Comunicato stampa: A margine della tragica vicenda di Alfie Evans.

A margine della tragica vicenda di Alfie Evans:
la brutta figura dell’ospedale Bambin Gesù di Roma
e quella ancora peggiore dei ministri Alfano e Minniti

Ora che la tragica vicenda di Alfie Evans è in via di conclusione, è opportuno riflettere su alcuni aspetti della aspra controversia pubblica, con particolare riguardo alla posizione dell’ospedale vaticano Bambin Gesù espressa dalle parole della sua Presidente Mariella Enoc.

In via preliminare va ricordato che (come si legge in una nota pubblicata dall’ospedale inglese) già nel settembre 2017 la famiglia Evans aveva richiesto il parere di due specialisti indipendenti e di tre esperti del Bambin Gesù, i quali hanno cooperato coi medici dell’Alder Hey Hospital, giungendo alla unanime conclusione che “la condizione di Alfie è irreversibile e non più curabile” (Alfie’s condition is irreversible and untreatable). È sulla scorta di questa terribile realtà che i medici dell’ospedale di Liverpool si sono chiesti “se continuare il trattamento di Alfie fosse nel suo miglior interesse” o l’insistenza fosse una forma di accanimento terapeutico e hanno sentito il dovere professionale e morale di dare una risposta precisa, ossia quest’ultima.

Inoltre, già allora i medici del Bambin Gesù, “in modo significativo hanno osservato che, data l’epilessia di Alfie, c’era un rischio che soffrisse ulteriori danni cerebrali nel caso di un eventuale trasporto all’estero. Hanno offerto di portarlo nel loro ospedale, ma convenivano che non si potesse fare nulla per migliorare la sua condizione. Ulteriori procedure invasive sono state proposte, ma queste non l’avrebbero aiutato a ristabilirsi”.

Per questo i medici inglesi, rispettosi del “miglior interesse del bambino” (child’s best interest), hanno chiesto di sospendere: perché con precisione non si sa se Alfie soffra anche se è probabile di sì e perché non c’è alcuna speranza né di recupero né di miglioramento: condizione questa che, forse per analogia con la futilità dei trattamenti, è stata indicata dal giudice Heyden con “futility of Alfie’s life”, espressione forse infelice e impropria, ma che non è centrale nella trattazione e comunque può indicare che è una vita “non-vita” date le miserrime condizioni di esistenza.

Il 14 aprile, Avvenire ha intervistato la Presidentessa del Bambin Gesù, Mariella Enoc, che ha affermato: “Il bambino ha sondini, e i nostri medici – per farlo soffrire meno [sic!] – propongono una tracheotomia e un’alimentazione tramite Peg”. Tesi ribadita a Radio Vaticana il 19 aprile: “non faremo certamente accanimento terapeutico; i nostri medici hanno deciso di mettere al bambino eventualmente una PEG, per l’alimentazione, e una tracheotomia per la respirazione, qualora si rendesse assolutamente necessario… E naturalmente si potrebbe approfondire la diagnosi […] anche perché la malattia non è stata esattamente ancora diagnosticata. Molte malattie sconosciute in questi anni, anche rapidamente, sono state conosciute e quindi non ci si può arrendere di fronte al volere che la scienza continui i suoi percorsi. Quindi noi non abbiamo in questo momento una cura”

Queste affermazioni sono a dir poco sorprendenti per le seguenti ragioni:

1. è vero che non c’è una “diagnosi”, ma questo solo perché si tratta di una patologia sconosciuta: basta informarsi per vedere che c’è unanime consenso degli esperti (compresi quelli del Bambin Gesù) circa l’irreversibilità della condizione. Giocare con le parole e continuare a instillare speranze impossibili è mistificatorio e al fondo poco professionale, come lo è minimizzare i rischi del proposto trasporto aereo.

2. La proposta di mettere una PEG e fare la tracheotomia era già stata presa in considerazione a settembre, e rifiutata dai medici perché comporta un peso ancora maggiore dei sondini oggi applicati e meno invasivi. Né basta dichiarare che “non faremo certamente accanimento terapeutico”, perché queste sono solo parole al vento buttate lì per esorcizzare o nascondere proprio ciò che si vuole fare: ossia accanimento terapeutico su un bimbo che molto probabilmente soffre e viene mantenuto in quella situazione per volere di non si rassegna di fronte a una tragica triste realtà.

