Evoluzionismo vs Creazionismo – di Maria Teresa Busca

Il creazionismo, è la credenza che l’Universo, la Terra e tutti gli organismi viventi abbiano avuto origine da atti specifici di creazione divina, come viene riportato nella Bibbia, all’inizio del libro della Genesi, e non da processi naturali come l’evoluzione.

L’origine del mondo viene motivata come un libero atto creativo compiuto da Dio. In particolare, la dottrina teologica cristiana ritiene che le anime siano create direttamente da Dio, una per ogni uomo. In una prospettiva scientifica, il creazionismo è la dottrina che nega l’evoluzione delle specie viventi, sostenendo che esse sono state create da Dio così come sono e tali sono rimaste attraverso i millenni.

Il concetto filosofico di creazione è caratterizzato dall’assoluta novità che, quanto si presenta come creato, manifesta rispetto alla situazione in cui esso ancora non sussisteva. Il semplice fare presuppone invece un dato rispetto a cui viene compiuta un’operazione trasformatrice; il creare non presuppone invece alcun dato, ogni prodotto deriva unicamente, in tutto il suo essere, dall’azione di Dio. Creare è quindi essenzialmente creare dal nulla. Ed è essenzialmente azione di Dio. Dopo la Genesi un’altra importante testimonianza si trova nel secondo libro dei Maccabei: “Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti (ex nihilo); tale è anche l’origine del genere umano.” 2Mac,7-28

La creazione appariva quale massima enunciazione dell’idea dell’infinita potenza divina, soverchiante ogni limite posto all’attività umana. La dottrina della Chiesa cattolica esprime questo nelle formule del credo niceno-costantinopolitano e nel capitolo 1° del Quarto Concilio Lateranense (1216), dove si dichiara che «uno solo è il principio dell’universo, creatore di tutte le cose visibili e invisibili, spirituali e corporali, che, per sua onnipotente virtù, insieme dall’inizio del tempo fece dal nulla entrambe le creature, la spirituale e la corporale». 

Il creazionismo è dunque un movimento di opinione che tende a screditare la ricostruzione evoluzionistica degli eventi che hanno portato alla flora e alla fauna attuali e infine all’uomo, a favore di una lettura letterale delle Sacre Scritture. Questa espressione di rifiuto della visione evoluzionistica si è successivamente estesa a molti gruppi più o meno insofferenti nei riguardi di una visione scientifica della realtà e della sua storia. L’avversione per la concezione evolutiva della vita a favore di una diretta creazione divina ha incontrato i favori di molte persone che preferiscono credere a una rapida successione di eventi miracolosi piuttosto che a una precisa ed elaborata ricostruzione storica, di natura biologica, ma anche astronomica, meteorologica e geologica.

Negli anni Novanta del secolo scorso alcuni studiosi americani hanno elaborato la teoria detta “del disegno intelligente”, che ritengono sia una teoria scientifica e alla quale, secondo loro, nelle scuole si dovrebbe dedicare lo stesso numero di ore destinate allo studio dell’evoluzionismo, che in Italia, peraltro, sono pochissime. Secondo quella teoria, l’evoluzione esiste ma non si realizza attraverso le mutazioni casuali del patrimonio ereditario e la selezione da parte dell’ambiente, ma tutto sarebbe orientato per realizzare un disegno predeterminato da un Progettista in cui si può ravvisare la divinità. La complessità delle strutture e dei processi biologici, secondo questa teoria, escluderebbe che essi possano essersi realizzati per opera del caso e della selezione naturale; farebbe piuttosto pensare a precisi interventi di una intelligenza superiore, che avrebbe così realizzato il suo disegno.

I sostenitori del disegno intelligente non negano dunque l’evoluzione, ma accettano soltanto la microevoluzione. Ammettono che possano affermarsi piccoli cambiamenti delle specie, ma le grandi linee evolutive si sarebbero originate sotto la guida di una intelligenza che avrebbe realizzato un progetto predeterminato. I sostenitori di questa teoria non danno una definizione precisa del Progettista, ma è facile capire che molti di loro, avendo in mente un dio creatore, hanno lasciato questo compito ai creazionisti.

Secondo i sostenitori di questo nuovo movimento, l’evoluzione non può essere il prodotto delle forze naturali della teoria darwiniana, ma deve avere dietro di sé una sorta di progetto che sia l’opera di una mente superiore, capace appunto di un progetto, che non è necessariamente il Dio delle Sacre Scritture.

Se il creazionismo è, infatti, esplicito per quanto concerne la sua proposta alternativa, i sostenitori del progetto intelligente fanno riferimento a un’ipotetica spiegazione diversa, facendo leva sulla difficoltà psicologica di ciascuno di noi nell’accettare in pieno la visione evoluzionistica e risuscitando considerazioni e argomentazioni che sono in circolazione dai tempi di Darwin e da prima ancora. Non è possibile, secondo questa teoria, che tutta la perfezione degli esseri viventi sia il frutto di una serie di eventi casuali, che sono il risultato di spinte e controspinte cieche e prive di un programma. I sostenitori del progetto intelligente affermano anche che esisterebbero argomenti scientifici per smontare l’apparato concettuale del neodarwinismo. Si è fatto così l’inventario di tutte le più piccole crepe concettuali nell’edificio della teoria evolutiva e si è tentato di allargarle fino a mettere a repentaglio l’intera costruzione e a minarne la credibilità, nel quadro di una logica fondamentalista secondo la quale, se qualcosa non è perfetto, allora è tutto sbagliato. La maggior parte delle critiche riguarda i grandi cambiamenti evolutivi e l’introduzione delle innovazioni rilevanti, argomenti questi che potevano avere una presa nel passato, ma che hanno ricevuto negli ultimi decenni risposte più che soddisfacenti.

