Exaptation – di Maria Teresa Busca

L’adattamento degli organismi viene definito da due diversi criteri: 1) la genesi storica, ovvero le caratteristiche costruite dalla selezione naturale per svolgere il loro ruolo attuale; 2) l’utilità attuale, ovvero le caratteristiche che attualmente aumentano le capacità di sopravvivenza, indipendentemente da come siano comparse nella storia.

Il nome che viene dato, nel 1982 da Gould e Vrba due paleontologi americani, a questo secondo tipo di criterio è exaptation, mentre il termine adattamento viene mantenuto per le caratteristiche modellate dalla selezione naturale per il loro utilizzo corrente.

Per spiegare questo concetto Gould prende le mosse dalla Genealogia della morale di Nietzsche, dove, nella dodicesima sezione, dedicata alla natura e al significato della punizione, l’Autore si occupa delle differenze tra origine storica e utilità attuale. Nietzsche definisce la necessità di distinguer l’origine storica dall’utilità attuale come “il punto di vista principale della metodologia storica”. Gould sostiene che Nietzsche, come Darwin, svincolando l’utilità attuale dall’origine storica determina il campo della contingenza e dell’imprevedibilità nella storia: se qualche organo, durante la sua storia subisce una serie di singolari cambiamenti nella sua funzione, non è possibile né predirne il prossimo utilizzo, a partire dal valore corrente, né lavorare tranquillamente a ritroso per chiarire le ragioni sottostanti all’origine di quel tratto.

Nietzsche, infatti, riconosce come la confusione tra il problema dell’origine storica e la documentazione indiscussa dell’attività attuale costituisca un grande ostacolo. Sono due problemi che vanno dissociati.

L’analisi di Nietzsche, rileva Gould, riconosce ed evidenzia che svincolare l’utilità attuale dall’origine storica determina il campo della contingenza e dell’imprevedibilità nella storia. Infatti se qualche organo, durante la sua storia, subisce una serie di singolari cambiamenti nella sua funzione, allora non è possibile né predirne il prossimo utilizzo a partire da un valore corrente, né lavorare comodamente a ritroso per chiarire le ragioni sottostanti all’origine di quel tratto. Nietzsche in questo modo vuole fugare ogni speranza di poter interpretare una storia filetica come “progresso verso una meta” dimostrando una sorprendente somiglianza con la concezione di Darwin del significato della contingenza nell’evoluzione.          

“Evoluzione di una cosa, di un uso, di un organo, quindi, è tutt’altro che il suo progressus verso una meta, e ancor meno un progressus logico e di brevissima durata, raggiunto con un minimo dispendio di forze e di beni – bensì il susseguirsi di progetti di assoggettamento pretesi su tale cosa, più o meno spinti in profondità, più o meno indipendenti uno dall’altro. […] Anche il parziale divenire inutile, l’intristirsi e il degenerare, lo smarrirsi di senso e conformità al fine, la morte, insomma, rientrano nelle condizioni del progressus reale.” (Nietzsche, Genealogia della morale, Adelphi pp. 66-67)   