3. Le parole citate sembrano alludere all’idea che al Bambin Gesù di Roma si “curi meglio” che al Alder Hey di Liverpool e che i medici italiani “siano più bravi” di quelli inglesi, e questo perché – come ha continuato Mariella Enoc – al Bambin Gesù “noi sappiamo che non molliamo mai e poi quando si decide che il bambino non ce la fa lo si accompagna lentamente alla sua morte naturale”: proposizione che lascia intendere che invece i medici inglesi sarebbero meno rispettosi della vita …

Lasciandosi abbindolare da questa falsa rappresentazione della realtà, i ministri Alfano e Minniti hanno dato la cittadinanza italiana al piccolo Alfie per consentirne il rapido trasporto a Roma, minacciando un incidente diplomatico col Regno Unito in caso di diniego. Mossa che è una chiara indebita interferenza con la medicina e giustizia britanniche, e che pare legittimare i pesanti, ingiusti e ripetuti attacchi rivolti a queste istituzioni su vari media italiani. Inoltre, stupisce molto la solerzia di alcuni ministri italiani nel concedere la cittadinanza ad Alfie Evans, che non è altrettanto supportata in altri casi di bambini provenienti da paesi diversi.

Noi della Consulta di Bioetica riteniamo che la polemica sollevata in Italia contro la gestione del caso Alfie Evans sia stata informata da un inappropriato furore ideologico di stampo vitalista.

È stato deleterio l’aver preteso di instaurare un confronto tra medicina britannica e medicina italiana, e questo fatto avrà come effetto una ulteriore perdita di fiducia del pubblico nella medicina nel suo complesso e renderà meno facile la collaborazione tra gli esperti. Che Mariella Enoc non sia stata ricevuta dalla dirigenza dell’ospedale di Liverpool è il segno che le sue pesanti dichiarazioni e i suoi imperiosi e sconvenienti gesti hanno creato una ferita che non sarà facile rimarginare.

Ancora più grave è che si deve constatare come i cattolici italiani solo a parole dicono di voler applicare la proporzionalità delle cure, ma poi in pratica non mollano mai e si ostinano a oltranza (con tracheotomia e Peg) fino a praticare l’accanimento terapeutico che poi negano di fare: sarebbe meglio acquisissero maggiore senso della realtà per non perdere ulteriormente credibilità.

Nel caso specifico ben diverso è stato l’atteggiamento dei vescovi inglesi, che nel loro Comunicato del 18 aprile hanno precisato che le critiche all’ospedale sono “infondate”, e che tocca all’ospedale Bambin Gesù presentare ai tribunali britannici “le ragioni mediche perché si faccia un’eccezione in questo caso tragico”. E concludono di pregare, “con amore e realismo” per riuscire a accompagnare al meglio tutti nel tragico percorso di sofferenza. Purtroppo, le ragioni a favore dell’eccezione non sono state fornite, ma solo affermazioni demagogiche informate a un pregiudizio vitalista che porta a praticare l’accanimento terapeutico su un bambino indifeso.

Invece che denigrare la medicina e la giustizia britannica, noi della Consulta riteniamo che si debba prendere esempio dal comportamento britannico, e chiediamo che anche in Italia si proceda con maggiore vigore nella tutela dei bambini soggetti a accanimento terapeutico.

Dr. Giacomo Orlando
Vice-presidente della Consulta di Bioetica
Coordinatore Sezione Novi Ligure

 

 

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9 thoughts on “Comunicato stampa: A margine della tragica vicenda di Alfie Evans.”

  1. Ecco. “ Medici “ come lei fanno veramente paura… Il piccolo Alfie potra’ non essere guaribile ma curabile SI è fino al suo ultimo respiro che dovra’ spegnersi nell’ ordine naturale delle cose. E’ davvero spregevole che sotto la definizione di “ accanimento terapeutico”si nasconda in realta’ Quella di “uccisione di un malato prima del tempo.” Alfie sta dimostrando a tutto il mondo che non era affatto tenuto in vita dalla macchina e che quindi non si trattava di accanimento: lui sta vivendo – dicasi VIVENDO – la SUA vita e a nessuno e’ consentito di sentenziare in nome di una “scienza” che si vuole identificare con i sedicenti “scienziati”sulla vita e morte di chicchessia

  2. Premesso che, non so se ci avete fatto caso, il bimbo stubato e non sedato vive autonomamente nonostante gli razionino cibo e acqua, la storia non si avvia ad alcuna fine, è interessante che la “consulta di bioetica de noantri” cioè voi, non facciate differenza tra cura e guarigione (oltre neanche a sapere il nome corretto della struttura ospedaliera di cui blaterare).
    Mi domando se avete per caso come socio il signor Silvio Viale, il che spiegherebbe tutta la vostra pervicace e ostinata insensibilità nei confronti della vita.