Sotto il profilo scientifico la teoria dell’evoluzione non è più, da decenni, una semplice teoria, bensì una solida combinazione di fatti e di concetti che riceve ogni giorno nuove conferme teoriche e sperimentali. Si può dire anzi che l’evoluzione biologica rappresenta oggi come ieri l’unico vero concetto unificante della biologia. Non è possibile comprendere, infatti, alcun fenomeno biologico se non alla luce del processo evolutivo che ha condotto, lentamente ma inesorabilmente, alle forme di vita attuali e che, per quanto lentamente, continua a modellare e rimodellare i genomi degli individui delle varie specie e, attraverso questi, le strutture e le funzioni di ciascuna di esse.

È opportuno innanzi tutto chiedersi che cosa c’è da spiegare; quali sono cioè i fenomeni biologici più importanti per i quali dobbiamo trovare una spiegazione scientifica. Il primo fenomeno da definire è rappresentato dall’enorme varietà degli organismi viventi. Oggi si valuta che esistano più di dieci milioni di specie, delle quali quasi due milioni appartenenti alla sola categoria degli insetti. Come spiegare tutta questa varietà di specie e di individui?

Il secondo fenomeno riguarda il fatto che in ogni sperduto angolo della superficie terrestre, non appena le condizioni fisiche e chimiche lo permettano, si trova qualche forma di vita. Anzi, nella maggior parte dei casi se ne trovano molte, stipate l’una accanto all’altra e organizzate in modo tale da dar luogo ognuna a un loro proprio microambiente.

Il terzo è l’adattamento. I membri di molte specie ci paiono possedere caratteristiche biologiche mirabilmente adatte a vivere negli ambienti dove vivono. Definire in maniera rigorosa il concetto di adattamento pone qualche problema, ma tutti possono comprendere che cosa si vuol dire con tale termine.

La teoria dell’evoluzione deve dar conto di queste tre osservazioni, ma non può non tenere in considerazione almeno altri due fatti. In primo luogo è noto da qualche secolo che le specie di oggi non sono quelle del passato. Scavando il terreno in diverse parti del globo, si possono osservare resti fossili di specie che non esistono più, mentre spesso non si trovano resti di animali e piante che ci sono oggi familiari. È chiaro poi che le diverse specie si assomigliano tra di loro, quali più e quali meno, e possono essere raggruppate in schiere appartenenti a livelli gerarchici diversi: specie, generi, famiglie, ordini, classi. Questo fatto appare come la testimonianza di una varietà di apparentamenti più o meno stretti, che non possono essere spiegati se non sulla base di una discendenza comune.

Le mutazioni avvengono a caso e non hanno alcuna direzione, né finalità. Agli esseri umani non piace l’idea di caso e ancora meno il fatto di essere divenuti quello che sono grazie a esso. Va precisato però che il termine caso non allude a niente di magico o misterioso. Un fenomeno avvenuto per caso non è un fenomeno che non ha una causa. Ne avrà certamente una, o più probabilmente molte, ma non si conoscono e spesso non c’è neppure alcun interesse a conoscerle. Quello che si vuole dire in realtà con l’affermazione che le mutazioni sono casuali è che queste non seguono un piano prestabilito. Il fatto che si senta la necessità di ribadirlo ha un motivo storico ben preciso. Prima di Darwin il naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829) aveva avanzato una sua teoria sull’evoluzione dei viventi, che aveva una natura direzionale. La teoria di Lamarck implicava il fenomeno della cosiddetta eredità dei caratteri acquisiti. In base alla sua ipotesi un animale poteva acquisire durante la sua vita una determinata caratteristica biologica: una callosità in una specifica posizione o l’allungamento di una specifica appendice. Dopo qualche generazione i suoi discendenti nascevano un po’ diversi, perché fin dalla nascita avevano già alcune di queste caratteristiche acquisite: una callosità dove serviva o l’appendice in questione un po’ più lunga. Dopo molte generazioni gli individui di quella specie avevano acquisito stabilmente tali caratteristiche. Va detto che molte persone pensano ancora oggi che la questione stia in questi termini e molti, che ragionano più o meno correttamente quando si tratta di caratteristiche organiche, tendono a pensarla in questa maniera per quanto concerne le caratteristiche comportamentali, soprattutto quelle più complesse e apparentemente astratte. Si tratta di una forma strisciante ma pervasiva di neolamarckismo.

Il motivo di questa predilezione è semplice. La spiegazione lamarckiana o neolamarckiana è molto più accettabile psicologicamente di quella darwiniana. Il suo problema è che, nella sua classica formulazione non corrisponde alla realtà delle cose.

Un’eccezione può essere data da ciò che hanno dimostrato recenti studi: una modificazione epigenetica, ovvero dovuta a interferenze esterne, di un gene può essere trasmissibile alla progenie. (Comunicazione verbale del professor Alberto Turco, genetista dell’Università di Verona)

Quello che impedisce una serena accettazione dell’evoluzionismo è soprattutto la mancanza della teleologia, di una finalità. Inoltre con la teoria evoluzionista il predominio dell’uomo, il cosiddetto antropocentrismo, perde ogni valore, si rientra tutti nel medesimo albero della vita.