Tornato dal viaggio sul Beagle, Darwin iniziò a elaborare una prima versione della teoria dell’evoluzione nel 1837 e la pubblicò 21 anni dopo e soltanto perché gli fecero sapere che A. R. Wallace era sul punto di precederlo.
Ci si è interrogati molto su questa lunga pausa e vedremo di capirne le ragioni.
I cinque anni trascorsi sul Beagle tolsero a Darwin ogni fede nella fissità delle specie. Infatti nel luglio del 1837 inizio a scrivere il suo primo quaderno sulla “trasmutazione”. Già totalmente convinto dell’esistenza dell’evoluzione, Darwin cercava una teoria che potesse spiegarne il meccanismo. Arrivò all’intuizione centrale leggendo per diletto un’opera che non aveva nulla a che vedere con l’argomento. Si trattava del “Saggio sul principio della popolazione” di Robert Malthus.
Scrive infatti Darwin nella sua autobiografia: “Nell’ottobre del 1838 […] mi capitò di leggere per divertimento il saggio di Malthus sulla popolazione e poiché, date le mie lunghe osservazioni sulle abitudini degli animali e delle piante, ero ben preparto a valutare ogni forma di lotta per l’esistenza, improvvisamente mi venne in mente che, in queste condizioni, le variazioni favorevoli tendevano a essere conservate e quelle sfavorevoli a essere distrutte. Il risultato di tutto questo sarebbe stato la formazione di nuove specie.”
Darwin aveva anche studiato a lungo l’importanza della selezione artificiale che viene eseguita dagli allevatori di animali. Ma fu la visione malthusiana della lotta e del sovraffollamento che gli diede l’idea della selezione naturale. Infatti se ci si riproduce più numerosi di quanti si può sopravvivere, deve essere la selezione naturale a guidare il processo: chi sopravvive, in media, è più adatto alle condizioni di vita prevalenti.
Darwin aveva capito a che momento della sua ricerca era arrivato. Nel 1842 e nel 1844 scrisse i primi abbozzi della sua teoria e le implicazioni che comportava. Ma che cosa fece Darwin durante i vent’anni trascorsi tra la scoperta e la pubblicazione? Per esempio dedicò otto anni a scrivere quattro grossi volumi sulla tassonomia e la storia naturale dei cirripedi (un’infraclasse di crostacei esclusivamente marini), anche se nell’autobiografia scriverà: “Dubito valesse la pena di dedicare tanto tempo a questo lavoro.”
Non fu per fare altri studi che Darwin non pubblicò. Il problema del suo ritardo è un problema complesso che comporta tanto una parte di approfondimento, dopo l’intuizione, quanto una componente di paura. Darwin aveva ventinove anni, nessuna posizione professionale ma stima e ammirazione dei colleghi per il lavoro svolto sul Beagle. Temeva certamente di compromettere una eventuale carriera come naturalista, perché si rendeva conto che pubblicare sull’evoluzione avrebbe avuto una risonanza fortissima e un risvolto ai limiti dell’eresia. Anche se di evoluzione si discuteva molto nella prima metà del XIX secolo, ma certamente non nei termini risolutivi di Darwin. Una parziale risposta si trova nei taccuini detti M e N, scritti tra il 1838 e il 1839 che sono la base della teoria. In questi taccuini che Darwin stesso definì “pieni di metafisica sulla morale” le riflessioni sono sul materialismo di cui la teoria è impregnata. La materia è l’essenza di tutto ciò che esiste e tutti i fenomeni mentali e spirituali sono prodotti secondari della materia. Niente poteva essere più sconvolgente per le radicate tradizioni del pensiero occidentale dell’affermare che la mente, in tutta la sua complessità, è semplicemente frutto del cervello. I taccuini dimostrano come Darwin fosse conscio delle implicazioni filosofiche della sua teoria. Sapeva che il punto principale della sua teoria dell’evoluzione era il materialismo. C’era chi parlava di forze vitali, di direzione della storia, dell’essenziale irriducibilità della mente, concetti che il cristianesimo poteva accettare come compromesso, perché compatibili con il Dio cristiano che agiva con l’evoluzione anziché con la creazione. Darwin, invece, parlava soltanto di variazioni casuali e selezione naturale. In un famoso epigramma del taccuino M Darwin scrive: “Platone disse nel Fedone che le nostre idee immaginarie non ci derivano dall’esperienza ma sorgono dalla preesistenza dell’anima, dove per preesistenza si deve leggere scimmie.” Era fatta, Darwin aveva rotto con duemila anni di filosofia e di religione.
Marx e Engels, i più accesi materialisti del XIX secolo capirono subito a qual punto era arrivato Darwin. Marx, infatti, scrisse a Engels: “per quanto svolto grossolanamente all’inglese, ecco qui il libro che contiene i fondamenti storico-naturali del nostro modo di vedere.”