  3. Meglio furore ideologico di stampo vitalista che voler far morire un bambino a tutti i costi. Ricordandovi che quel bambino potrebbe essere uno dei vostri figli vi dico che un padre e una madre hanno il dovere di provare di tutto affinché il figlio resti in vita. Esempio ne è mio nipote che non doveva vivere più di cinque anni( problemi alla nascita e somministrazione di farmaci dubbi) ora ha 30 anni ha qualche problema a livello cerebrale ma niente di serio e secondo i medici ha un’aspettativa media . Certo non ha vita facile ma è vivo e questo per i genitori è una vittoria.

  4. Ma il fatto che il bambino, una volta staccato il respiratore, abbia continuato a respirare autonomamente e che gli stessi medici inglesi abbiano ammesso di essersi sbagliati, quindi che adesso il bambino sia tenuto in ospedale forzatamente dalla “giustizia” inglese, non lo considerate?

  5. Spett.le dr Orlando,
    la ringrazio della sua breve ma efficace nota.
    Come operatore sanitario e cittadino mi sono in parte rincuorato nel leggere il suo comunicato.
    Non conoscevo i precedenti di settembre da lei citati (che rinforzano il suo giudizio) ma in questi giorni mi interrogavo sulle superficiali, incaute ed inopportune azioni italiane.
    E’ l’ennesima dimostrazione che nel nostro paese non è possibile affrontare “laicamente” i temi del fine vita, della proporzionalità delle cure, dell’accanimento terapeutico.
    Inoltre abbiamo screditato una comunità scientifica, un sistema di regole e procedure che un paese si è dato per “tentare” di affrontare temi e casi molti complessi e limite come quello del piccolo Alfie.
    Dopo questo clamore mediatico sollevato in buona parte per l’azione del nostro paese, i medici ed i giudici inglesi vengono persino accusati di “omicidio”. Credo che invece dopo giorni e mesi di studio, dibattito, sofferenza, sul singolo e specifico caso (medico, umano, familiare, etico) le loro decisioni siano state orientate mettendo al centro di tutto proprio la “non più vita” del povero Alfie. E’ doloroso, tragico, drammatico, ma una medicina che non sa dire basta alle cure non è una medicina più per l’uomo ma contro l’uomo giacchè è per sua natura vita ma anche morte.
    Mi piacerebbe leggere in questi giorni un parere sulla vicenda da parte del Comitato Nazionale di Bioetica.
    Forse sia il Bambin Gesù che i Ministri, prima dei loro incauti comportamenti potevano almeno interrogare il citato Comitato.

    Un saluto,

  6. La questione in senso politico è sbagliata , non è che offrì la cittadinanza ad un bambino che sta morire per curarlo,ma a differenza se credono che in Italia un certo ospedale che fa certe ricerche bla bla fosse stato meglio… avrebbero potuto ospitarlo. (Gli ospedali uk in campo di ricerca sono cmq tra i più all avanguardia) E in seguito, qualora ci fossero stati cavilli istituzionali proporre in estremis la cittadinanza. Accade spesso di persone che per certe operazioni/cure vengono ospitate in altri paesi. Ma sta cosa di offrire la cittadinanza in questo modo sembra quasi un pass sottobanco a discapito di tutti quelli in fila! E ce ne sono. É stata una proposta troppo soggettiva, e non puoi comportarti come faresti in famiglia in POLITICA, per giunta IN ambito internazionale! Avrebbero potuto dargli un certificato di tot anni secondo le previsioni di cure/vita. Più che metterla sul salvare bambino si o no… mi chiedo c era bisogno proprio di sta cittadinanza?! Non è che il nostro politico abbia voluto fare una prova per testare il volere pubblico?! (Così da cercare di capire che provvedimenti prendere con gli immigrati illegali e non?!) . Che sia stata davvero una richiesta d istinto!? Diamine i politici dovrebbero pesare ogni azione e parola!! Davvero questo non ha pensato al gesto internazionale, ed a cosa avrebbe potuto scaturire?!?!? Mah mi sembra strano! Mica si tratta di un ragazzino 15enne che fa delivery!

