“Certi sentimenti. Storie di vite ricomposte” di Marina Mengarelli Flamigni

Recensione di Maria Teresa Busca

«La morte dell’altro uomo mi chiama in causa e mi mette in questione, come se io diventassi, per la mia eventuale indifferenza, il complice di questa morte, invisibile all’altro che vi si espone; e come se, ancora prima di esserle io stesso destinato, avessi da rispondere di questa morte dell’altro: come se dovessi non lasciarlo solo nella sua solitudine mortale.»

Questa frase di Emmanuel Lévinas potrebbe raggruppare le tre storie di lutto e di ricomposizione che Marina Mengarelli Flamigni narra nel suo coinvolgente romanzo a tre voci, o meglio a sei voci.

Le protagoniste, infatti sono tre donne Aurelia, Margherita e Flavia, tre donne che vivono il lutto per la perdita del loro compagno. Ma i tre compagni sono sempre presenti nella narrazione, li si vede e li si sente, pare di conoscerli tanto quanto si conoscono le tre protagoniste che si narrano in modo disarmato e disarmante. La forza del romanzo è nella semplicità del linguaggio, dove il dolore è narrato senza veli e nello stesso tempo con pudore. I sentimenti che le protagoniste provano vanno rintracciati nell’empatia che la narrazione suscita nel lettore. Chi legge è dentro ciascuna delle tre vicende e non può sfuggire alla tensione del racconto. 

Narrare il dolore non è semplice, si può cadere nel tranello dello stereotipo, ma qui non accade. Con mano leggera, come le pennellate di un acquerello, Mengarelli sa esprimere quanto di più coinvolgente esiste: la perdita del compagno amato.

Questo dolore è analizzato in tre testimonianze, tre donne differenti per professione e per il modo di affrontare la vita sono unite dal fil rouge della perdita. Diverso il loro modo di affrontare il dolore e di cercare una ricomposizione della vita. Una fase nuova si apre nel dolore e Aurelia lo dice chiaramente: “Perdere chi ami […] significa anche perdere quanto ti ha reso quella che sei ora. Devi affrontare il fatto che hai perso anche una parte di te.”

E qui torna di nuovo alla mente Lévinas che scriveva che quando muore una persona amata muore anche quella parte di noi che le avevamo affidato, quanto avevamo condiviso, le confidenze che le avevamo fatto. 

Non c’è più il testimone di quanto si è gioito o sofferto insieme. Questo vuoto che accompagna chi resta è reso molto bene dalle sensazioni che le protagoniste provano. La forza di andare avanti, dopo il primo stordimento provocato dal dolore, la trovano proprio nella presenza-assenza del compagno perso.

Marina Mengarelli entra nel mondo del dolore con passo leggero, senza paura di farsi male, con il coraggio che talvolta sostiene nelle situazioni in cui non si può più agire, non si può più salvare, bisogna accettare la realtà per quanto sia soffocante. Non a caso si parla più di una volta del respiro, di come sembra abbandonare le protagoniste e di come lo si possa ritrovare nel processo di ricomposizione.

È questo un libro che aiuta a meditare su quali siano le gioie della vita, su come riconoscerle e su come sia devastante il dolore della perdita proprio nella quotidianità dei piccoli gesti.

Una vita nuova attende Aurelia, Margherita e Flavia, dovranno scoprirla con la loro forza, declinarla nell’ambito del loro carattere, la intuiranno camminando nella natura, la troveranno provando di nuovo a dedicarsi alla loro professione, magari rivisitata, percorrendo strade nuove che piano piano si proporranno alla loro vista.

Un libro da leggere, non tanto per possibili processi di identificazione con l’una o l’altra delle protagoniste, ma per trovare un proprio orientamento nei momenti di dolore che fanno parte della vita di tutti e di ognuno.