AVEVO UNA CHIMERA PICCOLINA IN CANADA – di Alberto Turco

Un tipo di ricerca “ai confini della realtà” medica, scientifica, bioetica, filosofica e antropologica. Si tratta di “chimere [o ibridi] interspecifiche” come sono, per esempio, gli embrioni animali contenenti cellule umane. Anche se le chimere richiamano mostri mitologici che possiedono parti del corpo di differenti animali, si tratta di realtà scientifiche biologiche molto importanti. Il fine ultimo e principale di questi filoni di ricerca è quello di sopperire alla carenza di organi da trapiantare. Si tratterebbe di eseguire quelli che vengono definiti “xenotrapianti“, quando cioè il donatore è di una specie diversa dal ricevente. Per esempio il trapianto nell’uomo di un cuore o di un rene prelevato a un maiale, i cui tessuti sono stati ‘umanizzati’, cioè geneticamente modificati, in modo da non indurre il rigetto da parte del sistema immunitario del ricevente. Negli anni 2002 e 2003, erano stati clonati, con il metodo “Dolly” (trapianto di nucleo somatico), dei maiali “knock out”, in cui era stato inattivato il gene che produce un importante antigene di superficie (per i pignoli: l’alfa-1,3-galattosiltransferasi), responsabile del rigetto iperacuto al trapianto. Erano stati fatti esperimenti di trapianto renale maiale-babbuino, con buona sopravvivenza degli organi trapiantati. Per tornare alle nostre chimere, era stata creata con successo una capra pecora, la “caprecora” (i meno giovani tra di voi ricorderanno le bellissime pubblicità degli animali di Gioele!). Ma a che scopo? Una possibile applicazione sarebbe di permettere un giorno di salvare specie a rischio estinzione. Quindi: (xeno)trapianti e salvataggio di specie. Ma anche, e soprattutto, acquisizione di nuove preziose conoscenze sui meccanismi normali e patologici dell’embriogenesi. In natura esistono chimere umane “congenite”, che oltretutto non sanno di esserlo: si tratta delle “chimere tetragametiche”, cioè di due gemelli fraterni, o dizigotici, che in una fase precocissima di sviluppo pre-embrionario, zigotica o subito postzigotica, si fondono diventando un unico individuo. Che deriva però da 4 gameti, non due: due spermatozoi e due ovuli diversi. E questo individuo, poniamo un bel maschietto (ma che potrebbe essere anche una femmina, oppure un ermafrodita, dipende dalle percentuali rispettive di cellule germinali maschili e femminili), possiede nei suoi tessuti un bel po’ di cellule a cariotipo femminile! Questo individuo è cioè “proprietario” di due genomi diversi. Questi studi pongono naturalmente quesiti e perplessità etiche anche inquietanti: se con questi esperimenti creiamo chimere uomo-animale dotate di gameti umani, esse sarebbero teoricamente in grado di riprodursi. Se tessuti umani finiscono nel cervello del maiale, o del coniglio, o della pecora, potremo conferire all’essere che nascerebbe capacità cognitive tipiche della nostra specie? Siamo di fronte a una Fantascienza impazzita e raccapricciante? L’uomo davvero vuole “giocare a fare Dio”, come si sente spesso dire?  Oppure la medicina rigenerativa e trapiantologica si sta attrezzando sempre più per risolvere il problema grave della mancanza di organi? D’altra parte di xenotrapianti maiale-uomo ne vediamo tutti i giorni senza scandalizzarci. Anche mia madre ne aveva fatto uno, una valvola di maiale (cosiddetta biologica) per risolvere una grave stenosi aortica che l’avrebbe altrimenti uccisa in pochi mesi. E invece ha vissuto 13 anni in buona salute e senza usare anticoagulanti: “miracoli” della curiosità umana. Alcune considerazioni finali: nessuno impedirà all’uomo di perseguire le sue “curiosità”, siano esse astronomiche, economiche o biologiche. Le conoscenze che deriveranno dallo studio delle chimere, degli ibridi, dei cloni, delle cellule staminali, ci permetteranno di produrre farmaci e interventi mirati di terapia genica e cellulare per condizioni gravissime e a oggi incurabili. Pensate per esempio ai tumori! E alle malattie neurodegenerative. Vi pare poco? Credo che dovremo ringraziare la caprecora, Dolly, il porcellino knock-out, e tutti gli altri simpatici animali dello zoo di Gioele, per averci permesso di avanzare non solo con le nostre conoscenze, ma anche di migliorare la nostra salute. Concludo con una critica a viso aperto a una grave affermazione di papa Francesco, secondo cui “la curiosità ci allontana dalla sapienza di Dio”. Caro Papa, meno male invece che l’uomo è curioso! E sono convinto che Dio, se esiste, sia molto felice della nostra curiosità.