  7. Risposta del dr Giacomo Orlando ai commenti ricevuti.
    La passione per la cura, che per oltre quarant’anni ha guidato i miei compiti di anestesista
    rianimatore in un ospedale di provincia, quello di Novi Ligure, mi ha portato a seguire con particolare attenzione il caso di Alfie Evans: mi sono chiesto se continuare le terapie in quelle circostanze non fosse una forma di accanimento terapeutico. Per questo, ho scritto il Comunicato-stampa del 24 aprile 2018, che ha ricevuto vari commenti su cui ritengo vale la pena dire qualcosa.
    In primis ringrazio tutti coloro che hanno dedicato tempo a leggere quanto scritto e si sono presi la briga di replicare. Questo vale anche per coloro che si sono limitati a lanciare insulti che non valgono né citazione né risposta.
    Altri interventi invece hanno fissato l’attenzione sul “fatto che il bambino [Alfie], una volta staccato il respiratore, abbia continuato a respirare autonomamente”. Ciò avrebbe portato “gli stessi medici inglesi [ad ammettere …] di essersi sbagliati” e chiedono “che adesso il bambino sia tenuto in ospedale forzatamente dalla “giustizia” inglese, non lo considerate?”.
    A parte il tono a volte polemico di questo e di altri due o tre interventi simili, qui il problema riguarda i fatti, e possiamo rispondere. Il fatto che Alfie abbia continuato a respirare autonomamente non è affatto prova che i medici inglesi si siano sbagliati. Infatti, quello osservato è fenomeno che si può registrare in situazioni simili, e non è né un miracolo né tantomeno prova di un madornale errore clinico. Il collega Alberto Giannini ha offerto un’ottima spiegazione della questione e noi abbiamo tenuto conto del rilievo nel successivo comunicato del 1 maggio: a tutti consigliamo la lettura del bel contributo di Giannini. Quindi, i nostri critici sono male informati e speriamo che una migliore e più corretta informazione li porti a modificare la posizione. Questo evita anche l’obiezione di chi ha affermato che “Meglio furore ideologico di stampo vitalista che voler far morire un bambino a tutti i costi” e ha poi raccontato una vicenda specifica che a suo dire mostrerebbe gli errori medici.
    Ribadiamo comunque che il furore ideologico di stampo vitalista genera disastri, e che non è vero che i medici inglesi abbiano voluto “far morire un bambino a tutti i costi”. Questo è falso e ingeneroso: l’hanno curato e accudito per lunghi mesi, e hanno chiamato a consulto i migliori specialisti del mondo, usando le migliori tecniche diagnostiche disponibili: quando poi hanno visto che continuare sarebbe stato accanirsi, hanno preferito lasciare che la natura seguisse il suo (tragico) corso continuando ad assistere il piccolo con le cure palliative. E a questo proposito mi si lasci dire che le cure palliative le hanno introdotte proprio gli inglesi, e che noi italiani siamo andati a impararle proprio in UK.
    Di tenore diverso sono infine altri due interventi, quelli che ripagano la fatica fatta per
    preparare il comunicato ….
    Un ragionamento a parte va invece fatto per le critiche mosse al Comunicato da Giorgia
    Brambilla e Cristiano Lugli su Riscossa Cristiana