Darwin era però un rivoluzionario moderato, anche per questo ritardò tanto la pubblicazione del libro ma evitò anche accuratamente qualsiasi affermazione pubblica sulle implicazioni filosofiche della sua teoria.
Nel 1880 scrisse: “Mi sembra […] che sia preferibile promuovere la libertà di pensiero con quella graduale illuminazione dell’umana conoscenza che deriva dal progresso della scienza. Perciò ho sempre evitato di scrivere sulla religione e mi sono limitato al campo scientifico.”
Mentre nell’edizione originale del 1859 Darwin non menzionava il Creatore, nelle successive edizioni lo aggiunse come inciso nella penultima frase dell’Origine: “Nella vita, con le sue diverse forze, originariamente impresse dal Creatore in poche forme, o in una forma sola, vi è qualcosa di grandioso; e mentre il nostro Pianeta ha continuato a ruotare secondo l’immutabile legge di gravità, da un semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose, si sono evolute e continuano a evolversi”. Interrogato sull’uso del termine “Creatore”, Darwin rispose: “Mi sono a lungo pentito di aver ceduto all’opinione pubblica, e di aver usato il termine pentateucale di creazione, con il quale intendevo in realtà dire “apparso per qualche processo interamente ignoto.”
Nonostante le teorie di Darwin vengano comunemente ritenute un’alternativa alla presenza di un Creatore all’origine della vita Darwin stesso appare come un uomo che continua a porsi domande – sia sul piano scientifico che spirituale – piuttosto che come una persona che ha trovato risposte definitive. In una lettera datata 22 maggio 1860 indirizzata al botanico statunitense Asa Gray, coetaneo e strenuo difensore della teoria dell’evoluzione e della selezione naturale, Darwin espone la propria perplessità riguardo all’esistenza di un progetto benevolo, ma conclude: “Non posso per niente accontentarmi di vedere questo meraviglioso Universo e soprattutto la natura dell’uomo e di dedurne che tutto è il risultato di una forza cieca. Sono incline a vedere in ogni cosa il risultato di leggi specificamente progettate, mentre i dettagli, buoni o cattivi che siano, sono lasciati all’azione di ciò che si può chiamare caso. Non che questa opinione mi soddisfi del tutto. Percepisco nel mio intimo che l’intera questione è troppo profonda per l’intelligenza umana. È come se un cane tentasse di speculare sulla mente di Newton, ognuno speri e creda come può”.
Il 1° luglio 1858, il grande amico di Darwin, Charles Lyell, assieme al collega Joseph Hooker, presentarono la teoria di Darwin (riguardo all’Origine delle specie per mezzo della selezione naturale) alla Linnean Society, a un pubblico piuttosto ristretto. Darwin non poté essere presente per la morte del figlio minore; insieme fu letta anche una comunicazione di Wallace che Darwin aveva ricevuto, in cui Wallace aveva esposto la formulazione di una sua teoria sull’origine della specie, da lui sviluppata indipendentemente, e con molti punti in contatto con quella di Darwin. Il saggio di Darwin sull’argomento L’origine delle specie fu pubblicato un anno più tardi, il 24 novembre 1859; tanto era l’interesse suscitato dalla sua opera che la prima edizione (in 1250 copie) andò esaurita il giorno stesso.
Nelle sue opere successive – quali La variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale e L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo – Darwin sviluppò altri temi soltanto abbozzati o neppure accennati ne L’origine delle specie. Ne L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo, Darwin abbozzò per la prima volta lo studio del comportamento animale secondo una prospettiva evoluzionistica, che avrebbe dato spunto nel secolo successivo all’etologia.
Nonostante le profonde modifiche cui è andata (e va) incontro anche ai giorni nostri la teoria dell’evoluzione per selezione naturale, le riflessioni di Darwin sono ancor oggi la base e il presupposto scientifico per lo studio della vita e della sua evoluzione; unica lacuna importante nel sistema darwiniano era la mancanza di conoscenza dei meccanismi dell’ereditarietà genetica (i lavori di Gregor Mendel non erano ancora pubblicamente noti).
L’opera di Darwin fu molto apprezzata dalla comunità scientifica. Egli divenne membro della Royal Society nel 1839 (per la raccolta delle informazioni effettuata durante il suo viaggio) Nel 1870 fu nominato socio d’onore della Società Geografica Italiana e nel 1878 fu accolto anche dall’Académie des Sciences francese.
Alla sua morte, avvenuta a Downe, il 19 aprile del 1882, Darwin ricevette funerali di stato e fu sepolto nell’Abbazia di Westminster accanto a John Herschel e a pochi passi da Newton.