Pubblicata per la prima volta da Charles Darwin nel 1859, la teoria dell’evoluzione ha visto innumerevoli perfezionamenti e ampliamenti che ne hanno fatto una disciplina sempre più solida.
La teoria evolutiva, si poggia su due affermazioni. La prima sostiene che tutte le specie viventi oggi sulla Terra derivano da uno stesso gruppo di organismi primitivi vissuti nel tempo passato. Attualmente, sappiamo che questo passato risale a circa 3,8 miliardi di anni fa. In base alla seconda, il processo di differenziazione è avvenuto per mutazione e selezione naturale.
Per quanto riguarda le mutazioni si può affermare che sono intrinsecamente ineliminabili e di natura casuale. In ogni generazione non può non esservi qualche mutazione, quindi qualche mutante che deriva da un errore più o meno cospicuo nella sequenza del DNA (DeoxyriboNucleic Acid) che costituisce il patrimonio genetico di un dato organismo. Le mutazioni avvengono a caso e non hanno alcuna direzione, né finalità. Deve essere chiaro che il termine caso non allude a niente di misterioso. Un fenomeno avvenuto per caso non è un fenomeno che non ha una causa. Ne ha certamente una, o più probabilmente molte, ma non sono conosciute e sovente non c’è neppure alcun interesse a conoscerle. Quello che si vuole dire con l’affermazione che le mutazioni sono casuali è che queste non seguono un piano prestabilito.
La selezione naturale ha uno svolgimento, lungo e silenzioso, i cui effetti sono osservabili solo a posteriori. Attraverso questo processo l’ambiente circostante premia alcuni individui appartenenti a una data specie e ne penalizza altri, concedendo loro una fertilità differenziata e un’idoneità biologica in inglese definita fitness.
Si dice che la selezione naturale assicura la sopravvivenza del più adatto. In realtà la selezione naturale favorisce alcuni organismi a danno di altri, senza alcun’altra specificazione. Si tende a chiamare più adatto quello che viene selezionato positivamente, per mettere in risalto l’azione generalmente positiva della selezione stessa. Nella maggior parte dei casi gli organismi favoriti sono i più adatti all’ambiente nel quale vivono per certi aspetti, ugualmente adatti per altri o addirittura meno adatti per altri ancora.
Quello di adattamento è dunque un concetto relativo a un determinato ambiente e soltanto a quello. Un carattere adatto a un certo ambiente può infatti risultare assolutamente inadatto a un altro. È per questo motivo che i cambiamenti evolutivi più sorprendenti avvengono quando si verifica un cambiamento, più o meno consistente, nell’ambiente dove vive una data popolazione.
È importante sottolineare che quella che è in gioco, però, non è la semplice sopravvivenza, ma è, invece, la capacità riproduttiva. Se un organismo non raggiunge vivo l’età della riproduzione non si potrà riprodurre. La selezione naturale offre ai diversi individui di una data popolazione una diversa opportunità di lasciare una prole numerosa. Quelli che la lasciano più numerosa si affermeranno, e assicureranno così la sopravvivenza e la diffusione del proprio genoma, mentre quelli che la lasciano meno numerosa tenderanno a essere minoritari o a scomparire del tutto, insieme al loro genoma.
Questi sono, molto in breve, i tratti principali dell’evoluzionismo.
Nonostante il grande successo scientifico, la teoria dell’evoluzione ha sempre incontrato grandi resistenze di natura psicologica. Ciò che colpisce in modo negativo è il fatto che la teoria manca di una direzione, di una finalità, di un progetto. Ogni cosa sembra opera del caso, e questo è ancora più vero oggi che la teoria ha dovuto riconsiderare alcune sue formulazioni in risposta ai diversi rilievi critici. Con il passare degli anni lo spazio esplicativo dedicato al caso è aumentato, enon diminuito, nella descrizione dei principali eventi evolutivi. Un problema molto significativo è rappresentato dall’origine dell’uomo. Infatti, non soltanto è evidente che l’evoluzione non ha alcun fine, ma è anche chiaro che il suo procedere è essenzialmente imprevedibile, in quanto di natura erratica. Non si osserva mai la progettazione di qualcosa ex novo, come la creazione nella Bibbia, ma l’utilizzazione forzata di ciò che è disponibile al momento. La teoria dell’evoluzione, soprattutto applicata alla nascita di Homo sapiens, condivide con le altre due grandi rivoluzioni scientifiche dei nostri tempi, la teoria della relatività e quella dei quanti, un’intrinseca controintuitività, un forte senso di estraneità al comune modo di vedere e di pensare. La difficoltà ad accettare la teoria evoluzionista ha una spiegazione che coinvolge direttamente la struttura dell’apparato mentale umano portato per natura a cercare una causa e uno scopo in ogni avvenimento. Il complesso di queste disposizioni e di questi atteggiamenti mentali si adatta perfettamente al mondo ma, estenderlo a eventi che si dispiegano su scale spaziali e temporali non comparabili a quelle con cui si è abituati a pensare nella realtà odierna, è quanto meno arbitrario, anche se può apparire comprensibile. La causa e lo scopo del tutto non sono la stessa cosa della causa e dello scopo di singoli eventi del nostro mondo.
Proprio questa è la lezione delle scienze naturali degli ultimi tre secoli: la scala dei tempi enormemente dilatata e la prospettiva amplissima che si è così dischiusa dovrebbero far riflettere e indurre a cambiare punto di vista, senza per questo sentirsi sminuiti o mortificati.