Darwin si occupò del problema della discordanza tra origine storica e utilità attuale nel capitolo 6 dell’Origine delle specie, intitolato “Difficoltà della teoria”, in cui risponde a varie obiezioni e riconosce un’importanza speciale al cambiamento funzionale, ma soltanto nel 1872, quando aggiunse un settimo capitolo per rispondere alle obiezioni di St. Georg Mivart, diede prova di apprezzare la centralità di questo principio. Mivart sosteneva che la selezione naturale potesse svolgere un ruolo minore e negativo per l’eliminazione del non adatto e che vi fosse un’altra forza positiva che generasse l’adatto. Tutto il ragionamento di Mivart si può riassumere con un’unica frase che diede il titolo al primo capitolo del suo libro La genesi della specie e che suona così: “L’incapacità della selezione naturale di rendere ragione degli stadi incipienti di strutture utili”. Il tentativo di soluzione di Mivart sarà l’ipotesi saltazionista, secondo cui gli stadi intermedi non sarebbero mai esistiti e i recenti adattamenti sarebbero sorti per singoli salti. Darwin respingerà questa ipotesi e riconfermerà la sua fede nell’efficacia della selezione naturale di tipo gradualista, che agisce sulla variazione isotropica, senza direzione. Darwin oppone due ragionamenti a Mivart che si rifanno entrambi al ragionamento di Nietzsche, ovvero la discordanza tra origine storica e funzione attuale. Nel ragionamento sul 5% di un’ala, Darwin ammette che questo non può offrire nessun beneficio aerodinamico ma usando il termine pre-adattamento parla di altri benefici che questo 5% poteva offrire. Crescendo, poi giunge alla funzione attuale. Nel secondo ragionamento, invece ricorre al principio della ridondanza, ovvero della capacità intrinseca della maggior parte degli organi di funzionare in più di un modo, con un’utilità chiaramente sfruttata dalla selezione naturale e un’altra latente che offre una flessibilità non ancora selezionata per un futuro cambiamento. La conseguenza è che un organo può evolvere intensificando un uso che prima era secondario o, addirittura, reclutando un potenziale intrinseco ma inespresso. Nello stesso tempo l’organo modificato può abbandonare la funzione principale precedentemente svolta perché altri organi saranno a servizio di quello stesso compito.

Questo principio del cambiamento funzionale, secondo Gould, merita un maggiore rilievo negli studi perché il suo ruolo è vitale nello stabilire la contingenza e l’imprevedibilità del cambiamento evolutivo al punto da essere designato come il cambiamento funzionale bizzarro. La modificazione funzionale è molto più ampia del cambiamento strutturale, che in casi estremi può essere anche nullo. Questo principio ha svolto due compiti nella teoria di Darwin. Il primo è quello di essere fondamento della contingenza per la storia della vita. La contingenza trae la sua massima forza dal principio del cambiamento funzionale bizzarro, la discordanza tra origine storica e utilità attuale ha come conseguenza una fallacia che impedisce l’inferenza diretta dalla funzione attuale al significato iniziale. Di conseguenza, come già scritto da Nietzsche, l’evoluzione è tutt’altro che il progressus verso una meta.

Il secondo compito assolto dal cambiamento funzionale bizzarro è quello di essere una delle due fonti principali di influsso strutturalista sulla base primariamente funzionalista della teoria darwiniana. Si è visto come Darwin abbia riconosciuto un ruolo sussidiario al pensiero strutturalista e parzialmente non adattazionista nella trattazione delle conseguenze collaterali non adattative del cambiamento adattativo. In altri termini, precisa Gould, Darwin riconosce un importante ruolo al vincolo interno nel dirigere le vicende delle discendenze evolutive. Mentre il ruolo che svolge il vincolo storico è nel cambiamento funzionale bizzarro ed è già implicito nella discussione sulla contingenza.

L’evoluzione è dunque da intendersi come trasformazione del possibile, come variazione su temi già noti, come abile aggiustamento dell’esistente, diversa utilizzazione e regolazione della stessa informazione strutturale.

Il Nobel Francois Jacob (Biologo medicina) nel 1977 la sintetizzò così: “Spesso senza progetti a lungo termine, il bricoleur dà ai suoi materiali funzioni non previste per la produzione di un nuovo oggetto. Da una vecchia ruota di bicicletta costruisce una carrucola, da una seggiola rotta ottiene la scatola per la radio. Allo stesso modo, l’evoluzione costruisce un’ala da una zampa, o un pezzo d’orecchio con un frammento di mascella. Naturalmente ci vuole tempo. L’evoluzione si comporta come un bricoleur che nel corso di milioni di anni rimaneggia lentamente la sua opera, ritoccandola continuamente, tagliando da una parte, allungando da un’altra, cogliendo tutte le occasioni per modificare le vecchie strutture in vista delle nuove funzioni.”