    In questo caso ringrazio per aver sottolineato che l’impostazione sottesa al mio
    Comunicato è quella di Engelhardt, Singer, Harris, osservazione che leggo come un immeritato complimento, non sono filosofo morale.
    Il punto cruciale dell’obiezione sta nel concetto di “accanimento terapeutico”, e i critici citano il dr. Byrne a loro favore.
    Certamente futilità è una parola che a mio avviso presenta complessità di traduzione: può essere “ inutile “ che se riferito ad una vita può evocare una connotazione negativa ( teoria dello “ scarto” ) ma potrei tradurre “ vita non-vita” allora assumerebbe un altro significato ; se lo riferisco alle cure è meno equivoco ed equivale a inefficace, sproporzionato, inutile ai fini terapeutici e prognostici.
    Certo la futilità deriva da osservazioni empiriche, osservazioni empiriche che comprendono anche la diagnosi e la prognosi , ma dalle conclusioni empiriche deriva il giudizio etico: quanto è moralmente lecito fare nella situazione data?
    La rilevazione empirica comporta però una valutazione etica.
    Per quanto riguarda la tracheotomia e la PEG ( Percutaneus Endoscopic Gastrotomy), certo che presentano dei vantaggi rispetto all’intubazione orale o nasotracheale e al sondino naso gastrico e naso digiunale : l’una permette una riduzione /sospensione della sedazione, un miglior svezzamento dalla ventilazione meccanica ed è ben tollerata dal paziente, l’altra è egualmente ben tollerata dal paziente e di facile, anche se accurata, gestione sia in ambito ospedaliero che al domicilio del paziente.
    Sono comunque provvedimenti “ altamente invasivi “ comportano soluzioni di continuo dei tessuti, sono gravati entrambi da complicanze anche gravi, facilmente consultabili su qualsiasi pubblicazione scientifica ( ad esempio per la PEG, anche se raramente sono state segnalate cellulite e fascite, ad esempio – le fasciti hanno una mortalità che si avvicina la 40%- ) superiori come numero e gravità a quelle del sondino naso gastrico e dell’intubazione classica ad esempio, complicanze a cui gli autori dedicano molta attenzione.
    Ma fondamentale è l’indicazione all’utilizzo di queste procedure, il loro inserimento in un piano terapeutico che abbia un senso e non cada nell’accanimento e nella futilità .
    Ovviamente l’utilizzo di queste metodiche dipende dalla diagnosi e dalla prognosi .
    L’intubazione non può essere mantenuta per un tempo prolungato, e si impone di definire un timing appropriato per la tracheotomia; questa è pratica comune in tutti i reparti di terapia intensiva.
    Come detto anche la PEG presenta vantaggi rispetto al sondino naso gastrico; le indicazione classiche della PEG per altro sono le patologie neurologiche degenerative, gli esiti di traumi cranici gravi, le lesioni anatomiche o funzionali della prima parte del tubo digerente che impediscano l’utilizzo del sistema gastrointestinale per l’alimentazione.
    Tutte situazioni prevedono di solito un decorso tendente alla cronicizzazione con aspettative di vita anche lunghe e spesso di non buona qualità.
    Non userei mai una PEG in un paziente critico, intubato, sedato, temporaneamente incapace di nutrirsi, ma per il quale però è ragionevole prevedere un decorso favorevole in breve tempo.
    Mi pare che Alfie non si trovasse in nessuna di queste condizioni.
    Il problema non è la superiorità della tracheo verso intubazione e della PEG verso sondino dal punta di vista medico; il problema è: mi sto accanendo o no?
    .Queste metodiche, per i motivi esposti prima, se applicate al caso di Alfie, ritengo siano accanimento terapeutico e mi sembra difficile farle rientrare nelle terapie palliative.
    Il fatto poi che di fronte ad ogni caso come quello di Alfie si debba riflettere e ragionare è tanto ovvio da essere quasi banale.
    Certo la riflessione, la pacatezza di un dibattito non ideologico sono sempre da preferire al dibattito urlato e ideologico, come spesso accade.
    Due osservazioni personali, sommesse, agli estensori dell’articolo: se è possibile, lasciamo stare Hitler, che a quanto pare esercita sempre un fascino irresistibile, non mi sembra ne necessario ne onesto.
    Anzi, invece che Hitler, nella motivazione della sentenza l’alta corte di Giustizia Inglese in dat 20 febbraio 2018, si citano la Dottrina della Chiesa Cattolica da Pio XII fino a Francesco, il Catechismo, La Dichiarazione sull’Eutanasia della Congregazione per la Dottrina della Fede ( 1980 ) a supporto della decisione sulla sospensione delle cure.
    Inoltre la sentenza non ha considerato che il best interest di Alfie fosse la sua morte , ma la sua non-sofferenza in una situazione senza speranza ( mi sembra che su questo non ci debbano essere dubbi), e, se non vogliamo nasconderci dietro ad un dito, spesso, annullare la sofferenza inutile e ingiusta equivale, ad abbreviare una vita.
    Resta aperto un problema di grande senso: la responsabilità genitoriale, che si deve affrontare un grande impegno in situazioni drammatiche come quella di Alfie, sulla quale riflettere con grande cura e responsabilità. Spesso le decisioni dei medici trovano opposizione nei genitori, in questi casi interviene la magistratura. Meno si incorre in questa situazione, meglio è.
    Solo un rapporto fiduciario molto forte tra medici e genitori, basato sulla correttezza e completezza dell’informazione, sulla comprensione e condivisione di inevitabili momenti di tensione può portare veramente a decidere per il best interest del paziente.
    Percorso lungo, difficile ma ineludibile.
    Giacomo Orlando, Medico

