DIRITTI CHE CAMMINANO – Recensione di Maria Teresa Busca

Diritti che camminano, ovvero la marcia dei diritti.

Una marcia che ha sempre incontrato e incontra tuttora molte difficoltà. Ma anche molte faticose vittorie. Quella fatica che alla fine fa sorridere, perché un altro diritto è stato acquisito. Magari ancora un po’ incerto, traballante ma crescerà. Nulla di facile e tanta necessità di persone giuste, persone intelligenti e pronte a lottare, a esporsi per ottenere un nuovo diritto. Specialmente quando si tratta di donne. I diritti che riguardano le donne sono i più difficili da conseguire, gli uomini, salvo alcune eccezioni, non prestano grande attenzione ai diritti del mondo femminile.

Una di queste eccezioni è Carlo Flamigni e ce lo racconta, in un libro molto ben documentato, la moglie Marina Mengarelli Flamigni.

È una lunga storia quella che racconta Mengarelli, di professione sociologa, una storia sociale e personale che va dal 1968 fino ai giorni nostri.

Flamigni è sempre stato al fianco di tutti i cittadini e delle donne, in particolare, fin dal consenso informato che lui chiama “consenso informato sociale, ovvero il diritto di tutti di “avere accesso alla conoscenza scientifica e alla scienza” soprattutto quando la scienza usa denaro pubblico.

Nella seconda metà del secolo scorso sono avvenute due rivoluzioni, sottolinea Mengarelli, quella sessuale e quella riproduttiva, ambedue riguardano la trasmissione della vita, quindi c’è la scienza biomedica che nel primo caso ha realizzato i contraccettivi ormonali, mentre nel secondo ha conseguito tecnologie che intervengono nel processo del concepimento e tuttora è al lavoro su questo.

Ha luogo qui la possibilità, per la donna, di separare la vita sessuale dalla vita riproduttiva. Una conquista che Simone de Beauvoir preconizzava già nel 1949.

Queste due rivoluzioni tecniche sono anche rivoluzioni culturali, molto importanti, portate dalla coscienza dell’autodeterminazione che è andata sempre crescendo.

Marina Mengarelli illustra questi due mutamenti epocali attraverso tutto il lavoro che Carlo Flamigni ha fatto affinché potessero avvenire.

La sua vicinanza alle donne, nota anche attraverso le infinite testimonianze di pazienti e collaboratori, ha pervaso tutti i legami con la vita sociale e anche politica, nel senso più ampio della parola.

I momenti di lotta, i momenti vicini alla sconfitta, e i momenti di silenzio e quelli in cui far sentire forte la propria voce, così hanno marciato i diritti che ormai possiamo dire nostri, ma che alle spalle hanno avuto bisogno di una lunga, intelligente e volenterosa militanza.

Carlo Flamigni è una figura autorevole che ha lavorato con passione, Marina Mengarelli non è soltanto la moglie amorosa è anche la compagna sempre pronta ad affrontare le mille battaglie che nella loro vita si sono prospettate.

Ugualmente si sono sempre battuti per la libertà di morire anche quando la conflittualità è stata molto alta e si rischiava di essere impopolari.

Ma c’è un aspetto, anzi una sua caratteristica che mi preme ricordare, la medicina delle piccole virtù, ovvero l’abilità di ascoltare i pazienti, la compassione come capacità di entrare nei panni dell’altro, per capirne la sofferenza e la fragilità, la capacità di rispettare la dignità di ogni paziente, di saper stare al suo fianco essendo consapevole del dono ricevuto: la fiducia del paziente.

Oggi Carlo Flamigni non c’è più, faccio molto fatica a scrivere questa frase, perché di lui a me, e a tutti coloro che hanno avuto l’onore e il piacere di conoscerlo, mancherà il sorriso costantemente accogliente, le grandi capacità di clinico, la sua sapienza, la sua saggezza e la sua ironia, la sua sensibilità e la forza sempre dimostrata nelle conquiste di civiltà.