Inizio Vita

Le questioni morali di inizio vita occupano un posto di rilievo nel dibattito bioetico, in quanto lo sviluppo scientifico e tecnologico ha cambiato profondamente anche il modo di venire al mondo.
È dalla fine degli Sessanta del XX secolo che, soprattutto a livello scientifico, si discute dell’accettabilità morale degli interventi finalizzati a realizzare i processi di fecondazione fuori dall’utero femminile, ovvero in vitro. È, tuttavia, soltanto nel 1978 con la nascita di Louise Brown, la prima bambina nata grazie alla FIVET (Fecondazione in vitro con embryo transfer), e in concomitanza con l’affermarsi a livello internazionale della bioetica, che la questione della riproduzione assistita è diventata un tema centrale del dibattito pubblico. La possibilità di far nascere una persona a partire da un intervento di riproduzione assistita pone ovviamente in primo luogo la questione se sia giusto o meno ricorrere a questa pratica. Gli aspetti più dibattuti sono, poi, quelli che riguardano i requisiti che le persone dovrebbero soddisfare per poter rivendicare un diritto all’accesso agli interventi di riproduzione assistita (a seconda della prospettiva che si assume, le preferenze sessuali, la condizione di salute, lo stato di famiglia, l’età possono essere considerati condizioni più o meno importanti), l’uso di gameti esterni alla coppia (si tratta della questione della cosiddetta riproduzione eterologa), il congelamento (o crioconservazione) degli embrioni, l’analisi genetica degli embrioni prima del loro trasferimento nel corpo della donna (diagnosi genetica pre-impianto) e – dopo la nascita della pecora Dolly e lo sviluppo delle tecniche di clonazione riproduttiva – la creazione di embrioni a partire da cellule somatiche e, di conseguenza, senza l’utilizzo di gameti.
Altre questioni sono collegate alla possibilità di ricorrere ad interventi di riproduzione assistita attraverso una maternità surrogata, ovvero con l’aiuto di una donna che porta avanti la gravidanza al posto di una coppia (eterosessuale o gay) che altrimenti non potrebbe avere figli, alla compra vendita di gameti, con la possibilità di scegliere quelli che presentano determinate caratteristiche, ed, infine, soprattutto nel nostro paese, all’obiezione di coscienza avanzata dai medici.

Tra i problemi di inizio vita che sono stati più ampiamente trattati dalla riflessione bioetica una particolare rilevanza ha anche quello che ha a che fare con il trattamento degli embrioni. Il tema della rilevanza morale emerge sia nel dibattito sull’interruzione di gravidanza (aborto) che in merito all’uso degli embrioni crioconservati e non più utilizzati a fini riproduttivi e alla creazione di embrioni (sia a partire da gameti che da cellule somatiche) per la ricerca. Oltre alla questione dei limiti che dovrebbero essere posti alla distruzione degli embrioni (e, quindi, della rilevanza morale che dovrebbe essere riconosciuta a questi organismi), si discute ampiamente sul valore morale degli embrioni prodotti per clonazione nucleare e, in particolare, se essi hanno un valore morale inferiore a quelli che derivano dai gameti.
Sempre più acceso, inoltre, è il dibattito sulla liceità morale degli interventi che in futuro potrebbero essere realizzati sugli embrioni non per finalità terapeutiche, ma migliorative, cioè rivolti al potenziamento (enhancement) di capacità fisiche e cognitive e non semplicemente alla prevenzione di malattie.

All’inizio della vita, inoltre, importanti questioni emergono dalla capacità degli operatori sanitari di tenere in vita o, comunque, rianimare neonati con un’età gestazionale sempre più bassa. Esse riguardano i risultati che si possono attendere in termini di sopravvivenza e di qualità della vita, la sofferenza imposta ai piccoli pazienti, i danni che le pratiche di rianimazione possono causare e, soprattutto, la questione se agire per la sopravvivenza, anche per un tempo breve, sia sempre la migliore delle soluzioni, insieme a quella di chi debba decidere.

Non ampia, ma non per questo meno rilevante è, infine, la discussione intorno al trattamento delle donne incinte cerebralmente morte, ma mantenute collegate a macchine vicarianti per permettere ai feti che hanno in grembo di raggiungere un adeguato stadio di sviluppo. Le femministe ritengono che questo caso mostri in maniera paradigmatica la propensione della riflessione bioetica a mettere in secondo piano la figura della donna nella riproduzione.

DOCUMENTI FONDAMENTALI DELLA CONSULTA DI BIOETICA:

Per una difesa del diritto di aborto

La fecondazione assistita

Principi etici per una regolazione sulla procreazione assistita

Documento sulla Fecondazione assistita