  8. Sono sconcertata che un medico, totalmente all’oscuro e che non ha letto una sola parola della cartella clinica di Alfie Evans, possa permettersi di fare affermazioni e dare giudizi come quelli che ho letto qui sopra.
    Soprattutto mi spaventa che si possa pensare di auspicare anche in Italia la applicazione della morte come best interest del paziente decisa e imposta da giudici su sollecitazione dei medici contro il volere dei genitori.
    La sacralità della vita non è questione di cattolicesimo, ma di logica e di umanità.
    Infatti non è un caso che già Ippocrate la affermasse come principio imprescindibile della medicina centinaia di anni prima di Cristo.
    Mentre la scelta mortale è troppo spesso una mera valutazione economica mascherata da pietà pelosa.
    Spero con tutta me stessa che possa ricredersi e iniziare a guardare ai malati con occhi diversi e vera compassione spendendosi per aiutarli a vivere nel modo migliore il loro tempo invece che per ridurlo il più possibile.
    Avv. Monica Boccardi Giurista per la Vita difensore di Thomas Evans e Kate Jonson genitori di Alfie Evans

    1. Gentile Avvocato,
      mi permetta di rispondere brevemente alle Sue osservazioni sul caso Alfie Evans.
      Anch’io, in verità, sono sorpreso da alcune delle Sue affermazioni.
      E sono anche sorpreso dall’ecumenica condanna dell’accanimento terapeutico, ogni qualvolta se ne parla in modo astratto, e via quindi con le classiche citazioni, da Pio XII, passando a Paolo VI (lettera al Cardinal Villot), alla Dichiarazione sull’Eutanasia del 1980 della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.
      Ma quando si cala in re tutto svanisce e, ovviamente, si torna sempre a una strenua e indefessa difesa del vitalismo più marcato fino alla fine. Non ho letto la cartella medica, ma ho toccato con mano nella mia vita professionale, problemi molto simili a quello in discussione.
      E Le dirò che ho anche praticato l’accanimento terapeutico, a volte in buona fede, a volte trascinato dall’essenza stessa della medicina intensivistica, dove spesso si iniziano le terapie in condizioni estreme d’urgenza in assenza di diagnosi precisa, diagnosi che si chiarisce poi più avanti e che molte volte pone di fronte a una situazione senza speranza.
      Per questi motivi sono sicuro che nel caso di Alfie si trattasse di accanimento terapeutico e che le misure proposte dal Bambin Gesù non fossero condivisibili e non rientrassero affatto in una buona pratica palliativa
      Il protocollo proposto dai Medici dell’Ospedale romano è il percorso classico che si programma in un paziente con ragionevoli probabilità di recupero; nel caso che ci interessa continuo a ritenerlo accanimento terapeutico e continuo a pensare che il best interest di Alfie non fosse la sua morte, come Lei scrive, bensì la fine della sua sofferenza.
      Mi permetto di citare un passo della sentenza della Suprema Corte Inglese (mi scusi per la extrapolazione, come sempre togliere una singola frase da un contesto non è corretto), ma l’affermazione mi sembra significativa:
      “ The EEG she told me was “markedly attenuated” which she clarified as “essentially flat”. The only identifiable activity followed immediately upon epileptic seizure and quickly disappeared”.

      In pratica l’EEG di Alfie era essenzialmente piatto, e le uniche attività registrabili con continuità erano riferibili a uno stato di male epilettico.
      Questa situazione, per esempio, non avrebbe permesso in caso di tracheotomia, la riduzione della sedazione (obiettivo della tracheotomia in altro contesto clinico), che sarebbe rimasta necessaria per il trattamento dello stato di male epilettico; quindi non ci sarebbe stato vantaggio di nessun tipo dal passare dall’intubazione alla tracheotomia.
      La ringrazio se vorrà porre qualche attenzione a questa mia riposta e La saluto cordialmente.
      Giacomo Orlando

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