodeterminarsi. Il loro motto è: “L’utero è mio e lo gestisco io”. Che significato ha questa frase dal punto di vista filosofico?
Ho sempre difeso l’autonomia, però non è un principio assoluto senza limiti. L’autonomia va contemperata con altri principi come il benessere e la tutela del nato. Nel caso specifico so che il mondo femminista è diviso, alcune ritengono che la gravidanza per altri violerebbe la dignità stessa della donna, ma io credo che sia una prospettiva di corto respiro, in quanto si limita all’elemento specifico, invece di tenere conto di fattori più ampi. Probabilmente nel futuro la riproduzione cambierà radicalmente, molto di più. Dicevo sempre ai miei studenti che io sono un ultimo esemplare di una specie in via d’estinzione, perché sono nato come si nasceva 3mila anni fa, mentre voi siete nati con altre modalità, siete nati frutto della contraccezione. Mentre prima tutto era casuale, oggi i figli sono di meno e sono più curati, qualcuno dice “troppo curati”, questo non lo so, perché secondo me ci sono sacche troppo forti di cattiverie nei confronti dei nuovi nati. Tralasciando queste mie osservazioni, il punto è che la generazione in futuro sarà radicalmente diversa, bisogna prenderne atto. Io vedo questo come un progresso di civiltà, altri lo vedono come l’inizio del declino perché continuano a credere che la natura faccia meglio della civiltà. Mentre, io penso invece che la cultura faccia meglio della natura. Questi sono i grandi dilemmi e le grandi scelte filosofiche. Io dico la mia, so benissimo che gli altri diranno che sono un demonio e io potrò replicare che loro sono dei Don Chisciotte e son rimasti al tempo dei cavalieri. Vivere come si viveva cent’anni fa lo trovo incivile, pensiamo anche solo alla divisione tra maschi e femmine a scuola…
C’è chi dice che il vero problema della gpa sia il fatto che cambierebbe il paradigma della genitorialità, lo stravolgerebbe dal punto di vista etico e antropologico…
Dunque, penso che sia una cosa giusta, ma lo stravolgerebbe in senso opportuno. Qual è il senso della genitorialità? È offrire al nuovo nato le migliori condizioni per la sua propria autorealizzazione. Il fatto che noi abbiamo una maggiore responsabilità nei confronti dei nati di cui essere orgogliosi. Mi permetta di dare un’idea forse controcorrente: tutti si preoccupano del calo demografico, io trovo preoccupante che se ne preoccupino, perché questo inverno è il segno della responsabilità. Le persone prima di fare un figlio ci pensano e vogliono avere le condizioni per garantirgli opportunità. Chiaramente, ormai, abbiamo capacità di controllo del mondo naturale, come diceva Bertrand Russell “abbiamo stravinto la nostra battaglia evolutiva” e dobbiamo prenderne atto. Abbiamo un ottimo di popolazione da considerare e non possiamo di certo continuare a pensare di avere 13 figli come li ha avuti la mia bisnonna. Questo è un punto di fondo. Forse io non lo vedrò, ma lei quasi sicuramente sì – se le cose continueranno nella direzione di oggi – ma ci sarà la cosiddetta “ectogenesi”, cioè la nascita in placente artificiali, quindi al di fuori del grembo materno, scherzosamente “nascere in una scatola”. Questo sarà un altro cambiamento radicale, il nostro problema sarà non tanto capire se è lecito o meno, ma quali saranno le conseguenze per il nuovo nato. Io non sono di per sé né a favore né contro l’ectogenesi, dico solo che andrà valutato quando utilizzare questa pratica che eviterebbe di fatto i 9 mesi di gestazione. La gravidanza è una fase estremamente soggettiva per ogni donna: per alcune è il momento più bello della vita, per altre è un momento terribile, è un dato di fatto. Non c’è la ricetta magica. Dinanzi a questi ulteriori elementi, va considerata ogni variabile. Staremo a vedere, bisognerà studiare e abbandonare di certo i vecchi pregiudizi.
A Milano per il 21 e 22 maggio era stato programmato il salone “Un sogno chiamato bebè”, detto da molti “fiera della fertilità”. L’iniziativa è stata criticata fin da subito dalle associazioni Pro Vita e probabilmente per questo e a causa degli ultimi risvolti legislativi è stata rimandata al 2023…
Dichiaro pubblicamente che io non ne sapevo nulla, non sono stato né contattato né mai invitato. Le mie opinioni filosofiche ed etiche prescindono da ogni forma di contatto con gli operatori concreti, ci tengo a sottolinearlo. È chiaro che l’idea di avere una fiera riproduttiva sul futuro mi sembra un po’ strana, dipende poi da come è strutturata. È altrettanto chiaro che all’interno della prospettiva che ho cercato di delineare prima, se tenuta entro limiti adeguati, potrebbe anche andare… Il vero problema è come limitare l’aspetto economico, fermo restando che i truffatori ci sono ovunque. Bisogna regolare oculatamente e invece di dire “dobbiamo vietare” – perché poi si trova sempre il modo per bypassare i divieti – bisogna vedere di garantire l’opportunità e la qualità dei servizi nelle pratiche di procreazione medicalmente assistita. Tuttavia resto perplesso sull’offerta economica e sull’assenza in merito di una elaborazione culturale.
Non crede che in Italia sia prematura un’iniziativa del genere?
Tutti dicono che ogni grande riforma positiva era prematura, che anche l’avvento della contraccezione e dell’aborto sarebbero dovuti arrivare dopo. Quando il grande Robert Geoffrey Edwards e Patrick Steptoe cominciarono nel ’65-66 le loro ricerche sulla fecondazione assistita, nel ’70 in America fecero una commissione per capire entro quanti anni sarebbe stata messa in pratica. Secondo i calcoli ci sarebbero voluti minimo 25 anni, la prima bambina nata in fecondazione artificiale in vitro sarebbe dovuta nascere nel 1995, invece è nata nel 1978, bruciando tutte le tappe. Quindi l’accelerazione dei tempi è uno dei problemi più generali della nostra civiltà. Io ritengo che dal punto di vista etico ci si debba davvero abituare a trasformare i nostri atteggiamenti profondi, in quanto dobbiamo adeguarci al cambiamento delle circostanze. Bisogna esser pronti a mutare gli schemi di coordinamento sociale, che sono appunto sempre schemi etici.